Yemen, senza voce e senza via di fuga

Come si può considerare tale?

«Infatti non si può: è un Paese che decapita in piazza più di 150 persone all’anno, che frusta i blogger, che non fa guidare da sole le donne e che riduce in silenzio tutto il movimento per i diritti umani. Il fatto però è che dall’altra parte c’è l’Iran, che nonostante sia entrato di nuovo nella normalità dei rapporti internazionali con la chiusura dei vari dossier e delle varie questioni in sospeso, nucleare e altro, è sempre visto nella zona come il fumo negli occhi, quindi la narrazione è quella del nostro alleato che combatte contro la minaccia iraniana».

Dallo Yemen non si è generato un grande flusso di profughi dall’Europa. Possiamo considerarlo un Paese privo di vie di fuga?

«Purtroppo sì. Due dei Paesi in cui c’è la peggiore situazione dei diritti umani, non paragonabile tra di loro, cioè lo Yemen e il Bahrein, sono situati in modo che non sia possibile fuggire se non in direzioni opposte a quello del flusso verso la frontiera marittima europea. Dallo Yemen, che è in fondo alla penisola araba, non puoi andare via se non attraverso il golfo di Aden, andando verso luoghi come il Gibuti e la Somalia che non sono certamente luoghi di accoglienza, per cui da lì nessuno si avventura. Allo stesso modo, il Bahrein è un’isola collegata da un ponte artificiale all’Arabia Saudita, quindi si passa dalla padella alla brace perché non ci sono altre strade.

Forse sarà anche per questo che interessa di meno qua in Italia: non si fanno barricate contro i profughi yemeniti in quanto non ci sono le ragioni per farle, cioè non ci sono le persone».

Quali sono le realtà internazionali che resistono in Yemen?

«Ci sono degli organismi umanitari, come Medici senza frontiere, a cui peraltro sono stati bombardati in Yemen vari ospedali, poi c’è il programma alimentare mondiale e ci sono altre associazioni che portano aiuti. Il problema però è che sono bombardati dall’aria e sono pure bloccati a terra dai vari posti di blocco dei gruppi armati, degli Houthi, e quindi fanno quello che possono fare in un contesto già povero e che oggi vede l’80% della popolazione completamente dipendente da aiuti umanitari, che oltretutto arrivano a singhiozzo».

Foto  By Ibrahem QasimOwn work, CC BY-SA 4.0, Link

di Marco Magnano | Riforma.it

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