Non si ferma dopo oltre due anni la guerra in Yemen e non sembrano avere fine le atrocità commesse dalla coalizione araba a guida saudita nel paese. A farne le spese sono soprattutto i bambini e l’Arabia Saudita ha enormi responsabilità. Per questo le Nazioni Unite hanno inserito Riyad in una lista di paesi che «uccide e minaccia i bambini in zone di guerra».
BOME SU SCUOLE E OSPEDALI. Nella bozza che dovrà essere approvata a fine mese si legge che solo nel 2016 l’Arabia Saudita ha ucciso con bombardamenti indiscriminati 683 minori, mentre in altre 38 occasioni ha colpito con i suoi ordigni scuole e ospedali. Riyad si è difesa spiegando di non aver mai colpito civili o infrastrutture civili strategiche «di proposito», ma sono dichiarazioni che impallidiscono di fronte ai numeri diffusi dall’Onu: da quando nel marzo del 2015 è cominciata la campagna di bombardamenti in Yemen, sono morte 8.530 persone, nel 60 per cento dei casi civili, e altre 48 mila sono rimaste ferite. Venti milioni di abitanti hanno bisogno di assistenza umanitaria e l’emergenza sanitaria e alimentare portata dalla guerra ha causato la peggiore epidemia di colera del mondo.
L’ESCLUSIONE DEL 2016. Secondo quanto riportato da AsiaNews, «il rapporto Onu riconosce anche che la coalizione “ha messo in atto misure” per “migliorare” protezione e tutela dei bambini. Abdallah al-Mouallimi, rappresentante permanente dell’Arabia Saudita all’Onu, non ha voluto commentare la bozza del rapporto, fino a che non verrà diffusa la versione ufficiale alla fine di ottobre». L’anno scorso, dopo un’enorme pressione politica, Riyad era riuscita a farsi escludere dalla lista nonostante nel 2015 avesse ucciso 510 bambini in Yemen e feriti altri 667. Quest’anno sembra che non riuscirà a ottenere il medesimo risultato.
CAOS E MORTE. Il caos si è impadronito del poverissimo paese arabo fin dall’inizio del 2015: nel gennaio di due anni fa gli Houthi hanno conquistato i principali centri di potere nella capitale Sana’a. I ribelli discesi dal nord del paese, un tempo diviso dal sud, chiedevano da tempo di essere più rappresentati negli organi decisionali. L’assalto, che ha portato alla cacciata del premier e alla fuga del presidente Abdrabuh Mansur Hadi in Arabia Saudita, ha aperto uno scontro tra gli sciiti, le milizie fedeli al presidente e i secessionisti del sud. A marzo l’Arabia Saudita, temendo un nuovo dominio sciita al confine, ha cominciato a bombardare il paese a tappeto per stanare i ribelli. Oggi molte parti del paese sono finite in mano a Isis e Al-Qaeda.
Foto Ansa
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