Un nuovo dramma per i rifugiati siriani in Libano: i loro figli “senza cittadinanza o diritti”

LIBANO_-_SIRIA_-_rifugiatiAgenzie Onu e Ong lanciano l’allarme: sempre più neonati di famiglie in fuga dalla guerra rischiano di rimanere apolidi. Il 70% dei 42mila bambini nati da genitori siriani dall’inizio del conflitto non è iscritto ad alcuna anagrafe. Ma il numero potrebbe essere di gran lunga superiore. Povertà e assenza di documenti aggravano il problema.

Beirut – Almeno 30mila bambini di famiglie siriane rifugiate in Libano a causa della guerra vivono in un limbo legale, perché non sono stati registrati da alcun governo e sono esposti al rischio – sempre più concreto – di una vita da apolidi e priva di ogni diritto di base. Si tratta di un problema che riguarda, a vario titolo, diverse nazioni in tutto il Medio oriente, dove più di 3,3 milioni di profughi siriani hanno trovato un rifugio sicuro, lontani da un conflitto sempre più controverso e sanguinario in patria. È quanto denunciano le organizzazioni non governative ed enti internazionali attivi sul territorio, fra cui il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef).

La vita di una persona senza nazionalità è una vita privata del diritti di cittadinanza, dei documenti di base e di una identità personale; senza un certificato di nascita, avvertono gli esperti, senza attestati o altri documenti equivalenti anche i diritti di base più elementari come quello di sposarsi, di andare a scuola o di trovare un lavoro diventano quasi impossibili.

Il mese scorso le Nazioni Unite hanno promosso una massiccia campagna, della durata di 10 anni, per cercare di contenere quanto più possibile il fenomeno dei profughi senza cittadinanza, un problema che riguarda almeno 10 milioni di persone in tutto il mondo. La guerra civile in Siria è uno dei punti più caldi su questo versante, con oltre tre milioni di persone che hanno abbandonato il Paese e cercato rifugio nelle nazioni dell’area.

Stime indicative riferiscono che circa il 70% dei 42mila bambini nati da genitori siriani dall’inizio della rivolta contro il presidente Bashar al-Assad, nel marzo 2011, non sono contemplati da alcun registro dell’anagrafe. E la cifra si riferisce solo agli 1,1 milioni di rifugiati riconosciuti e classificati dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhrc). Ma i funzionari libanesi parlano di almeno altri 500mila non registrati fra i siriani nel Paese e non si hanno numeri indicativi sui loro figli.

A ostacolare il processo di registrazione vi sono anche ostacoli concreti come la mancanza di denaro (l’iscrizione ai registri dell’anagrafe ha un costo non indifferente per i profughi, perlopiù indigenti), l’assenza di documenti e il poco tempo libero a disposizione per quanti hanno un lavoro. A questo si aggiunge l’impossibilità di regolarizzare la posizione se il parto avviene in presenza di un dottore o di una ostetrica non autorizzata, i quali non potranno rilasciare il certificato di nascita.

Dall’inizio della rivolta contro il presidente siriano Bashar al Assad, nel 2011, oltre 3,3 milioni di persone hanno abbandonato la Siria e altri 7,6 milioni sono sfollati interni. Almeno 200mila le vittime del conflitto, molte delle quali civili. Proprio nel contesto del conflitto siriano è emerso per la prima volta, nella primavera del 2013, in tutta la sua violenza e brutalità lo Stato islamico; da quel momento ha iniziato una rapida avanzata nei territori della regione, strappando ampie porzioni di territorio a Damasco e Baghdad e imponendo un vero e proprio regno del terrore.

Fonte: http://www.asianews.it/


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