Izmir – Tra le nuove, esorbitanti accuse rivolte contro il pastore evangelico statunitense Andrew Craig Brunson, messo sotto processo dalle autorità giudiziarie turche per presunte connivenze con reti e forze accusate di atti terroristici e trame sovversive contro la Turchia, è spuntata anche quella di prefigurare la nascita di un fantomatico “Stato curdo cristiano” destinato a occupare anche parte del territorio turco. A rivolgere tale accusa contro Brunson, alla ripresa del processo che lo vede imputato presso il tribunale di Izmir, è stato un testimone segreto indicato con il nome in codice “Serhat”, ascoltato dai giudici durante l’ultima udienza processuale. Secondo quanto riportato da diversi media turchi, il nuovo testimone ha sostenuto che il pastore statunitense avrebbe fatto riferimento a preparativi di guerra per favorire l’instaurazione di un nuovo Stato curdo-cristiano nel prossimo futuro.
La nuova accusa si va ad aggiungere alle altre imputazioni già rivolte contro il pastore statunitense, la cui vicenda è entrata a pieno titolo nella lista delle questioni che negli ultimi tempi hanno fatto crescere la tensione tra governo turco e amministrazione USA.
Brunson è detenuto in Turchia con l’accusa di connivenza con Hizmet, l’organizzazione del predicatore islamico turco Fetullah Gulen, indicato da Ankara come l’ispiratore del fallito golpe del 15 luglio 2016. Nel corso del tempo la lista delle imputazioni rivolte contro di lui è andata lievitando, fino a comprendere anche l’accusa di fiancheggiamento nei confronti del Partito dei lavoratori del Kurdistan( PKK), considerato come “organizzazione terroristica” sia dalla Turchia che dagli USA.
Andrew Craig Brunson, responsabile della chiesa evangelica della Resurrezione a Izmir (Smirne Diriliş Kilisesi), era stato convocato dall’ufficio turco dell’immigrazione nell’ottobre 2016, insieme alla moglie, Lyn Norine (vedi Fides 11/4/2018). Alla coppia era stato inizialmente comunicato l’obbligo di lasciare la Turchia, giustificando tale misura con l’accusa vaga di aver ricevuto fondi dall’estero per finanziare iniziative missionarie e di aver messo a rischio la sicurezza del Paese con le loro attività. Successivamente la stampa turca ha riferito che per il pastore evangelico il decreto di espulsione si era trasformato in arresto, dopo che un testimone segreto lo aveva accusato di appartenere al cosiddetto FETO (acronimo turco di “Organizzazione terroristica Fethullahnista”, definizione con cui gli organi turchi filo-governativi indicano la rete di Gulen). In carcere, Brunson aveva ricevuto le visite di alti esponenti dell’ambasciata USA in Turchia, e anche il Presidente USA Donald Trump aveva richiesto la liberazione del pastore evangelico durante l’incontro avuto nel maggio 2017 alla Casa Bianca con il Presidente turco Erdogan. Lo scorso agosto, dopo l’intervento di Trump, Brunson era stato accusato di crimini ancora più gravi di quelli a lui attribuiti in passato, ed era stato trasferito in un carcere di massima sicurezza, dove sono detenuti alcuni accusati di essere tra i massimi responsabili del fallito golpe del 2016. Poi, lo scorso 28 settembre, lo stesso Erdogan si era dichiarato disposto a liberare il pastore evangelico USA solo se in cambio le autorità statunitensi consegneranno alla Turchia Fethullah Gulen, esule negli USA dal 1999.
Il processo a Brunson, per il quale l’accusa chiede la condanna a 36 anni di prigione, è ripreso nei giorni scorsi, dopo che la prima seduta si era svolta lo scorso 16 aprile. In quell’occasione, dopo una sessione di 13 ore disseminata di video-testimonianze rese da misteriosi “testimoni segreti” – le cui voci talvolta venivano camuffate quasi al punto di risultare indecifrabili -, la corte ha aggiornato la procedura processuale, rinviandola di tre settimane. Alle udienze, il pastore Brunson – attualmente detenuto in un carcere di massima sicurezza, dove sono incarcerati anche alcuni accusati di essere tra i massimi responsabili del fallito golpe del 2016 – e apparso molto dimagrito. (GV) (Agenzia Fides 9/5/2018).
Da: Asianews.it
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