Sfogliando una interessante pubblicazione del Cesnur, uno dei centri più prestigiosi di studio e di ricerca delle Religioni d’Italia, guidato dal Prof. Massimo Introvigne e dal Dr. Pierlugi Zoccatelli, “Le Religioni in Italia, edito da Elledici del 2006 (più recentemente è stato pubblicato un altro interessante testo “Enciclopedia delle religioni d’Italia, edito sempre da elledici, 2013), ci si imbatte nel cap. 4, dedicato al Protestantesimo e alle chiese che ne fanno parte.
Nel delineare la presenta evangelico-protestante in Italia, gli AA. Si avvalgono di diverse tesi sociologiche, tra le quali prevale quella di due sociologi americani, Roger Finke e Rodney sterk, illustrata nel loro saggio “The Churching of America” del 1992.
In questa tesi i due studiosi sottolineano l’elemento di “protesta” religiosa, politica e sociale da cui deriva la parola “Protestantesimo”.
Dal punto di vista dottrinale o teologico essi distinguono tre Protestantesimi :
1° Il Primo Protestantesimo (storico)
E’ costituito dalle comunità nate dalla riforma storica, luterani, Calvinisti, Presbiteriani, a cui si può avvicinare anche la Chiesa Anglicana. Al primo Protestantesimo rientra anche la Chiesa valdese, erede di una tradizione evangelica pre riformata e passata attraverso diverse trasformazioni.
2° Il Secondo Protestantesimo
E’ chiamato originariamente “evangelico”, ed è costituito dai movimenti di risveglio, dando vita a una vivace protesta contro il tepore spirituale e accentuando l’incontro con Gesù Cristo come esperienza personale che spinge alla missione. Il Battismo, il Pietismo e il Metodismo sono espressioni di questo revival
3° Il Terzo Protestantesimo
Esso è costituito dai movimenti che considerano istituzionalizzate e fredee le comunità del 2° Protestantesimo. Fanno parte di esso le Chiese libere, i movimenti di Santità, le Chiese dei Fratelli. Chiese fondamentaliste, esse protestano contro il Liberalismo teologico delle comunità protestanti più antiche.
Al terzo Protestantesimo vanno incluse la corrente pentecostale- carismatica, nata agli inizi del XX secolo e gli Avventisti nate nel XIX secolo, sebbene quest’ultima denominazione mostri ambiguità di ordine biblico- teologico.
Può questa testi dei due sociologi americani non convincere. Ma, dal punto di vista storico mette in evidenza la nascita del Protestantesimo(detto anche evangelico) e il suo sviluppo, frantumandosi in una copiosa varietà di ecclesiole, che sono presenti in gran parte nel panorama religioso italiano.
Se da una parte vi è una pluralità di chiese, tuttavia, esse hanno un denominatore comune dal punto di vista biblico- teologico.
L’evangelismo è una espressione teologica che si presta a definire una corrente transdenominazionale della teologia e della spiritualità, che pone una particolare accentuazione sul ruolo della Scrittura nella vita cristiana.
Essa poggia su un quadruplice motivo teologico:
1° L’autorità e sufficienza della Scrittura
2° L’unicità della redenzione mediante la morte di Cristo in croce.
3° La necessità dei una conversione personale
4° La necessità dell’evangelizzazione.
Si considerano adiaphora tutti gli argomenti di secondaria importanza, sui cui è possibile accettare una pluralità di posizioni
- UNO SGUARDO RETROSPETTIVO DELLA STORIA DELL’EVANGELISMO
IL PENSIERO DELLA RIFORMA: ORIGINE DELLA RIFLESSIONE TEOLOGICA DEI PADRI RIFORMATORI
SULLA SALVEZZA DIVINA, IL SUO DOGMA E LA SUA EVOLUZIONE.
La Riforma protestante è un poderoso, rivoluzionario movimento religioso, che inciso anche nel tessuto socio-politico della società rinascimentale, conferendo alla Chiesa una visione nuova e innovativa della fede e della vita cristiana e creando le basi per una pluralità di comunità ecclesiali, sfidando il sistema monolitico della Chiesa Cattolica medievale.
L’idea che soggiace nella parola “Riforma” è quella del cambiamento, della trasformazione, cioè qualcosa di teologicamente importante deve modificare il sistema concettuale della teologia ufficiale che animava la chiesa Cattolica, analizzando criticamente le istituzioni le pratiche e le idee della Chiesa d’Occidente.
Contro la sua corruzione spirituale e morale, si imponeva la ricerca di concetti evangelici, che dovevano rivitalizzarla, innaffiandola con una nuova comprensione del pensiero evangelico.
