Una ri-trovata spiritualità per un nuovo senso del vivere

E’ possibile che l’uomo di oggi non riconosca più la propria inclinazione alla vita spirituale? E’ possibile che l’uomo di oggi confonda la spiritualità con stato di benessere? La spiritualità con gli atteggiamenti psichici, confondendo l’atteggiamento spirituale con l’atteggiamento di resilienza? Più semplicemente la dimensione della spiritualità è quella capacità di ogni essere umano, e solo esclusivamente umana, di andare oltre se stesso, facendo appello a quella capacità, sempre esclusivamente umana, di trascendenza, come ha ampiamente descritto lo psichiatra V. E. Frankl, padre della logoterapia e analisi esistenziale, considerata la terza scuola viennese di psicoterpia, dopo la psicoanalisi di Freud e la psicologia individuale di Adler (Frankl e LaPide, Ricerca di Dio e domanda di senso. Dialogo tra un teologo e uno psicologo, torino, Claudiana, 2006). Il potere della capacità di trascendenza è forte dentro di noi, a tal punto che diventa un bisogno di trascendenza al pari al bisogno di fame e di sete. Per mezzo della capacità di trascendenza, ripeto, esclusivamente umana, possiamo superare ogni difficoltà ed è per questo che possiamo affermare che anche l’impossibile può diventare possibile: “Spòstati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile» (Mt, 17,14-20). Possiamo affermare che l’uomo moderno, preso dal virtuosismo dell’apparire in prima pagina sui social abbia trascurato la propria spiritualità a discapito dell’Io grandioso? (Riccardi P., La psicoterapia del cuore e Beatitudini, ed. Cittadella 2018). Facendo del culto dell’apparire il nuovo idolo? Penso che senza una considerazione nella propria capacità di fare appello alla dimensione spirituale l’uomo prenda distanza da se stesso, si spersonalizza, si scinde; perde di identità psicologica, diventa il nevrotico che perde al contempo il senso della sua vita; la propria vocazione al vivere (Riccardi P, Ogni vita è una vocazione per un proprio ritrovato benessere ed. Cittadella Assisi, 2014). Come psicologo e psicoterapeuta di datata formazione sono venuto e vengo a contatto con le richieste di aiuto di tante persone che elencano le loro paure e i loro conflitti più vari: dalle relazioni che non funzionano agli stati fobici e così via. E devo dire che oltre a queste condizioni psicologiche, si presenta in tutti un denominatore comune, l’incapacità di fare appello alla trascendenza per guardarsi dentro come se si fosse spettatore di se stessi senza timore e paura e non restare imbrigliati nel proprio Io. Posso confermare, secondo la mia esperienza, che gran parte dei problemi psicologici presentati dalle persone trovano terreno fertile nella paura di andare oltre se stessi. E distratti da una vita fatta da multi stimoli e multitasking si perda il riferimento su come orientare la propria vita. E chi la fa da padrona? è la paura di essere se stessi che si maschera nell’alternare il proprio vivere tra il conformismo e il totalitarismo. Nel fare cioè, o quello che fanno tutti (conformismo) o nel fare quello che ci dicono di fare (totalitarismo) (Riccardi P, Ogni vita è una vocazione. Per un ritrovato Benessere, Ed. Cittadella Assisi, 2014). E’ probabile che in questa alternanza del vivere l’uomo non trovi il proprio senso del vivere verificandosi quello che lo psichiatra Frankl chiama la “nevrosi da mancanza di senso” (Frankl, Logoterapa e Analisi esistenziale, Ed. Morcelliana 2001). In fondo l’uomo nevrotico ha paura di vivere e a mio modo di vedere questa paura è rinforzata o causata da mancanza di punti di riferimento capaci di riorientare la persona a superare le proprie avversità. Ne è emblema la paura dei discepoli quando Gesù propone di “passare all’altra riva”. Poi disse loro: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (Mc 4,35-41). La mia esperienza, da psicologo e psicoterapeuta con i problemi psicologici delle persone è che manca una guida interiore, che non sia solo il caregiver del passato che pur tuttavia bisogna elaborare. Si difetta nella capacità di fare appello alla propria dimensione spirituale e per cui il salmista recita: “A te grido, Signore, mia roccia, con me non tacere: se tu non mi parli, sono come chi scende nella fossa” (Sal 28,1). Ecco, l’uomo di oggi ha fame e sete non di apparire in bella mostra ma di recuperare il bisogno di una sana forza spirituale che solo nell’intimità con Dio può riscoprire (Riccardi P, La dimensione amorosa tra intimità e spiritualità, ed, D’Ettoris 2021) per sentirsi pago e sazio dei suoi anni, come ne fa esperienza Giobbe, che alla fine della sua vita, dopo aver vissuto nella ricchezza e nella sofferenza ha modo di affermare: “io ti conoscevo per sentito dire. Ma ora che ti vedo con i miei occhi, mi ricredo” (Gb, 42, 5). Basta questa ritrovata spiritualità nella fede e nella certezza in Dio che consente a Giobbe di superare ogni avversità della vita e di morire vecchio e sazio dei suoi giorni (Gb, 42, 11-17). Se ci guardiamo intorno e dentro di noi cosa vediamo? Nient’altro che un uomo, un esser che cerca di ritrovarsi in un mondo ingabbiato dai poteri forti che fanno credere che l’uomo in vista, di successo, di ricchezze è un uomo “arrivato”. Ma è questo stesso uomo che pensa quando arriverà il momento della ricchezza, della fama, del successo sarà felice. Non sorprende, dunque, che con un modo di pensare del genere si diventi nevrotici e il nevrotico perde la sua dimensione spirituale ossia quella capacità di andare oltre se stesso e al sua condizione. Purtroppo a quest’uomo, costruitosi nelle troppe ricchezze psichiche non resta che il nulla ed è per questo che Gesù, ancora una volta, ci suggerisce la legge del contrario “beati i poveri di spirito”, perché più si ha più si perde.

Pasquale Riccardi


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