«Bene le motivazioni della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che esclude la possibilità di una trascrizione in automatico del genitore non biologico di un bambino nato dalla maternità surrogata, definita “pratica che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”. Rimane però un abominio la Stepchild Adoption, quindi l’adozione, che viene di fatto consentita dalla stessa sentenza in casi particolari. Inoltre la sentenza, pur condannando l’utero in affitto, non sembra escluderlo in qualsiasi caso. Non basta una ferma condanna di questa pratica disumana, se poi si allargano comunque le maglie in alcuni casi. L’unica soluzione per tutelare la dignità delle donne schiave di questa pratica e per proteggere i bambini che nascono solo e soltanto da un uomo e una donna è la condanna senza se e senza ma dell’utero in affitto e soprattutto – lo chiediamo al Governo e al Parlamento – che diventi una volta per tutte reato universale». Così Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus.
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