Un Nobel per le donne

(ve) Denis Mukwege e Nadia Murad hanno entrambi contribuito in modo rilevante a richiamare l’attenzione di tutto il mondo su un tipo di crimini di guerra particolarmente odioso, quello che prevede la violenza sessuale e lo stupro delle donne. Con questa motivazione, la scelta del comitato del Nobel è caduta sul chirurgo congolese e sull’irachena vittima delle milizie dell’ISIS.

Il chirurgo delle donne
Il 63.enne Denis Mukwege si batte contro l’uso pianificato e sistematico della violenza sessuale come arma di guerra. È considerato a livello mondiale il maggior esperto di chirurgia ricostruttiva a seguito di lesioni interne dovute a violenza sessuale. Nel 1999 fondò la clinica Panzi a Bukavu. Da allora lui e la sua équipe hanno curato oltre 50.000 vittime. Le donne non ricevono soltanto assistenza medica, ma anche sostegno psicologico e consulenza giuridica.

Denis Mukwege, le docteur qui “répare” les femmes

Preghiera e cure mediche
Mukwege è cresciuto a Bukavu. Suo padre era pastore di una comunità pentecostale. Durante le visite ai membri malati della comunità Mukwege divenne consapevole dell’importanza di una migliore assistenza sanitaria nella regione. Fu questo a ispirarlo a diventare medico, come ha affermato alla dodicesima Assemblea generale della Federazione luterana mondiale (FLM), svoltasi in Namibia nel 2017. Aveva chiesto a suo padre: “Papà, tu preghi con i malati, ma perché non gli dai nessuna medicina?” Suo padre aveva risposto: “Perché non sono un medico”. Mukwege: “Quel giorno scoprii la mia vocazione”. Ottenne il sostegno della Missione pentecostale svedese: nel 1984 ricevette dall’opera una borsa di studio che gli permise di recarsi in Francia per specializzarsi in ginecologia presso l’Università di Angers.

Un Nobel per le donne

La voce dei senza voce
Nel suo discorso all’Assemblea generale della Federazione Luterana Mondiale (FLM) sul tema “Liberati dalla grazia di Dio”, Mukwege esortò i partecipanti a impegnarsi a favore dei diritti delle donne: “Che sia nello Yemen, in Iraq, in Siria o nel Burundi, la Chiesa dev’essere la voce dei muti, la voce di queste donne, che sono la fonte preziosa della sopravvivenza dell’umanità”. La fede cristiana sembra sempre più anacronistica e incapace di far fronte alle sfide attuali. Mukwege: “Non siamo qui per riscrivere la Bibbia e adattarla al mondo attuale, ma per riflettere sulla credibilità del Vangelo nel XXI secolo, per liberare la grazia che abbiamo ricevuto, facendo della chiesa una luce che risplenda in questo mondo di tenebre”. Essere liberato dalla grazia risveglia in lui la gioia. Ma comporta anche la responsabilità di impegnarsi per coloro che subiscono ingiustizie e maltrattamenti: “Come posso essere felice dal momento che so che in tutto il mondo ci sono migliaia di donne tenute in schiavitù sessuale? Il privilegio di essere ‘liberati dalla grazia di Dio’ ci costringe a batterci per le persone che nel mondo sono meno libere”. Nel 2008 Mukwege è stato insignito del Premio delle Nazioni Unite per i diritti umani e nel 2014 del Premio Sacharov. Quest’ultimo prende il nome dal dissidente russo e premio Nobel per la pace Andrej Sacharov (1921-1989).

Nadia’s Story

Una vittima dell’ISIS
La seconda persona insignita del premio Nobel per la pace 2018 è l’ambasciatrice straordinaria dell’ONU, Nadia Murad. La 25.enne, che nel 2014 venne schiavizzata e stuprata da combattenti della milizia terroristica “Stato islamico” (IS), vive nel Baden-Württemberg ed è impegnata nel perseguimento dei crimini dell’IS.
I cinque componenti della giuria norvegese che assegna il Premio Nobel hanno potuto scegliere tra 216 persone e 115 organizzazioni. Il premio è dotato dell’equivalente di 860.000 euro. Quello per la pace è l’unico premio Nobel che non viene assegnato a Stoccolma ma a Oslo, quest’anno il 10 dicembre. Lo scorso anno i cinque membri del comitato del Nobel hanno insignito del premio la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (ICAN). (da idea; trad. it. G. M. Schmitt)

Da: Voceevangelica.ch


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