La conferenza stampa di fine anno del presidente del Consiglio Matteo Renzi ha rilanciato il dibattito sulle unioni civili in vista della discussione del ddl Cirinnà in aula al Senato prevista per il 26 gennaio. Il premier e segretario del PD ha chiaramente detto che vuole arrivare in fretta all’approvazione della legge, stepchild adoption inclusa.
Proprio su questo punto si è riaccesa la polemica ma anche l’ennesimo tentativo di mediazione. Come è noto la stepchild adoption prevede la possibilità all’interno di una relazione gay per un convivente di adottare il figlio dell’altro convivente. Si tratta di un istituto che oltre a rendere l’unione civile ancora più assimilabile al matrimonio, spalanca la porta all’adozione in quanto tale e alla pratica dell’utero in affitto. Proprio quest’ultima possibilità sta creando perplessità e discussioni anche all’interno del partito di maggioranza, oltre alla divisione nel movimento femminista.
Per superare l’ostacolo e guadagnare il massimo consenso anche nelle file del centrodestra, negli ultimi giorni alcuni deputati “cristiani” del PD (Rosa Maria Di Giorgi, Emma Fattorini e Stefano Lepri) starebbero valutando il consenso intorno alla proposta di sostituire la stepchild adoption con quello che è stato definito un “affido rinforzato”, vale a dire un prendersi cura del figlio del partner fino alla maggiore età dopo di che sarà quest’ultimo a decidere per l’adozione o meno.
È una strada che potrebbe in effetti convincere gran parte dei senatori del centro-destra ancora contrari all’adozione, visto che la maggior preoccupazione finora espressa riguarda proprio questo aspetto della legislazione proposta. A parte i centristi Sacconi e Giovanardi, contrari in toto al disegno di legge, che minacciano pregiudiziali d’incostituzionalità e chiedono che il ddl Cirinnà torni in commissione dove è stato bypassato ogni dibattito, in effetti la resistenza del centrodestra sembra piuttosto fragile. Peraltro ormai è chiaro che se si va alla conta in aula la Cirinnà passa senza problemi grazie all’asse PD-5 Stelle.
Non per niente il “Comitato Difendiamo i Nostri Figli”, formatosi in occasione della manifestazione del 20 giugno a Piazza San Giovanni a Roma, ha fatto sapere che si sta preparando alla convocazione di un nuovo Family Day, che solo un ritiro del ddl Cirinnà potrebbe evitare. In questa prospettiva sarà interessante vedere questa volta come si comporterà il segretario della Conferenza Episcopale Italiana, monsignor Nunzio Galantino, che per la manifestazione dello scorso 20 giugno fece fuoco e fiamme per evitare che si tenesse.
Tutte cose che vedremo nei prossimi giorni e settimane, intanto però c’è da registrare una pericolosa tendenza. Vale a dire che il concentrarsi del dibattito intorno all’adozione e all’utero in affitto sta facendo lentamente accettare l’idea delle unioni gay. Che ormai sempre più raramente si mettono in discussione in quanto tali, al massimo si discute su quanto estesi debbano essere i loro diritti.
Come abbiamo più volte detto, quello dell’adozione è un falso problema perché è solo una conseguenza: il vero problema è invece il riconoscimento delle unioni civili. Se passa questo, in qualsiasi forma, tutto il resto arriva di conseguenza, è solo questione di tempo.
A questo scivolamento non è certo estraneo il mondo cristiano, visto che i vertici della Chiesa italiana sembrano aver scelto la strada del “sì a un certo riconoscimento delle unioni gay, ma no all’equiparazione con il matrimonio” (o anche “sì ai diritti patrimoniali, no ai diritti matrimoniali”). È la posizione più volte espressa e argomentata dal quotidiano della Conferenza Episcopale, Avvenire, il cui direttore ha anche teorizzato una fantomatica “via italiana” alle unioni civili. È una posizione che si appoggia su una interpretazione molto estensiva dell’articolo 2 della Costituzione, fatta propria anche dalla Corte Costituzionale, in cui si riconosce alle unioni omosessuali il valore di formazione sociale «ove si svolge la personalità» del singolo. Come abbiamo più volte spiegato si tratta di una posizione ideologica che tradisce la mens dei padri costituenti, che in nessun modo prevedevano le convivenze – di qualunque tipo – tra le formazioni sociali indicate.
Ad ogni modo si tratta di una posizione che oggettivamente indebolisce la resistenza contro il progetto (qualsiasi progetto) di unioni civili. E non basta chiedere come contropartita maggiori risorse per sostenere la famiglia naturale. Il primo e fondamentale aiuto alla famiglia è impedire che vengano riconosciute forme qualsiasi di convivenza. Su questo dovrà essere chiaro anche chi convocherà un eventuale secondo Family Day: i temi dell’adozione e dell’utero in affitto sono gravi e forse fanno anche più presa sull’opinione pubblica, ma oggi il “nemico” da combattere sono le unioni civili.
di Riccardo Cascioli | Lanuovabq.it/
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