Perfino dittatori sanguinari come Francisco Franco (o in Italia, terroristi e stragisti) hanno avuto l’estremo conforto (o meglio: lo hanno avuto i loro familiari) di funerali religiosi.
Ma anche per i ribelli di sinistra (nonostante la scomunica vaticana del dopoguerra per chi votava PCI) in genere si è chiuso un occhio. Ma in Turchia evidente vogliono strafare.
Per Bahoz Mijînî (Mücahit Tok), frettolosamente sepolto in questi giorni nel cimitero di Silopi, nemmeno la concessione di una preghiera recitata dall’iman sulla tomba.
Una conferma che lo stato turco non lascia in pace nemmeno i morti. Perlomeno quando si tratta di curdi ribelli. Così come non perde occasione per umiliarne i familiari.
Caduto da guerrigliero il 4 luglio 2022 nella regione di Kato Jîrka, a Sirnak, in una regione del Nord-Kurdistan (Bakur, entro i confini della Turchia), il giovane curdo veniva qui sepolto anonimamente dalle autorità.
Soltanto dopo cinque mesi e lunghe procedure (tra cui l’indispensabile analisi del DNA per il riconoscimento) il cadavere è stato riesumato e restituito alla famiglia.
Ma questo evidentemente non bastava. Nel giorno del funerale il cimitero di Silopi (provincia di Sirnak) veniva occupato militarmente, letteralmente circondato. E la polizia ha consentito l’accesso soltanto a pochissimi familiari stretti.
Veniva inoltre impedito qualsiasi rituale religioso, perfino la lettura di una semplice preghiera. Tutta l’operazione di sepoltura si è quindi svolta in un assoluto e spettrale silenzio e subito dopo la famiglia ha dovuto lasciare in fretta il cimitero.
Gianni Sartori
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