Vita da servi o vita da figli?

Rispondi a questo test: In che modo ti relazioni con Dio?

(A) Servo
(B) Figlio
(C) Servo e figlio

Se hai risposto A, forse credi che sia nobile identificarsi così, perché mostra umiltà e sottomissione. Eppure i servi non hanno parte a nessuna eredità perché lavorano per servire un padrone e non un padre.
Se hai risposto B, hai compreso per grazia che Dio non è il tuo padrone ma il tuo padre e ciò ti ha reso erede di tutte le sue cose.
Se hai risposto C, significa che il tuo essere figlio non dipende solo dalla grazia di Dio ma anche dal tuo impegno nel servirlo fedelmente.

Come avrai intuito la risposta giusta è (B), perché lo Spirito Santo non è venuto a rivelarci che siamo servi ma piuttosto che siamo diventati figli amati da Dio come dicono questi versi:

Lo Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli di Dio. Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo…” (Romani 8: 16-17)
“Guarda quale grande amore ci ha profuso il Padre, affinché dovessimo essere chiamati figli di Dio! Ed è quello che siamo!” (1 Giovanni 3: 1)

So che in questo momento penserai che pur essendo figli siamo chiamati a servire ma c’è una sostanziale differenza tra il servire come servo e servire come figlio. I primi (servi) lo vedono come un obbligo e lo fanno per ricevere una ricompensa, i secondi (figli) lo vedono come un privilegio e lo fanno perché hanno già per grazia ricevuto la ricompensa. La religione produce servi ma la grazia produce figli!!

Una storia che parla di fede.

Ora andiamo alla parabola di Luca 17:5-10 che potrebbe mettere fortemente in discussione la nostra posizione di figli perché Gesù disse queste parole: “…Noi siamo servi inutili; abbiamo fatto quello che eravamo in obbligo di fare”. (Luca 17:10)

Prima di arrivare a conclusioni affrettate dobbiamo guardare al contesto della parabola. Recentemente ho sentito da un predicatore questa frase: “togli un versetto dal suo contesto e ne farai un pretesto.” E’ proprio cosi, capita spesso di arrivare a conclusioni affrettate quando estrapoliamo versetti per sostenere cose che il testo non dice. E Luca 17:10 ne è un esempio, infatti questa parabola è di solito usata per dire in modo solenne che la nostra vita alla fine consiste nel rendersi conto che siamo solo servi inutili disposti a faticare per Dio. Diciamo che a sentirla cosi non pare proprio una buona notizia… Non trovi!?

Ma se proviamo a leggerla nel suo contesto vedremo che Gesù stava parlando di altro, perchè il tutto inizia con una richiesta degli apostoli: “Allora gli apostoli dissero al Signore: «Aumentaci la fede!»” (Luca 17:5)

E Gesù gli rispose con la frase del granello di senape la quale parafrasata suona come: “ Ragazzi non avete bisogno di avere più fede, dovete solo usarla.” (Luca 17:6)

Poi Gesù continua il discorso introducendo la parabola del servo per illustrare che il problema non è la nostra fede, ma piuttosto l’uso che ne facciamo: “Se uno di voi ha un servo che ara o bada alle pecore…” (Luca 17: 7)

Nella lingua originale la parola servo è doulos che significa schiavo. Questo non era un lavoratore stipendiato ma un semplice schiavo che lavorava per colui che lo possedeva: “…Preparami la cena, rimbòccati le vesti e servimi finché io abbia mangiato e bevuto (Luca 17:8).

E dopo tutta questa fatica lo schiavo non aveva alcun diritto nei confronti del suo padrone per il lavoro che aveva svolto:  “Si ritiene forse obbligato verso quel servo perché ha fatto quello che gli era stato comandato?” (Luca 17:9)

Ora chiediamoci, chi siamo in questa storia? Il servo o il padrone? Ovviamente il padrone (“Se uno di voi ha un servo…” v.7) , quindi il racconto di Gesù ci mette in una posizione di autorità nei confronti di un servo. E se il padrone siamo noi allora alla luce del contesto chi è il servo?… La fede! Si, hai letto bene il servo non sei tu ma la fede.

Alla salvezza, Dio ci ha donato la fede che abbiamo dovuto usare per credere al Vangelo (Efesini 2:8). Quella fede ci è giunta attraverso l’ascolto della Parola di Dio (Romani 10:17) e una volta nati di nuovo, è diventato un costante frutto dello Spirito Santo dentro di noi (Galati 5: 22-23). Pertanto ogni credente ha la fede (Romani 12: 3; 2 Pietro 1: 1 e Galati 2:20), ma non tutti i credenti la usano. Quindi ci rendiamo conto che oggi in Cristo abbiamo un servo che si chiama fede?

Arrivando al v.10, Gesù ribalta la storia cambiandoci il ruolo, non più padroni ma servi, dicendo: “Così, anche voi, quando avrete fatto tutto ciò che vi è comandato, dite: “Noi siamo servi inutili; abbiamo fatto quello che eravamo in obbligo di fare”.

Ovvero, Gesù non stava dicendo che siamo dei “servi inutili” in termini d’identità ma in termini di funzione, cioè come il servo doveva preoccuparsi di ubbidire al suo padrone, cosi noi dobbiamo preoccuparci di usare la fede per servire il nostro “padrone”, Dio. Perché vivere per fede non è qualcosa di speciale che solo “alcuni” possono fare. Il Signore si aspetta che tutti i Suoi figli vivano vite di fede sovrannaturale. “ma il mio giusto per fede vivrà” (Ebrei 10:38)

Il problema non è la poca fede ma il credere nella bontà di Dio.

Potresti essere preoccupato di non avere abbastanza fede, ma non è questo il problema. Al termine della parabola abbiamo letto che Gesù utilizza una parola che appare solo due volte nella Bibbia, qui e nella parabola dei talenti (Matteo 25: 30) ed è la parola: “inutile” (achreioi), che può essere tradotta anche come “non redditizio” la quale è usata per descrivere appunto un servo inutile.

Come ricorderai, nella parabola dei talenti il ​​servo inutile era quello che non aveva fatto nulla con il talento che gli era stato affidato, per quale motivo? Perché credeva che il suo padrone non fosse buono: “Signore io sapevo che tu sei un uomo duro” (Matteo 25:24). Nel nascondere il talento quel servo cosa fece? Rifiutò la grazia del suo padrone che lo portò lontano dalla sua presenza.

Questo è lo stesso motivo per cui alle volte non usiamo la fede: “non crediamo nella bontà di Dio” è proprio in quel momento che la nostra fede diventa inutile. Quindi smettiamo di essere increduli e decidiamo di credere che Dio è chi dice di essere e fa quello che dice.

Se stiamo affrontando delle sfide, come problemi coniugali, finanziari, di dipendenza, di perdono, esistenziali … Dio vuole che diciamo a tutto questo le seguenti parole: “Che diremo dunque riguardo a queste cose? Se Dio è per noi chi sarà contro di noi? (Romani 8:31)
In altre parole Paolo sta dicendo: Come dovremmo rispondere ai problemi? In modo positivo, cioè con fede: “ Si, io credo che Dio è dalla mia parte.” Ricordiamoci che la fede risponde sempre in modo positivo. Questo è avere fede!!

Dunque vedi? Non abbiamo bisogno di più fede, dobbiamo solo prendere la decisione di usarla.

Che questa buona notizia regni sulla nostra vita!!

EZE | http://www.buonenotizie.org/


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