Tre domande a Stéphane Moissaing, coordinatore regionale di Medici senza frontiere MSF.L’immigrazione verso l’Europa non passa solo attraverso il Mediterraneo. E mentre l’attenzione dell’opinione pubblica viene attirata su Lampedusa e le coste libiche, importanti flussi di profughi attraversano la Bulgaria e la Macedonia e raggiungono la Serbia. Uno sguardo all’altra porta d’ingresso in Europa.
Quale tendenza constatate nelle ultime settimane?
Osserviamo un drammatico aumento degli arrivi. A Zajecar, nell’est della Serbia, 570 migranti si sono annunciati volontariamente alla polizia a gennaio e febbraio e oltre mille lo hanno fatto nel solo mese di marzo. Nella “giungla” di Subotica le nostre équipe incontrano 100 migranti al giorno dall’inizio della bella stagione, contro la metà di quest’inverno.
Ogni sera conto il numero delle persone accampate nel parco davanti alla stazione degli autobus di Belgrado e arrivo almeno a 200… Notiamo pure che ci sono sempre più donne e bambini, anche se gli uomini giovani restano la maggioranza.
Che origini hanno i migranti?
Hanno idee e speranze diverse, ma tutti vogliono raggiungere l’Europa. Provengono da Afghanistan, Pakistan, Iraq, Iran, Siria e da paesi dell’Africa o del Maghreb.
Alcuni sono alla ricerca di un rifugio per loro e la famiglia, la cui vita è in pericolo. Altri vogliono andare in un paese specifico in cui vivono già dei parenti, dove sanno che si trova una diaspora importante.
Quali sono i principali problemi sanitari?
Prima di tutto problemi di igiene. Per arrivare in Serbia la maggior parte dei migranti ha effettuato una marcia forzata di una decina di giorni attraverso la Bulgaria o la Macedonia. Soffrono a causa di numerose ferite, di vesciche, di indolenzimenti, ma hanno prima di tutto bisogno di una doccia, di un buon pasto e di riposo. Tuttavia constatiamo sempre di più la presenza di patologie gravi; alcuni soffrono di cancro, mentre molti di loro sono stati vittime di violenze, soprattutto in Macedonia, dove delle vere e proprie bande aggrediscono e taglieggiano i piccoli gruppi in cammino. Abbiamo appena visitato un migrante che sta per perdere un occhio a causa dei colpi ricevuti mentre attraversava il paese.
Questa situazione è tanto più drammatica in quanto il flusso che passa attraverso la Macedonia e la Serbia non smetterà di aumentare nei prossimi mesi, soprattutto se l’Unione europea intensifica le sue politiche di controllo nel Mediterraneo. È il fenomeno dei vasi comunicanti: se una strada si chiude bisogna trovarne un’altra. Adesso anche il passaggio attraverso la Bulgaria diventa difficile a causa del muro antimigranti creato lungo la frontiera con la Turchia. Resta dunque il passaggio attraverso la Macedonia. Sarebbe ora che l’UE la facesse finita con il suo discorso ipocrita e che capisse che gli approcci puramente repressivi non risolvono nulla e mettesse finalmente in atto delle politiche adattate alla drammatica realtà sul campo. (intervista a cura di Jean-Arnault Dérens e Laurent Geslin; da Réforme; trad. it. G.M.Schmitt/voceevangelica.ch)
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