Incredibile! Sono state otto le persone condannate da un tribunale di Budapest, in Ungheria, perché ritenute colpevoli d’associazione a delinquere finalizzata alla vendita di tessuto fetale e di cellule staminali embrionali prelevate da feti abortiti. Il tutto per usi biecamente commerciali. E’ stato così scoperto anche un efficientissimo mercato nero, in grado di gestire centinaia di clienti, disposti a versare anche 25 mila dollari per un trattamento di bellezza.
I criminali utilizzavano come copertura per i loro traffici una clinica di chirurgia estetica, avente sede a Kaposvár. Qui nei pazienti veniva iniettato il materiale biologico. A seconda del grado di coinvolgimento dei singoli imputati, le pene hanno oscillato dalla multa (comunque pesante) al carcere. Assolta una sola addetta, poiché non è stato possibile provare se fosse davvero a conoscenza o meno dei piani criminali, che avevano luogo nelle mura di quello stabilimento.
La sentenza afferma però un principio estremamente interessante e di grande rilevanza etica, pur presente – nonostante la furia abortista di stampo giacobino – nelle pieghe della giurisprudenza europea, della Corte di Giustizia Ue in particolare: le condanne, infatti, sono state inflitte in nome della tutela della vita sin dal suo concepimento, ciò che, tra l’altro, vieta assolutamente anche l’utilizzo dell’embrione umano per fini industriali o di vendita. Ciò rappresenta un esplicito riconoscimento del fatto che si sia di fronte ad una persona sin dal primo istante.
L’Alliance Defending Freedom, intervenendo al processo, ha sottolineato come l’utilizzo di cellule e di tessuti di nascituri violi la loro dignità umana e costituisca un «crimine inaccettabile». Un minimo di giustizia per le vittime di questo genocidio silenzioso è dunque stata fatta, ma resta purtroppo l’ingiustizia peggiore ovvero il massacro di innocenti, che ogni giorno viene compiuto. In nome della “legge”…
da: http://www.nocristianofobia.org/
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