Sintesi: anticristianesimo diffuso in Asia Centrale, soprattutto in Uzbekistan. Arresti e condanne, oltre che multe e pressioni sociali di vario tipo caratterizzano la vita dei cristiani uzbeki. Eccovi alcune testimonianze recenti.
Tutte le nazioni che compongono la cosiddetta Asia Centrale (Uzbekistan, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan) hanno governi che negli anni hanno implementato legislazioni restrittive nei confronti della libertà religiosa (in particolar modo contro la confessione cristiana).A diversi gradi (quindi non tutte alla stessa maniera) le autorità sembrano volersi mantenere chiuse all’influenza esterna, considerando il cristianesimo un segnale di ingerenza straniera. In tutta l’area si respira un anticristianesimo diffuso, ma l’Uzbekistan ad oggi è il paese dei 5 citati dove più si perseguitano e discriminano i cristiani (occupa il 16° posto della WWList). La persecuzione prende forme distinte, dall’intolleranza delle autorità a quella sociale, con fenomeni di arresti, confische, minacce, pressioni, abusi e violenze di vario genere.
Riguardo l’intolleranza delle autorità in Uzbekistan, molti di voi si ricorderanno del pastore Tohar Haydarov, condannato a 10 anni di prigione in un campo di lavoro: purtroppo non è l’unico caso di arresto e condanna. Sharofat Allamova da Urgench è stata condannata a 18 mesi di carcere in un campo di lavoro. Pochi giorni fa, sei sorelle sono state arrestate dalla polizia mentre erano immerse in un incontro di preghiera all’interno di un’abitazione privata. Sono state bruscamente trasportate alla vicina stazione di polizia e trattenute per 8 ore, durante le quali hanno subito un pesante interrogatorio costrette a rimanere in ginocchio, umiliate e minacciate in vari modi, il tutto per spingerle a rinnegare Cristo. Dopo l’interrogatorio sono state portate in tribunale dove è stata comminata loro una pesantissima multa di quasi 4.500 euro (cifra altissima in questo paese). E’ evidente che le autorità vogliano arginare la diffusione del Vangelo attraverso gli incontri in casa e che la registrazione (l’autorizzazione amministrativa) di una chiesa sia un’odissea che spesso (dopo anni) non porta a nulla, segno dell’ostruzionismo del sistema uzbeko. A settembre all’Unione delle Chiese Battiste nella regione di Toshkent è stato ingiustamente confiscato un terreno di proprietà: giunti in tribunale, il giudice non ha esitato a confermare la confisca da parte dello stato.
Un esempio emblematico e recente invece della pressione sociale che subiscono i cristiani è quello di Mahmud (nome cambiato per ragioni di sicurezza). Mahmud è un giovane uzbeko che si è avvicinato alla fede cristiana spontaneamente, convertendosi ad essa pur provenendo da una famiglia musulmana. Deciso a condividere il messaggio del Vangelo alla famiglia, oggi è stato rigettato da tutti perdendo così anche lo stipendio che riceveva dall’attività familiare. I parenti, infatti, gli hanno tolto tutto ritenendolo una vergogna per la famiglia.
I membri di chiesa dunque affrontano maltrattamenti, detenzione, arresti per “attività religiosa illegale” o “accuse di estremismo” compresa quella di organizzare incontri di preghiera privati o possedere libri illegali. E’ proibito importare Bibbie, le chiese sono obbligate a registrarsi, come si diceva, e sono comunque continuamente multate pesantemente per avere tenuto dei culti o per il possesso di materiale cristiano.
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