VIZI CAPITALI – L’IRA

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ira11Quando la nostra libertà esce dai cardini 

(Alain Houziaux) Manifestazione dell’inconscio, l’ira sorge quando qualche cosa di radicato in noi esce dai suoi cardini: allora è la nostra libertà che parla quando ci sentiamo intrappolati in una situazione o soffocati dagli altri.Duplice definizione
Il greco ha due parole per indicare l’ira: thymos, che significa prima di tutto “soffio”, poi tutto ciò che ha origine nella volontà e nelle passioni e infine, più specificamente, l’ira; cholè (da cui deriva colera, collera e anche il nostro termine “colera”), che designava originariamente il fiele e la bile, poi l’ira e l’odio. Si coglie così l’ambivalenza dell’ira che ha origine nella pulsione di vita da una parte, nell’odio dall’altra.
Si possono distinguere, con Cartesio, due forme d’ira: quella che fa arrossire e quella che fa impallidire. Quella che fa arrossire ha origine in un’emozione viva ma momentanea. L’ira è allora un meccanismo di difesa. Essa reagisce ad assalti portati alla persona o al territorio (su questi punti l’uomo non è molto diverso dall’animale). Non è il caso di averne paura né di condannarla. Al contrario, quella che fa impallidire distilla il veleno di un desiderio di vendetta che, come tutti sanno, è un piatto che si mangia freddo. È senza dubbio questa distinzione tra ira momentanea e ira fredda e duratura ad aver portato Paolo a scrivere: “Nell’ira, non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira, e non date occasione al diavolo” (Efesini 4,26-27).

L’ira dell’”Es”
L’ira non è sempre considerata come un peccato. Ci sono, si dice, ire sante. L’ira, in effetti, è stata avvicinata a una giusta indignazione, per esempio di fronte all’ingiustizia. Così Gesù caccia con ira i mercanti dal Tempio perché è animato da uno “zelo” (Giovanni 2,17), cioè da una forma di indignazione. L’oltraggio che suscita l’ira, in questi casi, è rivolto a idee e ideali che l’oltraggiato difende, e a ciò che è considerato come “sacro”. La maggior parte dei teologi ha così voluto distinguere tra l’ira buona (l’indignazione e lo “zelo” che animano Gesù e i profeti dell’Antico Testamento) e quella malvagia (la pulsione aggressiva).
Questa distinzione, però, mi sembra davvero insensata. L’ira dei profeti dell’Antico Testamento e quella di Gesù che caccia i mercanti dal tempio sono in fondo davvero diverse, nella loro essenza, da quella di Caino e quella del figlio primogenito nella parabola del figliol prodigo? Questi ultimi non erano anch’essi indignati in quanto si consideravano vittime di una profonda ingiustizia?
Se vogliamo tentare di delineare più in dettaglio la fonte dell’ira, occorre senza dubbio che cessiamo di fare distinzioni di natura morale e ci rivolgiamo invece a concetti più psicologici.

Espressione dell’inconscio
L’ira, proprio come i sogni, gli atti mancati e così via, è un sintomo e una manifestazione del nostro inconscio. Se, molto spesso, la nostra ira “tracima” senza che noi stessi ne comprendiamo la ragione, è perché i moventi inconsci che la suscitano restano per noi stessi un enigma. Essi hanno origine nell’inconscio. È la ragione per cui l’ira è stata spesso considerata, a giusto titolo, come una “follia passeggera”.
L’ira scaturisce a volte da una ferita al nostro narcisismo o da una frustrazione del nostro desiderio dispotico, o anche da una vessazione del nostro orgoglio. Ma nasce anche, e forse soprattutto, quando ci sentiamo soffocati, messi alle strette e imprigionati dall’altro e dagli altri o dalla situazione in cui siamo “intrappolati come un topo”.
L’ira è l’esplosione della libertà quando essa si sente accerchiata e minacciata. Nasce da una pulsione che può essere qualificata come primaria e anche come primitiva. L’ira scaturisce da ciò che Freud chiama l’”Es”. Questo “Es” è un caos, ed è la riserva prima dell’energia psichica. L’”Es” entra in conflitto con l’”io” ed il “super io”, ma è principalmente esso ad essere all’origine di ciò che il soggetto vive. Georg Groddeck, ne Il libro dell’Es, arriverà a dire che “l’uomo è vissuto dall’Es”.

L’ira e il sacro
L’ira sorge quando si tocca ciò che per noi appartiene all’ordine del sacro e del tabù. Queste due nozioni hanno in parte origine nell’inconscio, o almeno nell’irrazionale e nell’istintivo. Quando Zinedine Zidane ha dato la sua famosa testata, ciò è avvenuto dopo uno scambio di offese con Marco Materazzi. Il calciatore francese apostrofò l’italiano in questo modo: “Se vuoi la mia maglia, te la darò dopo”. Materazzi, a quanto sembra, rispose: “Preferisco quella puttana di tua sorella”. Ora, nell’universo di Zidane, la sorella è sacra (lo sarebbe stata anche se egli non avesse avuto sorelle). In effetti sono l’inconscio e l’Es a costituire, ben più del super io, la leva dell’ancoraggio e del radicamento del sacro, e anche della religione e della fede.
È quando l’ira si radica in qualche cosa che appartiene all’ordine dell’inconscio e al tempo stesso del sacro che essa può essere qualificata come “santa”.

Pulsione di vita
Colui che in questi casi si adira vive la propria ira come se essa fosse l’ira degli dei stessi. Achille, che era egli stesso un semidio, viveva la propria ira come se gli fosse dettata dagli dei. E lo stesso vale per Mosè quando, preso dall’ira, infrange le Tavole della Legge. Apparentemente, questo gesto potrebbe essere considerato come un sacrilegio, poiché queste Tavole gli erano appena state consegnate da Dio. Ma in realtà non lo è per nulla, perché per Mosè la sua ira era quella di Dio stesso. È nel nome di Dio stesso che Mosè infrange le tavole di Dio. Allo stesso modo Giobbe, quando si adira con Dio, si sente investito della verità di Dio. Giobbe si rivolta contro Dio in nome dell’idea che egli si fa di Dio.
In effetti, lo si vede bene, l’ira è un atteggiamento prometeico. Essa insorge in nome della pulsione di vita, dell’istinto, dell’irrazionale, e anche di una forma di sacro che si oppone a ogni dominio, fosse anche quello di Dio stesso.

Acting out
L’ira è un acting out. È un atto dell’Io in ciò che esso ha di più personale. Questa è la ragione per cui è difficile teorizzarla. Non la si può in ogni caso spiegare in termini politici, sociologici, collettivi, razionali. Così l’ira degli adolescenti delle periferie urbane francesi, le famigerate banlieue, si esprime attraverso l’espressione: “J’ai la haine” (“Ho l’odio”): un’espressione che in effetti è senza oggetto e forse anche senza avversario. È l’espressione di una forma di esasperazione senza oggetto, di angoscia senza oggetto, di frustrazione senza oggetto. Non si devono avere esitazioni nel dire che essa rientra anche nell’ordine della violenza: una violenza, però, senza nemico.
L’ira è una forma di autismo che esplode all’interno di se stesso, di un “troppo pieno” di Es che tracima contro i discorsi confortanti dei benpensanti di ogni genere, e anche contro le promesse esagerate dei valori cool dell’amore, della spiritualità e della compassione. Essa nasce dalla solitudine e dal bisogno. (da Réforme, trad. it. Ezio Gamba)

Fonte: http://www.voceevangelica.ch/


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