I Riformatori come Lutero, Zwingli, Calvino, Bucero indossarono i panni dei grandi Profeti biblici, la cui missione consisteva nel ritornare “all’età dell’oro della Chiesa, la cui purezza e vitalità venivano riesumate dallo strato dominante di un’epoca corrotta. E’ doveroso puntualizzare che l’imponente progetto di “Riforma” poteva essere attualizzato attraverso l’appoggio delle autorità secolari, evidenziando anche il pragmatismo dei Padri riformatori nell’intento di dar vita a quella rivoluzione spirituale, che avrebbe influito nell’organizzazione soci-politico e religiosa dell’Europa moderna e contemporanea.
La parola “Riforma” implica storicamente una poliedricità di significati. Essa è usata per definire le azioni riformiste di personalità singole o movimenti: si possono elencare quattro “Riforme”, quella luterana, quella riformate zwinglianca-calvinista, quella radicale. Tuttavia, in molte opere erudite, il termine “Riforma” è utilizzato per definire le prime tre, chiamata “Riforma classica” o “Magisterial Reformation”, evitando di includere quella radicale o anabattista, cioè quella “Riforma” voluta da Lutero, Zwingli, Calvino, bucero con il sostegno politico delle autorità civili. Contro il pensiero della Riforma classica si mossero gli Anabattisti, che affermavano la piena libertà di azione senza avvalersi dell’ingerenza delle autorità secolari sugli affari della Chiesa.
E’ necessario chiarire anche il significato storico della parola “Protestante”. Essa deriva dalle conseguenze delle decisioni prese alla Dieta di Spira del 1529, mettendo fine alla tolleranza del Luteranesimo in Germania (sei principi tedeschi e 14 città furono testimoni della propria fede, protestando contro le misure repressive e invocando la libertà di coscienza e i diritti delle minoranze religiose. Ciò fa risaltare l’inesattezza storica e l’anacronismo, quando si vuole definire “Protestante” una serie di avvenimenti anteriori all’aprile 1529 come se essi costituissero “la Riforma protestante”. In aggiunta, la parola “evangelico” o “evangelismo” è usata dagli storici per definire le prime correnti riformiste in ambito cattolico a Wittemberg, in Francia, in Svizzera e in Italia.
I Padri riformatori erano sostenuti dall’idea teologica del ritorno alle fonti, secondo la quale il rinnovamento della fede cristiana e della chiesa era attuabile se si ritornava alla prassi della Chiesa primitiva. Tuttavia, la prima metà del primo millennio dell’era cristiana,, chiamato il periodo patristico, era considerato “l’età dell’ro del Cristianesimo”.
Il detto latino “Christanismus Renascens(la rinascita del cristianesimo) riassumeva la visione riformatrice dei Padri Riformatori. In particolare, individuarono il periodo apostolico, cristallizzato nel NT, come l’era della Chiesa spiritualmente viva e vitalizzante.
La necessità di tornare la Nt era imperante nell’azione riformatrice dei Riformatori.
La ricerca delle idee teologiche fondamentali nella tradizione biblica poneva i Riformatori in aperto conflitto con la leadership della Chiesa Medievale, accusata di avere aggiunto idee spurie ed estranee nella tradizione biblico -teologica apostolica, distorcendo la fede cristiana e alimentando la corruzione morale e la superstizione popolare. In particolare, la dottrina del Purgatorio e la conseguente pratica della vendita delle indulgenze erano considerate pratiche e credenze cultuali sub-cristiani, speculando sulle speranze e sulle paure della gente comune.
Gli scritti neotestamentari e i testi degli antichi scrittori cristiani si rivelavano preziosi documenti da cui attingere gli ideali originari della fede cristiana per riformare e rinnovare la chiesa. Inoltre, l’affermarsi dell’Umanesimo rinascimentale favoriva gli studi di ebraico e greco, dando vita a nuove e produttive tecniche di analisi testuale e filologica, di cui i riformatori si appropriarono, convinti che essere dessero un notevole contributo nella comprensione dei testi e del Cristianesimo antico. Il primo trentennio del XVI secolo dava vita a una nuova era cristiana, in cui risonava la voce dell’autentico cristianesimo, a lungo costretta a tacere.
Il dogma della salvezza per grazia mediante la fede è uno tra i fondamentali dogma del pensiero della Riforma.
La “giustificazione” è un elemento costitutivo di un insieme di termini soteriologici utili a definire l’esperienza della redenzione del cristiano per mezzo di Gesù Cristo.
