In Italia fa notizia e desta scalpore un politico che intende dare seguito concreto a quanto promesso in campagna elettorale. Succede così che la decisione del neo sindaco di Verona di ritirare i libri gender dalle scuole e dalle biblioteche pubbliche della città sia diventata una vicenda dai risvolti internazionali.
È evidente che giornalisti, intellettuali, esponenti dell’opposizione, case editrici e attivisti Lgbt si siano presi la briga di leggere solo ora il programma elettorale della coalizione di centro-destra, nel quale era palesemente evidenziato il “contrasto alla diffusione delle teorie del gender nelle scuole” e il “ritiro dalle biblioteche e dalle scuole comunali o convenzionate (nidi compresi) dei libri e delle pubblicazioni, che promuovono l’equiparazione della famiglia naturale alle unioni di persone dello stesso sesso”.
Messo nero su bianco a pagina 16 e 17 del testo per il governo di Verona appare anche “l’impegno a respingere ogni iniziativa (delibere, mozioni, ordini del giorno, raccolta firme, gay pride, ecc.) in contrasto con i valori della vita, della famiglia naturale o del primario diritto dei genitori di educare i figli secondo i propri principi morali e religiosi”. Insomma i cittadini scaligeri erano stati messi al corrente e probabilmente il loro voto in favore di Sboarina è stato determinato anche da questo indirizzo sui temi sensibili. Una visione politica che ha evidenti ripercussioni anche sulle politiche sociali rivolte alle famiglie.
Ma la democrazia elettiva e l’alternanza al governo delle città non rientrano nei principi del pensiero unico dominante. A stracciarsi le vesti ha iniziato l’Associazione italiana biblioteche, che parla di “minacce di censura”; a seguire il presidente dell’Associazione Italiana Editori (Aie), Ricardo Franco Levi, che ha inviato una lettera alla neo presidente dell’Aib, Rosa Maiello, nella quale rileva che “le parole ritiro dei libri dalle biblioteche, dalle scuole e persino dai nidi d’infanzia non sono mai accettabili per nessuna ragione”. Infine è intervenuta anche l’International Publishers Association (Ipa), che per nome del presidente Michiel Kolman ha chiesto a Sboarina, di “riconsiderare gli aspetti censori” annunciati nel suo programma elettorale: “Vorrei farLe presente che, in un Paese democratico come l’Italia, in nessun caso è accettabile censurare pubblicazioni che siano edite nel rispetto della legge”.
Intanto sul fronte politico si è scatenata la sinistra, che agita i soliti spettri del medioevo e dell’inquisizione. Così il parlamentare del Pd Diego Zardini che parla di “oscurantismo medievale del neo eletto sindaco di Verona”; il consigliere comunale di Verona in Comune e Sinistra in Comune Michele Bertucco ammonisce che “coi diritti civili non si scherza”; mentre il collega del Movimento Cinque Stelle Mattia Fantinati annuncia di voler “fare quanto in mia disposizione perché a Roma si faccia luce e chiarezza su una vicenda”.
Sul tema interviene anche Arcigay Verona: “Non siamo lontani dal rogo di libri solo con forme più burocratiche. È sconcertante come il Sig. Sboarina, nel 2017, sia rimasto vittima del grande spauracchio, l’apoteosi paranoica reazionaria del momento: il babau gender nelle scuole, una roba che non esiste ma su cui ci hanno pure costruito un partito che prende qualche voto”.
La nuova giunta veronese non sembra intimidita da questo fuoco di fila. Nessun passo indietro promette il consigliere Alberto Zelger della Lega Nord, il quale, insieme al sindaco Sboarina, è uno dei firmatari del manifesto degli impegni politici presentato a tutti i candidati alle amministrative dal Comitato difendiamo i nostri figli, promotore dei due grandi Family day. Lo stesso Gandolfini e i direttorio del Comitato in questi giorni hanno manifestato pieno sostegno e solidarietà.
Alla Nuova Bq Zelger spiega che i libri gender non saranno cestinati ma si eviterà di proporli come letture alle scolaresche e di promuoverli nei punti più in vista delle sale lettura. Dunque chi proprio ci tiene a leggerli potrà trovarli in archivio. Si tratta di testi controversi di cui ha parlato anche la nostra testata. Tra questi appare E con Tango siamo in tre, storia di due pinguini maschi che covano un uovo e formano una famiglia con due papà, che, al di là delle implicazioni morali, propone anche modelli antiscientifici che nulla hanno a che vedere con l’etologia e il regno animale.
“La scelta politica è chiara – sottolinea Zelger alla Nuova Bq – ci hanno votato anche per fermare queste derive antropologiche”. Ad ogni modo, dalle bufera che si è scatenata nel capoluogo veneto emerge il fatto che forse in Italia vale ancora la pena di recarsi alle urne. Non meno importante è la lezione per le amministrazioni locali che chiudono gli occhi davanti all’avanzata di programmi ideologici nelle scuole. Non è vero che Comuni e Regioni devono occuparsi solo di inceneritori, buche nelle strade e trasporti, ma hanno il dovere di affrontare anche le sfide della formazione della persona e del sostegno alla famiglia naturale.
di Marco Guerra | Lanuovabq.it
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