Dopo circa 15 minuti che mi sembrarono un’eternità, vidi la testa di Paolo. Dai suoi occhi spalancati da uno sguardo atterrito, sembrava uscisse un disperato grido di aiuto. Un’esperienza estiva questa che non dimenticheremo mai.
Unito a mia moglie, nostra figlia Christa di 14 anni, Paolo (16) e Stefano (12), avevamo passato le nostre vacanze estive nel bacino di Arcachon. Con l’arrivo dell’alta marea questo pittoresco bacino forma un meraviglioso lago salato, di circa 50 chilometri, mentre la bassa marea che espone agli occhi dei turisti il fondo sabbioso, trasforma il tutto in un lugubre paesaggio lunare. A cinque chilometri da Arcachon, l’oceano Atlantico s’infrange su una bellissima spiaggia, imboccando poi il largo canale che immette le immense quantità di acqua nel bacino. E proprio su questa spiaggia che abbiamo passato le nostre vacanze balneari. Il nostro più bel divertimento era quello di entrare nell’oceano, ed avendo l’acqua all’altezza delle ginocchia, far fronte alle gigantesche onde (alte da 2 a 3 metri), che ad elevata velocità scivolavano verso la spiaggia. Coloro che non volevano farsi trascinare dalla massa spumeggiante, si tuffavano nell’onda uscendo poi alle sue spalle, dove l’acqua lambiva appena le ginocchia.
Spesso quando le onde si accavallavano l’una all’altra, non si aveva neanche il tempo di prendere una boccata d’aria, e naturalmente l’acqua che ingoiavamo era salata. Dopo aver goduto per sette giorni: mare, sabbia e sole, giunse il momento della nostra partenza. Il cielo era blu ed il mare meraviglioso come al solito. Non resistendo a quest’invitante atmosfera (erano le 13.00), decidemmo di bagnarci ancora una volta, ma per poco non divenne l’ultima volta.
Mia moglie non volle, preferì stare sulla calda sabbia, e ad essa si unirono anche Christa e Stefano. Paolo ed io giungemmo ben presto all’altezza delle prime onde. Era il 5 di Agosto, il tempo bellissimo, le onde gigantesche come mai, superavano i tre metri di altezza. Come sempre, decidemmo di tuffarci nell’onda, uscire dall’altra parte, e lasciarci poi lentamente trascinare a riva. Ma orrore, passata l’onda, una forza gigantesca ci trascinò verso il largo, verso la prossima onda. I nostri piedi non toccavano più terra, e ben presto ci trovammo nell’impossibilità di reagire contro le forze dell’oceano.
Le onde che inesorabilmente ci colpivano, ci dettavano uno stressante ritmo; ritmo che ci dava la sola possibilità di prendere brevissime boccate d’aria mescolate ad acqua salata. Mentre la paura crescendo paralizzava le forze, un pensiero mi assillava: “Paolo dove sei?” Dopo 15 minuti di lotta disperata per la sopravvivenza, a circa 10 metri di distanza, vidi uscire dall’acqua la testa di Paolo. Dai suoi occhi spalancati dal terrore, sembrava uscisse un disperato grido di aiuto. Fu questa una esperienza di pochi secondi, poi Paolo svanì sotto l’acqua, mentre il mio cuore sembrava si spezzasse dal dolore. Paolo, il mio Paolo, bisognava fare qualcosa. In quella triste condizione solo Dio avrebbe potuto aiutarci, ci aveva spesso aiutato nel passato, ci avrebbe aiutato anche in quell’occasione? Mi rivolsi a Lui nella mia completa disperazione, mentre l’acqua salata che mi bruciava le narici e la gola, si mescolava alle mie lacrime.
Come spinto da una forza soprannaturale, mi spinsi in un ultimo tentativo verso la cresta della nuova onda, e questa volta fui trascinato a riva. Sfinito e traballante per gli sforzi, con le lacrime agli occhi corsi in cerca di aiuto per Paolo. Incontrata mia moglie, feci appena in tempo a proferire il nome di Paolo ed a mostrare la spiaggia. Paolo, Paolo, dove sei, gridava il mio cuore e tutto il mio essere. Improvvisamente qualcuno mi abbracciò, a malapena tra le lacrime riconobbi Paolo; si Paolo era stato salvato. Il servizio di salvataggio ci aveva avvistati e subito mandato una équipe di sommozzatori, che legati l’uno all’altro erano venuti in nostro soccorso. Proprio all’ultimo istante, prima che Paolo sparisse per l’ultima volta sotto l’acqua, uno dei sommozzatori lo aveva avvistato, raggiuntolo con un immenso sforzo, era riuscito ad afferrarlo ed a trarlo in salvo. Solo pochi secondi di ritardo sarebbero stati fatali.
Grazie a Dio, ora eravamo di nuovo tutti insieme, la famiglia era al completo. Un miracolo questo, che non dimenticherò mai. Nella nostra disperata situazione, c’era Lui (Dio), che aveva ancora una volta preso cura di noi.
da: Amicib.org/
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