Approvata lo scorso 17 marzo dai presbiteriani degli Stati Uniti una riforma, che, incurante di quanto scritto nella Bibbia, ha letteralmente stravolto la definizione di matrimonio, includendovi per la prima volta anche le coppie omosessuali. L’annuncio è giunto dopo l’approvazione delle modifiche da parte della maggioranza dei suoi 171 organi di governo regionali. Solo 41 si sono dichiarati contrari. Ma li si è zittiti facilmente, al solito grido di «tolleranza nella diversità». L’unione coniugale, per loro, rappresenta ora soltanto un «impegno tra due persone, generalmente uomo e donna» e non più «esclusivamente» come finora anch’essi ritenevano.
Ciò non stupisca, ci sono espliciti precedenti: negli Anni Trenta i presbiteriani furono tra i primi ad accettare i metodi contraccettivi, poi ammisero il divorzio. Nel 2011, approvarono l’ordinazione di sedicenti “sacerdoti” e “sacerdotesse” dichiaratamente gay o lesbiche, mentre lo scorso anno permisero ai propri “ministri” di celebrare “nozze” tra persone dello stesso sesso negli Stati, ove fossero riconosciute per legge. Decisione, questa, criticata dallo stesso Lay Committee, di tendenza evangelica conservatrice, che, in conformità all’insegnamento biblico, bollò la svolta come un abominio.
Ora quello presbiteriano è divenuto il più grande gruppo protestante americano a riconoscere formalmente le “nozze” gay, benché contrarie alla legge naturale, nonché alla fede cristiana ed alla Sacra Scrittura. Ovviamente, la notizia è stata accolta con toni entusiastici dalle lobby Lgbt, che, nell’euforia generale, hanno scoperto le loro carte: «Tante ‘famiglie’ costituite da coppie Lgbt hanno atteso per decenni di entrare in questo varco – ha dichiarato il loro “reverendo” Robin White, leader del gruppo More Light Presbyterians – Varco, da loro creato all’interno delle proprie comunità religiose», ammissione di come tutto questo non sia accaduto per caso, bensì studiato a tavolino e meticolosamente predisposto, seguendo piani e strategie ben precisi. Più o meno quello che sta avvenendo anche altrove. Del tutto contraria alla “novità” la responsabile del Comitato Laico Presbiteriano, Carmen Fowler LaBerge, che ha detto esser tutto questo contrario alla Bibbia, incoraggiando pertanto membri e simpatizzanti a non versare né decime, né offerte, sinché non si torni indietro (il che sarà alquanto improbabile…).
Del resto, i presbiteriani, negli Stati Uniti, sono meno di 2 milioni ed il dato è in costante calo. E si capisce anche il perché: gli abbandoni (spesso intere comunità) sarebbero stati determinati proprio dal prevalere della linea “progressista” al loro interno. Così, nel 2000 contavano 2,5 milioni di seguaci, nel 2006 2,2, alla fine del 2013 erano 1,7. Il che significa che in 15 anni han perso un terzo dei propri adepti. Ma non si tratta di un sintomo isolato. La stessa fine han fatto anche altri gruppi, tutti votatisi al progressismo spinto: l’Elca, un’altra setta luterana, nel 1988 – quando fu fondata – contava 5,2 milioni di membri, ridottisi a 3,8 nel 2013. Gli episcopaliani dell’Ecusa eran 2,5 milioni nel 2000, oggi sono solo 1,8, anch’essi con pseudo-”vescovesse” lesbiche e piena accettazione dell’aborto.
L’auspicio è che il futuro non costringa a registrare in altre confessioni nuovi tradimenti della Sacra Scrittura.
Tratto da: http://www.nocristianofobia.org/
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