Quali sono queste espressioni di salvezza?
LA SALVEZZA COME VITTORIA – Gesù attraverso la croce e la Risurrezione ha vinto il peccato, il male e la morte. La fede del cristiano lo abilita ad appropriarsi di questa vittoria.
LA SALVEZZA COME CAMBIAMENTO DELLO STATUS GIURIDICO – L’ubbidienza di Gesù Cristo nell’accettare la sua tragica missione di morire sulla croce ha fatto si che il credente ottenga il perdono e la remissione dei suoi peccati.
La sua colpevolezza è stata mutata in uno stato di grazia, cancellata: il cristiano è ritenuto giusto.
LA SALVEZZA COME MUTAMENTO DELLE REALZIONI PERSONALI – L’uomo, vinto dal peccato, è alienato da Dio, è preclusa la relazione con Lui. Attraverso la libera azione di Dio attraverso l’evento Gesù tale relazione viene ripristinata(cfr. 2^ Cor. 5:19), attuando un nuovo rapporto tra se stesso e l’umanità. La morte di Cristo relazione Dio con l’uomo pentito. Questo aspetto “sociologico” in verticale, trova risonanza nelle relazioni in orizzontale tra gli uomini attraverso il perdono e la riconciliazione.
LA SALVEZZA COME LIBERAZIONE – La morte di Cristo implica il superamento della morte attraverso la Sua risurrezione. Le forze oppressive del peccato, del male e della morte, che imprigionano l’uomo sono scardinate e imbrigliate, rendendo il credente libero, restituito alla vita.
Avendo ventilato il poliedrico significato della giustificazione, possiamo adesso dare una definizione appropriata della teologia della grazia.
La grazia è intesa come la libera azione di Dio di salvare l’uomo senza che egli abbia alcun merito; è una esclusiva azione d’amore del Signore.
Nel NT la parola “grazia” è particolarmente presente nelle lettere di Paolo. Negli scritti patristici i testi, che contengono la difesa e l’accurata elaborazione teologica, appartengono ad Agostino di Ippona.
La Riforma pose attenzione agli scritti di Paolo e di Agostino, i Riformatori esposero una teologia della grazia che, sebbene differisse nella terminologia e nella sostanza, fondamentalmente esprimeva la libertà di Dio di salvare l’uomo senza alcun merito.
LA SCOPERTA DELLA GRAZIA DI LUTERO. E’ generalmente riconosciuto Martin Lutero come il Riformatore più autorevole delle Riforme, sebbene esso sia un riconoscimento più accademico che sostanziale.
Lutero si affaccia nel teatro della Storia Umana con una idea teologica, quella della giustificazione per sola fede. Più che una riflessione puramente teoretica e speculativa, è un viaggio di un’anima tormentata, abbarbicata tra i rami intrecciati della filosofia medievale scolastica, che cerca di districarsi dai grovigli di una speculazione teologico- filosofica della Scrittura priva di riferimenti di contenuti fondamentali della Scrittura. Egli si chiede: come un peccatore può entrare in rapporto con un Dio giusto e cosa deve fare per essere salvato? Insomma, il termine “giustificazione” indica il modo con cui l’uomo entra in una giusta relazione con Dio. Senza addentrarmi nei meandri della storia personale di Lutero, voglio segnalare che il suo iter di ricerca spirituale si manifesta già nel commento dei Salmi e soprattutto nel commento della lettera ai Romani, su cui Lutero tenne lezioni nel 1515-1516. Lutero era convinto che Dio esprimeva il Suo giudizio in maniera imparziale.: la giustificazione è accordata in merito alla soddisfazione dell’uomo di tutte le condizioni essenziali per la giustificazione. Dio giudica in base al merito. Lutero rimane imprigionato in questo drammatico postulato: “adempi la legge e sarai salvato”. E’ stata una tragedia per Lutero quella di cercare di ottenere la salvezza con le proprie forze. Ciò si rivelava fallimentare: “più cerco e più comprendo tragicamente di non farcela”. Siamo di fronte al dilemma paolino di Rom 7: “faccio quello che non voglio, ma non faccio quello che voglio”. Per Lutero, la “giustizia di Dio” era una condanna più che una liberazione. In queste sue riflessioni sulla lettera ai romani ebbe la sua decisiva intuizione copernicana: la giustizia di Dio non è attiva, ma passiva, cioè l’uomo non deve fare, ma deve accettare l’opera di giustizia compiuta da Cristo. Per noi oggi è una cosa da nulla . E qui sta il dramma che non c’è scoperta, ma adesione intellettuale- religiosa- catechetica del credente.
