Lo scienziato Umberto Veronesi, di fama mondiale, asserisce che Dio non esiste nel suo ultimo libro intitolato “MEstiere di uomo”, edito questo anno e distribuito in Italia. Proponiamo le sue deduzioni in merito tratte dalla stampa per poi rispondere secondo la luce che il Signore ci ha affidato.
“Allo stesso modo di Auschwitz, per me il cancro è diventato la prova della non esistenza di Dio”. Umberto Veronesi racconta il suo progressivo allontanamento dalla fede. Quella in Dio, non nella vita. Perché di fronte all’esperienza fisica – e non più metafisica del dolore – ogni fiducia in un essere soprannaturale viene meno, e l’uomo riscopre la sua finitezza da cui nessun ente superiore lo può salvare. Nessun Dio può riscattare l’uomo dalla sua sofferenza, nessuna verità rivelata può lenire il dolore di due genitori che perdono un figlio malato di tumore. Dall’infanzia da “inappuntabile chierichetto” e “paggetto”, all’amicizia con padre Giovanni che gli fece capire che esiste anche una carità laica, il famoso oncologo ripercorre le tappe della sua meditazione sulla vita e sul dolore. Umberto Veronesi, oggi direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia, nel suo libro “Il mestiere di uomo” (Einaudi Editore) racconta come nel corso degli anni sia maturato il suo agnosticismo che non perde la fede nella vita.
Repubblica ne pubblica alcuni estratti. “Non saprei dire qual è stato il mio primo giorno senza Dio. Sicuramente dopo l’esperienza della guerra non misi mai più piede in una chiesa, ma il tramonto della fede era iniziato molto prima. Durante il liceo fui bocciato due volte, ero un discolo in senso letterale: non andavo bene a scuola. Di fatto sono sempre stato anticonformista, ribelle ai luoghi comuni e alle convenzioni accettate acriticamente, e questa mia natura mal si conciliava con l’integralismo della dottrina cattolica che era stata il fondamento della mia educazione di bambino”. A incrinare ulteriormente il rapporto di Veronesi con la fede fu la guerra: A diciotto anni non volevo andare a combattere, ma finii in una retata e mi ritrovai con indosso un’uniforme che non aveva per me alcun valore e fui ben armato per uccidere altri ragazzi, in tutto e per tutto uguali a me salvo per il fatto che indossavano una divisa diversa. Oltre alle stragi dei combattimenti, ho toccato con mano anche la follia del nazismo e non ho potuto non chiedermi, come fece Hannah Arendt prima e Benedetto XVI molti anni dopo: “Dov’era Dio ad Auschwitz?”. La scelta di fare il medico è profondamente legata in me alla ricerca dell’origine di quel male che il concetto di Dio non poteva spiegare. Da principio volevo fare lo psichiatra per capire in quale punto della mente nascesse la follia gratuita che poteva causare gli orrori di cui ero stato testimone. Avvicinandomi alla medicina, però, incappai in un male ancora più inspiegabile della guerra, il cancro”. Per Veronesi, così come per tutti i medici impegnati nella cura dei tumori, il dolore smette di essere qualcosa di intangibile e assume una forma, un contorno, un’identità. È a quel punto che “diventa molto difficile identificarlo come una manifestazione del volere di Dio. Ho pensato spesso che il chirurgo, e soprattutto il chirurgo oncologo, abbia in effetti un rapporto speciale con il male. Il bisturi che affonda nel corpo di un uomo o di una donna lo ritiene lontano dalla metafisica del dolore. In sala operatoria, quando il paziente si addormenta, è a te che affida la sua vita. L’ultimo sguardo di paura o di fiducia è per te. E tu, chirurgo, non puoi pensare che un angelo custode guidi la tua mano quando incidi e inizi l’operazione, quando in pochi istanti devo decidere cosa fare, quando asportare, come fermare un’emorragia.” Ed è allora che l’uomo scopre di essere uomo, si rende conto che non c’è nessuna entità sovrannaturale a benedire il suo operato, che “ci sei solo tu in quei momenti, solo con la tua capacità, la tua concentrazione, la tua lucidità, la tua esperienza, i tuoi studi, il tuo amore (o anche la tua carità come la chiamava don Giovanni) per la persona malata. Allo stesso modo di Auschwitz, per me il cancro è diventato la prova della non esistenza di Dio. Come puoi credere nella Provvidenza o nell’amore divino quando vedi un bambino invaso da cellule maligne che lo consumano giorno dopo giorno davanti ai tuoi occhi? Ci sono parole in qualche libro sacro del mondo, ci sono verità rivelate, che possano lenire il dolore dei suoi genitori? Io credo di no, e preferisco il silenzio, o il sussurro del “non so”.
