Un segno per credere?

Il capitolo di Giovanni (6, 22- 35), mostra aspetti importanti, ripetitivi all’epoca dei fatti che si rispecchiano ancora ai nostri giorni.

Credere in qualcosa o in qualcuno è sempre un atto impegnativo, infatti la folla in questo episodio, pretende delle garanzie, dei segni e rivolta a Gesù dice: “Quale segno tu fai perché vediamo e possiamo crederti?” Si aspettava una ripetizione del miracolo della manna, voleva un pane che venisse dal cielo, ma non un pane spirituale. Chi legge la Scrittura senza credere in Gesù, ne possiede solo la lettera, non la sostanza.

Ed è qui che l’ intervento di Cristo

“In verità, in verità vi dico” indica l’importanza di ciò che sta per dire… Le sue prime parole suonano come un rimprovero perché la gente vede in Gesù il Messia che ha in testa, il Messia che risolve la materialità della vita e ad essa basta e avanza.

Ancora oggi persiste questa visione di Dio: il Signore serve se risolve i nostri problemi di quaggiù. Dobbiamo cominciare a chiederci perché andiamo in chiesa, se per abitudine o per un incontro atteso e desiderato col Signore; rivedere il nostro rapporto con Lui e il nostro modo di pregare e scoprire sempre più, leggendo il Vangelo, il Suo vero Volto.

Le nostre richieste a volte potrebbero sembrare quasi un sacro accattonaggio. Dovremmo invece contemplarlo, adorarlo, farci amare, lasciarci incontrare… Nutrirsi del pane di vita, che è Cristo come sapienza di Dio, discesa dal cielo per sostenere il nostro cammino, come la manna nel deserto.

Questi due pani, doni di Dio, sono proprio il confronto che dobbiamo a noi stessi: la manna nel deserto e il pane che ora Dio dà, un pane “vero” che è sorgente di vita.

Vincenzo Lipari | Notiziecristiane.com

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