Le profondità dell’amore di Dio riflesso in tutta la nostra vita

images (11)L’OFFERTA GRADITA A DIO. “E GESU’, postosi a sedere dirimpetto alla cassa delle offerte, stava guardando come la gente gettava denaro nella cassa; e molti ricchi ne gettavano assai. E’ venuta una povera vedova, vi gettò due spiccioli, che fanno un quarto di soldo. E GESU’, chiamati a Sé i discepoli, disse loro: – In verità IO vi dico che questa povera vedova, ha gettato nella cassa delle offerte più di tutti gli altri, poiché gli altri hanno gettato del loro superfluo, ma costei, del suo necessario, vi ha gettato tutto ciò che possedeva” (Marco 12:41-44).

Nei versi citati, GESU’, mette a risalto due estremi del donare: Tutte le facoltà di una povera donna, ed il superfluo dei facoltosi. Certo né nell’uno, né nell’altro caso si può parlare di avarizia, anzi vi sono dalle manifestazioni di generosità. Ma dei due, gli occhi di GESU’ si posano, con grazia, su chi donando tutto delle proprie sostanze, si preoccupa più dell’opera di DIO, che il ritrovarsi a dura prova, intravedendo (essendo vedova e povera) un’avvenire di patimenti.

E se nel momento, che tutto si dà, niente resta; allora, necessariamente si dovrà dipendere e sperare, da qualcuno che possa prendersene cura.
Era l’atto di fede , che GESU’ vedeva in quella donna, non mirava certo ai due spiccioli. Vedeva in lei: il bisogno di partecipare all’opera di DIO e la certezza della Divina Provvidenza. Donare tutto a DIO, per dipendere tutto da DIO, era l’esperienza più reale di quella vedova. Essa reputò migliore cosa, restare senza risorse, che rinunciare di donare tutto a DIO. Ma dal quel momento tutta la SUA risorsa divenne DIO. Quale fonte di grazia inesauribile, nella sua semplicità, ella aveva aperto alla sua vita.

Tutta la volontà di quella donna era lì; lei non guardò le posizioni e le ricchezze degli altri, se la sua povertà l’aveva ridotta ad essere ultima nei conviti, ultima nelle sinagoghe, ultima fra tutti; e quel poco che ancora possedeva, per questa vita terrena, lo donava, restando ultima fra tutti, ma al primo posto nello sguardo di CRISTO. .L’atto del donare e di per se stesso, una predisposizione verso l’amore, se fatto senza interesse proprio e senza che alcun fine torni a se stessi. Qualcuno, allora, potrebbe dire che GESU’ non sopportava i ricchi. Non lo credo proprio. Infatti GESU’ aveva anche amici facoltosi: come l’apostolo Giovanni, Giuseppe d’Arimatea, Zaccheo, Lazzaro ed altri. I suoi apprezzamenti o le SUE denunce, sono per le condizioni interiori dell’uomo. Perchè EGLI esamina i cuori anche nelle piccole cose. Quello che DIO non ama è il superfluo, quella donazione che denuncia una disposizione di cuore fatta di avanzi, di ciò che resta….
tenendo fede e sicurezza, prima per se stessi. E questo vale sia per il ricco, quanto per il povero.

Come doniamo la nostra vita a DIO? Doneremo solo gli avanzi, i resti? Tenendo il meglio per se stessi; le ricchezze su cui il nostro cuore è poggiato? Ricchezze di una vita fatta di successi, apprezzamenti, stime, affari, simpatie, altezze sociali, amicizie brillanti, carriere e di tutto quello che può creare, anche inavvertitamente, “un regno a se stessi”. Oppure, vedendo le proprie povertà, guarderemo COLUI, che ci ha donato tutto di se stesso, su quella croce; inducendoci di trovare qualcosa. Qualcosa da donare al nostro SIGNORE, per sentirci partecipi dell’opera SUA. Magari le circostanze di questo mondo, hanno lasciato poco nella propria borsa (la propria vita). Saranno forse gli ultimi due spiccioli? Le ultime due riserve da considerare: “fede ed opere” (Giacomo 2:14) Fede nella preghiera e costanza nelle opere. Sicuramente un movimento poco sensazionale agli occhi degli altri, ma sarà un gran momento, quando entreremo nella considerazione di CRISTO, (come lo fu
per la vedova) quando il SUO sguardo incontrerà il nostro: per sostenerci, aiutarci e guidarci.

Quando GESU’ chiese una moneta, per rispondere intorno ai tributi da pagare a Cesare, (Marco 12:149) EGLI domandò: “di chi è questa effige” tutti risposero “di Cesare” allora EGLI disse: “rendete a Cesare quel che è di Cesare, e a DIO quel che è di DIO”. Ecco quel che rendeva quella povera vedova; non le monete, né l’effige…. ma a DIO quel che è di DIO, ovvero rendeva il proprio cuore e la propria vita. Una intenzione chiara dell’anima, una completa arresa e fiducia nel SIGNORE.

Chissà; magari nella sua povertà, nelle sue impossibilità, avrà pensato: “che renderò al mio SIGNORE? Come mostrerò la mia fede a LUI? Possibilità non ne ho, perché le circostanze me lo impediscono” Ma nel suo donare, ella varcò le soglie della speranza, per vivere di una fede attiva, perché in quel momento, non donò solo due spiccioli, ma anche la sua vita ed il suo cuore.

Questo fece si, che l’approvazione di GESU’ andasse a raggiungere quella vedova. Da quel momento, credo che essa, non si sia più sentita spaventata dal futuro. Come se avesse un marito ed un padre per i propri figli (Salmo 68:5). Sia la Chiesa, come vedova in questo mondo, dipendente solo da DIO, non da monete ed effigi (potenza e gloria terrene), rendendo ogni giorno a DIO quel che è di DIO. Se essa Chiesa avrà qualcosa in questo mondo, sarà per grazia di DIO, la renda dunque nel servizio a DIO, affinchè altra grazia, sgorghi in essa, come fiumi di acqua viva.

Se ogni nostra cosa sarà SUA, iniziando dalla nostra vita e dal nostro cuore, DIO ci farà partecipe delle SUE cose, secondo le promesse di CRISTO. Il nostro cuore sia tutto per LUI. Per non correre il rischio di essere superflui, per non correre il rischio di donare i doni di Caino. Siano le primizie di Abele, i nostri doni, come l’IDDIO PADRE, donò il meglio nel SUO diletto FIGLIUOLO: “la SUA primizia”.

Il nostro amore per DIO, sia degno del SUO amore che EGLI ha per noi. DIO, non merita forse tutto di noi? Il sacrificio di CRISTO sulla croce, sia l’oggetto dei nostri pensieri quotidiani; per scoprirne le profondità del SUO amore e rifletterlo in tutta la nostra vita, donandoci a DIO ogni giorno.

Isacco Provenzano – notiziecristiane.com

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