TURCHIA: DISSIDENTI CURDI E IRANIANI RISCHIANO L’ESTRADIZIONE

In questi primi giorni del 2024 nuvole oscure si addensano su molti dissidenti curdi e iraniani (militanti politici, esponenti della società civile…) che si erano illusi di trovare rifugio in Turchia. Rischiano infatti di venire espulsim o – peggio – direttamente e forzatamente estradati nella Repubblica Islamica.

Questa spada di Damocle al momento sovrasta il futuro soprattutto di alcuni oppositori: Amir Kahrizi, Abdollah Sabz, Nasser Kamangar, Gholamreza Khajavi, Shogar Mohammadi, Hossein Menbari, Arezoo Molanaei, Ali Gholilou (Qoliloo), Zanyar Aziznejad, Mahshid Nazemi e Sasan Rezaei.

Esprimendo preoccupazione per la loro sorte qualora venissero consegnati a Teheran, Hadi Ghaemi, direttore del Centro per i diritti umani in Iran (CHRI), ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché non vengano riportati sotto la minaccia di un regime noto per il suo scarso rispetto dei diritti umani e per un sistema giudiziario quanto meno poco imparziale nei confronti degli oppositori.
In Iran queste persone corrono il rischio – concreto – di venir sottoposte a tortura e a condanne arbitrarie, farlocche, in nome della “sicurezza nazionale”:

A suo avviso “il governo turco dovrebbe sospendere con tali espulsioni” e – inoltre – “l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (HCR) e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (HCDH) dovrebbero proteggerli”.

Stando alle informazioni in possesso del CHRI un dissidente,  Shahriar Baratinia, sarebbe già stato espulso e sottoposto a un processo poco regolare (“opaco”) con giudici subalterni alle direttive dei Servizi. Con accuse costruite ad arte in base ad alcuni messaggi pubblicati dall’accusato su Innstagram con cui criticava in maniera pacata (“pacifica”) le politiche del governo iraniano.

Molto probabilmente gli appelli del CHRI (così come la richiesta di scarcerazione immediata per Shahriar Baratinia rivolta alle autorità iraniane), sono destinati a cadere nel vuoto.
Soprattutto quelli al governo turco. Appare evidente che sia Ankara che Teheran mettono regolarmente da parte i loro contenziosi quando si tratta di reprimere la dissidenza, quella curda in particolare.

Gianni Sartori

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