In ultima analisi l’efficacia della fede non dipende dall’intensità con cui crediamo, ma dall’affidabilità di Colui in cui crediamo. La fede è un “anello nuziale” , che indica l’impegno reciproco e l’unione tra Cristo e il credente.
Il Cristiano deve essere come un mendicante che sta ai piedi del Signore per ricevere la Sua grazia. La fede è un dono di Dio e non un’opera dell’uomo. e’ una giustizia extra nos, che irrompe nel credente e lo stravolge.
Interessante è la metafora del medico e del malato: un malato dà fiducia al medico che gli promette guarigione. Egli obbedisce alle prescrizioni e per la speranza della guarigione promessagli, si astiene da ciò che gli è stato proibito. Certamente, il malato non è guarito, egli è malato, ma è sano. E’ davvero malato, ma è guarito per la promessa sicura del medico a cui egli crede. Il medico lo ritiene guarito, perché è sicuro di guarirlo. Il cristiano è “simul justus et peccator”, peccatore e giusto allo stesso tempo, peccatore di fatto , ma giusto nella promessa di liberarlo dal male fino a completa guarigione. Nella speranza è perfettamente guarito.
Sulla giustizia passiva luterana va detto che è una espressione puramente escatologica, ossia il peccatore è giusto nel tribunale divino (“in foro divino”), indipendentemente dal fatto del processo attraverso il quale uno è reso giusto, ossia giustificazione e santificazione. La teologia classica, al contrario, di stampo agostiniana, la giustificazione implicava una giustizia imputata, ma anche una rigenerazione.
b. LA GIUSTIFICAZIONE NEI RIFORMATORI SVIZZERI
- IL PENSIERO DI ULRICO ZWUINGLI
Per Zwingli la parola “Riforma” indica una riforma della vita e della morale, ossia la grazia deve necessariamente produrre cambiamenti notevoli nella vita del cristiano. Tuttavia, per Zwingli la Riforma riguardava la Chiesa in sé e la società. Zwingli era inizialmente interessato alla rigenerazione morale e spirituale di Zurigo secondo il dettato evangelico e spirituale neotestamentario. Zwingli non era interessato all’aspetto individuale della grazia. Per Zwingli Gesù aveva una sua importanza per il rinnovamento morale più che il perdono. Dopo il 1520 le idee di Zwingli sulla giustificazione cominciarono ad avvicnarsi a quelle di Lutero. Ma rimane, comunque, l’impostazione di base, cioè per Lutero la Scrittura proclama le promesse di Dio, per Zwingli la Scrittura espone le esigenze morali che Dio pone ai credenti: il cred IL PENSIERO DI MARTIN BUCERO E DI CALVINO
I Riformatori Lutero e Zwingli hanno posto un problema ambivalente, ossia la funzione di Gesù nella giustificazione e il rapporto tra l’atto della grazie giustificante di Dio e l’obbedienza degli essere umani alla volontà di Dio. In realtà, Lutero non negava l’agire e la necessità dell’agire, ma la sua teologia sembra essere impostata nell’accettazione pura dell’agire della grazia divina, indipendentemente dell’agire morale. Questo increscioso problema teologico Bucero diede una risposta più esplicita, cioè quella della doppia giustificazione. Infatti, egli sostiene una duplice azione di Dio nel giustificare l’uomo. La prima, chiamata “giustificazione dell’empio” , consiste nella giustificazione per grazia che il Signore perdona il peccato umano; il secondo modo riguarda la “giustificazione della persona pia”(“iustificatio pii”), consistendo nella risposta dell’uomo alle esigenze morali dell’Evangelo. Un siffatto pensiero biblico- teologico rivela una connessione tra giustificazione e rigenerazione morale. La prima imprime una forza dinamica nella seconda. Se questo manca, vi è una azione viziata di adesione all’evangelo.
Con Calvino si ha una maggiore comprensione del concetto di grazia. Calvino sostiene che la fede unisce il credente a Cristo(ossia la giustificazione per grazia).
Ma questa unione ha una duplice azione:
1^ l’unione con Cristo produce la giustificazione di chi crede.
Il credente è giudicato giusto per mezzo di Cristo agli occhi di Dio.
2^ Questa unione con Cristo e non per la giustificazione, il credente dà vita a un processo di mutamento spirituale mediante la rigenerazione.
Da questa succinta ed esigua disamina possiamo notare che, si, la salvezza è per grazia per mezzo di Cristo, ma gli effetti e i processi che determinano tale salvezza vengono ad essere variamente considerati.
Paolo Brancè | Notiziecristiane.com
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