Tratto da http://www.huffingtonpost.it/
Lo scienziato naturalmente muove la sua analisi dalla sua esperienza di vita.
Leggiamo tra le righe infatti che lo scienziato non ha messo più piede in Chiesa dalla guerra in poi. questo significa che ha rinunciato al suo rapporto con Dio attraverso il male prodotto da altri uomini.
Proprio perchè lui è uno scienziato, vorremmo accostare un esempio matematico alla sua esperienza. Nello spazio tridimensionale ci sono delle rette che non essendo complanari non possono essere contenute da uno stesso piano, (rette sghembe). Se ora mi poggio su un piano che contiene una delle due rette, non posso con ciò stesso asserire che l’altra retta, NON facendo parte del mio piano, non sia una retta o che non esista….
Stupisce l’ingenuità di questa affermazione. Non possiamo comprendere e credere in un soprannaturale partendo da una analisi del naturale. Eppure il naturale è lo specchio del soprannaturale. E, comprendiamo come sia difficile e traumatico, soprattutto per dei genitori, assistere alla morte di un figlio in cui sono esplose cellule tumorali…. ma anche qui, vorremmo commentare. Forse, per una coppia di genitori che vedono il figlio falciato da una automobile che va a fortissima velocità, la perdita del proprio pargolo è meno dolorosa? Se proprio la dobbiamo dire tutta, un tumore che ti rode lentamente lascia il tempo ai genitori di “abituarsi” per quello che questa espressione possa valere, … al contrario vedere un figlio morire senza preavviso è molto più terribile.
Ma, andiamo oltre la nostra analisi: Perchè il figlio muore di tumore? Perchè il figlio viene falciato da un pirata della strada? In entrambi i casi, ahimè, attribuire a Dio la colpa, è veramente paradossale! Nel secondo caso, si evince immediatamente che la macchina è stata costruita dall’uomo, e che il pirata aveva soltanto voglia di correre senza il rispetto della segnaletica! NEl primo, sembra meno chiaro, ma se riflettiamo sul fatto che il cancro sta esplodendo in questi ultimi decenni di corruzione della natura, ci rendiamo conto che tantissima parte per questa malattia lo ha proprio l’uomo, (se non completamente). Oggi si parla di cause tumorali, di genetica, di comportamenti “sani” che prevengono….
Mia madre, a 42 anni, non aveva mai fumato ne aveva mai adottato un comportamento malsano. Non vi erano casi di tumore nella mia famiglia. Eppure mia madre si ammalò di carcinoma fulminante, e a nulla sono valse le cure e le preghiere. Certo mia madre non era un bimbo, ma lo ero io. E vedere morire chi doveva accompagnarti ancora nella vita per molto, molto tempo, non è certo piacevole.
Ai dottori del centro oncologico chiedevo spiegazioni, ma non me ne hanno saputo dare. La verità è che i medici annaspano nel buio. Lo stesso Veronesi tempo fa diceva che il cancro era stato sconfitto. Beh, a giudicare dal tono del suo libro, invece, il cancro è molto vivo …..
Nella mia ricerca della verità ho finalmente chiesto a Dio. Anzi, ho ritrovato Dio che avevo perso proprio nella mia sciagura. E, nell’evento della morte della mamma, ho capito qual’era il piano di Dio nella mia vita. Il piano di Dio nella tua vita è che quando assisterai a qualche tragedia CAUSATA dall’uomo, potrai trovare le forze di alzare la testa e servire Dio.
Dio vi benedica
Gabriele Paolini – notiziecristiane.com
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