Anni Roth era ebrea. Dopo essere stata coinvolta per un certo tempo in pratiche spiritistiche, alla fine degli Anni Venti trovò la fede in Gesù Cristo. Abitava nella città di Miskolc, che oggi conta circa 350.000 abitanti, e che si trova nel nord est dell’Ungheria. Aveva uno studio fotografico nel centro della città. Poiché era rinomata come la migliore fotografa del luogo, aveva molti clienti tra gli abitanti di Miskolc. Lei però annunciava anche l’evangelo, oltre ad offrire le sue prestazione professionali. La sera invitava i visitatori nella sua casa di due stanze, e da questi incontri nacque una comunità. Durante il giorno, i locali fungevano da studio fotografico, mentre la sera diventavano una sala di riunioni per la comunità che contava circa 25-30 membri. Alla fine degli anni trenta, anche in Ungheria si propagò la persecuzione nazista contro gli ebrei. Sulla “Lista della morte” (Conferenza del Wannsee 20-1-1942), erano elencati 742.880 ebrei, che dovevano essere deportati ad Auschwitz. La comunità perse la propria fondatrice: Anni Roth fu deportata nel “ghetto” ebraico della città, e successivamente avrebbe dovuto essere trasferita ad Auschwitz. Dopo essere arrivata nel campo di smistamento, il destino per lei sembrò cambiare. Infatti, il professore universitario Franz Kiss (Budapest), apprezzato e conosciuto a livello mondiale e anche dal governo ungherese, allora presidente dell’Unione federale delle chiese cristiane libere ungheresi, si era schierato a favore degli ebrei cristiani. Egli discuteva con le autorità argomentando che i cristiani, anche gli ebrei cristiani, sono i migliori sudditi che uno stato possa avere, e che quindi il governo dovrebbe far di tutto per non perderli. Quando il famoso medico seppe del destino della fotografa, si impegnò per lei presso l’amministrazione pubblica e le procurò un documento speciale con il quale Anni Roth avrebbe potuto sfuggire la persecuzione. Tuttavia, lei non volle avvalersi di questo privilegio. La sua origine ebraica le impediva di interessarsi del “suo popolo perseguitato. Piena di cristiana speranza, volle rimanere accanto a quelle persone disperate per cercare di consolarle. Non poteva non comunicare proprio ai suoi connazionali la sua testimonianza di fede in Gesù Cristo quale Messia. Naturalmente, Anni Roth fu spesso respinta anche nel ghetto a causa della propria fede, ma né questo né il pericolo di morte che incombeva su di lei poterono trattenerla dall’unirsi alla deportazione ad Auschwitz. Da lì non tornò più. Ma nella “sua” comunità, che oggi conta 400 membri, il suo coraggio ispirato dalla fede non è caduto nel dimenticatoio. Ancora oggi viene custodita una lettera che Anni Roth scrisse al Prof. Kiss circa 70 anni fa, sulla via verso il campo di concentramento: “Tra due giorni ci deporteranno dal ghetto… Solo Dio sa cosa significhi per me separarmi dalla comunità. Se non ci fosse il Signore a darmi forza, non potrei mai sopportare un dolore simile. Ho dovuto combattere duramente, prima di potermi votare liberamente alla sofferenza e alla morte. Credo che questa sia una battaglia difficile per chiunque. Sono davvero grata per i quindici anni benedetti e meravigliosi (gli anni di fede) che ho ricevuto da Dio in questa vita terrena. E anche Lui è un regalo indescrivibile per me – il mio Amico che mi accompagnerà su questa via dolorosa. Egregio professore, io sono riconoscente anche per l’amore che ho ricevuto dalla comunità. Le chiedo di pregare per me, affinché io offra una buona testimonianza del mio Redentore. Io so che la sua forza si dimostra interamente nella debolezza, e questa è la mia consolazione. Quanto è meraviglioso sapere che il mio non è un commiato eterno. Come sarà bello vivere nella casa di Gesù! Purtroppo, gli ebrei rimangono sempre molto duri; ma io credo che avranno tempo e opportunità per intenerirsi...
Anni Roth
Bruno Schwengeler
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