Il nome dato alle unioni che fra di loro gli omosessuali vorrebbero vedere sancite dalla legge dello Stato sembra legittimo e innocuo: unioni ‘civili’. Ma, prima di dare per scontato che tali unioni sarebbero ‘civili’, bisognerebbe riflettere sul tipo di civiltà che si andrebbe a configurare qualora lo Stato decidesse di adottarle apponendovi il proprio suggello e sigillo.
Già, di che specie di civiltà si dovrebbe parlare, per definire quella realtà sociale che ritenesse legali le unioni fra omosessuali?
Si passerebbe dall’ unione del matrimonio, basata e fondata sulla relazione naturale tra un uomo e una donna, a delle unioni contro natura, basate e fondate sulla mera soddisfazione di istinti e voglie sessuali regolamentate sulla base di altrettante morali viziate (da gente che vorrebbe vedere riconosciuta legalmente la propria libidine (rivestita e coperta col termine ‘civile’).
Il problema su cui riflettere non è tanto e solo il fatto che a chiedere una cosa del genere sia una minoranza; infatti se a chiedere una legalizzazione del genere fosse anche la maggioranza dei membri di una data società, ciò non toglierebbe il fatto che si tratterebbe pur sempre di una richiesta contro natura e moralmente malsana.
Al di là delle inezie politiche basate sulle questioni della maggioranza o della minoranza, la riflessione reale da fare poggia sul tipo di società e di civiltà che si intende promuovere.
Non dovrebbe essere difficile immaginare l’andazzo e la fine di una società che cominciasse a voler vivere contro ogni principio morale, per dedicarsi alla legittimazione di qualsiasi impulso istintivo e carnale! In quella società cominceranno a sgretolarsi tutti i principi e i riferimenti morali, e a farla da padrone non resterebbero che le pulsioni e gli istinti. Il criterio di ciò che sarebbe decoroso ed opportuno deriverebbe dal solo criterio del piacere (secondo un motto che coinciderebbe col probabile slogan di tutti coloro che inneggiano alla libidine, alla lussuria e allo sfogo (animalesco) di tutte le proprie materiali e fisiche pulsioni istintive).
A poco a poco la ragion d’essere di una tale società, piegata alla volontà del piacere, coinciderebbe con le leggi “supreme” (in realtà infime e basse) del piacere e dell’istinto. Insomma, quello che per tanto tempo si è capito che doveva essere regolato e controllato, ora, avrebbe – invece – il pieno diritto di manifestarsi, sopra ogni regola e controllo. In pratica, non ci sarebbero più regole o controlli, visto che la soddisfazione personale e soggettiva degli istinti di ciascuno diverrebbe la regola oggettiva di tutti!
Si tratterebbe di un sovvertimento che minerebbe le basi di tutta la civiltà umana e soprattutto divina. Infatti, se a far riconoscere fino ad ora la validità di una certa morale ed etica nell’ambito del matrimonio e delle relazioni coniugali è stata la morale cristiana, quello che accadrebbe se si legittimasse la visione delle unioni ‘civili’ sarebbe la perdita del più valido riferimento di valore per la famiglia. E sarebbe la confusione. Ognuno proverebbe a chiamare amore quello che infondo non è altro che una passione sessuale deviata!
Spesso certa gente rivendica la legalizzazione di diverse forme di trasgressioni:
c’è chi chiede la legalizzazione delle case chiuse (per fare lì dentro quello che vorrebbe nascostamente fare, ammettendo che se la stessa cosa fosse fatta pubblicamente porterebbe alla rovina – in tutti i sensi – coloro che la commettessero);
c’è chi vorrebbe che la droga fosse legalizzata (per attingere ad una sostanza nei confronti della quale si è reso dipendente e schiavo, senza dovere avere problemi con la legge e la giustizia, che vorrebbero frenare e impedire un tale (nocivo) accesso);
c’è chi non vorrebbe essere né controllato né perseguito da nessun controllo, per effettuare liberamente i propri traffici illeciti.
Insomma, ogni volta che qualcuno vorrebbe commettere qualcosa di irregolare o si nasconde o si ribella o –oggi come oggi – chiede che questo qualcosa venga legittimato (in modo da non doversi più nascondere o ribellarsi). La novità dell’attuale richiesta della legalizzazione delle unioni ‘civili’ consiste nel fatto che, ora, tale richiesta non è più espressa in segreto, in occulto. Ora si chiede che ciò che finora alcuni hanno vissuto in occulto venga portato alla luce e dichiarato come valido, legittimo e… normativo.
Ma proprio questo dovrebbe essere il compito di una società civile: capire cosa rendere permesso, palese, legittimo, dignitoso e pubblico (nel suo seno e nella sua visione di vita), rispetto a quelle cose che, invece, dovrebbero essere riconosciute come non altrettanto dignitose e onorevoli.
Accettare tutto e dire che tutto va bene non è un segno né un indice di progresso, ma di confusione morale. E’ un segno di regresso: morale, civile e spirituale.
E l’attuale rivendicazione (a fare accettare come morale quello che da sempre è stato riconosciuto immorale) non è un segno di progresso, ma di arretramento. Infatti per tali tendenze ci si sta avviando a tornare alle antiche condizioni di società come quelle di Sodoma e Gomorra .
Aveva ragione il re Salomone a dire che “Sotto il cielo non c’è niente di nuovo”. Oggi, come allora (purtroppo), si vuole arrivare a fare del piacere e degli istinti (nemmeno più umani, ma bestiali) la legge della società ‘civile’.
Qualcuno dice che la storia è maestra di vita. Ma, invece, come dice (spesso fatalmente) la legge dei corsi e ricorsi storici, sembra che l’uomo – nonostante il tempo e le esperienze passate – non sappia né voglia capire la lezione. Per chi pensa a quella lezione e se la ricorda, essa dice che le società ‘civili’ di Sodoma e Gomorra fallirono e finirono miseramente.
Attenzione, quindi, perché il “progresso”, attualmente invocato da alcuni, porterebbe verso non un fine glorioso, ma verso una misera fine!
Enzo Maniaci | notiziecristiane.com
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