– di ROY HESSION – ”Vorremmo vedere Gesù” (Giovanni 12:21) – Dobbiamo chiederci che cosa significhi, in realtà “vedere Gesù”. Forse ci aiuterà a questo «proposito» lo scoprire che cosa non significa. Vedere Gesù non vuol dire cercare di vederLo in modo mistico, e neppure implorare o pregare per delle visioni. Una volta ci capitò di sentire qualcuno che, rispondendo a chi gli chiedeva se riuscisse a vedere Gesù, esclamò: «Oh, sì, io tento sempre di evocare alla mente delle immagini di Lui». Certe persone sono inclini alle visioni, ma le visioni non sono da ricercarsi e non dobbiamo vantarcene se ne abbiamo. Paolo era molto reticente riguardo a ciò che aveva visto (2 Cor. 12:1-5). L’esperienza di una visione non significa necessariamente che noi conosciamo il Signore Gesù più profondamente di qualunque altra persona – talvolta può costituire un impedimento al nostro discepolato.
D’altro canto non dobbiamo immaginare che una contemplazione puramente oggettiva di Cristo e del Suo amore o una riflessione accademica della verità sia quanto occorre. Per importante che sia, lo studio della Bibbia può essere sottilmente sterile e può non significare che lo studioso goda di una visione trasformante del Signore Gesù – sebbene non si andrebbe mai molto lontano senza lo studio giornaliero, diligente delle Scritture, fatto alla presenza di Dio.
Vedere Gesù significa capire che Egli è la fonte è il rifornimento delle nostre necessità presenti, e impossessarsi di Lui con grande fiducia. Il Signore Gesù è sempre visto attraverso la visuale della necessità. Egli ci viene presentato nelle Scritture non per una gratificante contemplazione accademica, ma per rispondere al disperato bisogno di peccatori e creature deboli, come siamo noi. Il riconoscimento del bisogno e la confessione del peccato, dunque, costituiscono sempre il primo passo verso la visione di Gesù.
Dove esiste una necessità riconosciuta, lo Spirito Santo gioisce di mostrare il Signore Gesù al nostro cuore, appunto come l’appagamento di quella necessità.
Fondamentalmente Egli ci viene rivelato attraverso le Scritture, ma spesso anche in altri momenti: attraverso la testimonianza di un fratello, con le parole di un canto, o attraverso l’intervento ancor più diretto dello Spirito all’anima, senza alcuno di questi mezzi. Poi mentre l’anima si appropria con fede di ciò che lo Spirito le mostra di Gesù, lo sforzo, la tensione, il senso di colpa, la paura, il dolore svaniscono e «allora spuntarono sorrisi sulle nostre labbra e canti di gioia sulle nostre lingue» (Salmo 126:2).
Tratto da: http://www.chiesadiroma.it/
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