Nel silenzio e nell’inerzia internazionale che ha caratterizzato sin dal suo inizio la guerra che si sta combattendo in Yemen, nuovi avvenimenti e nuovi rapporti da parte di numerose organizzazioni umanitarie raccontano di un disastro che rischia di trasformare questo angolo della penisola arabica in una nuova Siria, o in una nuova Libia se si preferisce seguire una catena temporale. È di ieri, infatti, la notizia di un attentato rivendicato dal gruppo Stato islamico contro una moschea a Sana’a, un fatto che fa temere una nuovaescalation del conflitto, e sempre di ieri è l’allarme lanciato da Unicef, il fondo delle Nazioni Unite per i diritti dell’infanzia, sul diritto all’istruzione negato a quasi la metà dei bambini yemeniti.
Sono soltanto immagini sparse, piccoli elementi che servono per comprendere almeno in piccola parte quanto sta avvenendo in Yemen. A cinque mesi di distanza dall’avvio dei bombardamenti sul territorio yemenita da parte della coalizione guidata dall’Arabia Saudita, che aveva lo scopo di reinsediare il presidente Hadi, deposto dai ribelli sciiti Houthi, la situazione nel paese sembra procedere senza rallentamenti verso un nuovo disastro umanitario.
Proprio per questo, 23 grandi organizzazioni non governative, tra cui Amnesty International e Human Rights Watch, hanno sollecitato il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani a istituire una speciale commissione d’inchiesta che possa indagare sulle violazioni commesse probabilmente da tutte le parti coinvolte.
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Elaborazione Marco Magnano
Poco meno di un anno fa, era il 21 settembre, gli Houthi presero il potere in Yemen. Dalle prime battute sembrava l’avvio di una rivoluzione politica, con la volontà dei ribelli di far sedere allo stesso tavolo tutti i partiti politici per formare un governo di unità nazionale in grado di superare la crisi economica che ha investito il paese dal 2011 in poi, ma nel giro di tre mesi questa speranza era già in fumo. Con l’attacco del gennaio 2015 al palazzo presidenziale di Hadi, sostenuto dall’Arabia Saudita, gli Houthi diedero il via a una spirale di crimini di guerra contro i civili, intesi sia come persone che come infrastrutture, che sembra molto lontana dall’interrompersi. Secondo i rapporti di Human Rights Watch sono stati colpiti interi centri abitati e anche strutture mediche e per l’assistenza degli sfollati.
Stando agli ultimi dati attendibili, forniti ad agosto dalle Nazioni Unite, i morti civili del conflitto sono oltre 1.900, in gran parte uccisi dagli attacchi aerei della coalizione a guida saudita, mentre gli obiettivi civili parzialmente o completamente distrutti sono oltre 200 in un paese che conta due città principali come Aden e Sana’a e ampie aree desertiche, e nel quale i collegamenti sono quindi di vitale importanza.
La commissione d’inchiesta potrebbe essere costituita già nel mese di settembre,e dovrebbe svolgere sin da subito indagini sui crimini di guerra, raccogliendo e archiviando tutte le prove e identificare i responsabili in vista di un regolare processo. L’obiettivo è possibile, anche perché sin da aprile l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, il giordano Zeid Ra’ad Al Hussein, aveva espresso grande preoccupazione per «gli attacchi indiscriminati e sproporzionati contro zone densamente popolate» e aveva sollecitato «indagini urgenti».
Tuttavia, il rischio è che sia troppo tardi, perché la situazione umanitaria continua a sprofondare: secondo la Croce Rossa, che intanto ha sospeso le proprie operazioni in Yemen in seguito a un attentato, otto persone su dieci hanno bisogno di assistenza. Nel rapporto si racconta che «il blocco imposto dalla coalizione a guida saudita nei confronti delle importazioni di cibo e carburante hanno avuto effetti devastanti su almeno metà della popolazione, particolarmente sui bambini. Inoltre, 15 milioni di persone non hanno accesso alle cure mediche e 20 milioni non hanno a disposizione acqua potabile. Di conseguenza, nel paese si stanno diffondendo diarree acute, febbre dengue e poliomielite».
Sono passati 12 mesi e la comunità internazionale non è riuscita a fare nulla, se non legittimare un nuovo conflitto armato. Una commissione d’inchiesta non risolverà il problema, ma potrebbe se non altro ricordare alle Nazioni Unite che un paese non può essere abbandonato in questo modo, distrutto dalle bombe e soffocato da presenze troppo ingombranti come quella saudita e quella iraniana. Insomma, sarebbe almeno una piccola luce nel buio dello Yemen.
Foto “Air strike in Sana’a 11-5-2015” by Ibrahem Qasim – Own work. Licensed under CC BY-SA 4.0 via Commons.
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