Una nuova costituzione in cui non vi è posto per la sharia. L’islam rimane religione di Stato, ma sulla carta non è più fonte di legge. Si apre forse una nuova stagione di abbandono dei radicalismi?
Tre anni dopo la cosiddetta Primavera Araba iniziata in Tunisia, l’Assemblea Costituente tunisina sta per ratificare la nuova costituzione che sembra rifiutare l’islam come “fonte principale della legge”, ma al contempo afferma che un dovere dello Stato è quello di “proteggere ciò che è sacro”. La nuova costituzione, che ha richiesto 2 anni di lavori e il passaggio attraverso il fuoco incrociato di minacce e pressioni per i costituenti, arriva dopo 3 anni dalla caduta del presidente Ben Ali, ma soprattutto a poco più di tre anni dal gesto estremo del venditore ambulante Mohamed Bouazizi che si diede fuoco in seguito a maltrattamenti da parte della polizia, gesto che servì da scintilla per l’intero moto di rivolta poi tramutatosi nella “Rivoluzione dei gelsomini” in Tunisia ed esploso nella Primavera araba in tutto il Medio Oriente.
Sin dall’inizio la questione di come lo Stato dovesse proteggere ciò che è sacro ha causato controversie tra Ennahda, il partito moderato islamico salito al potere con le elezioni dopo la caduta di Ben Ali, e l’ampia opposizione secolare. Ebbene, non vi è posto per la sharia nella nuova costituzione, il che per le minoranze in Tunisia, e quindi per i cristiani, è una notizia eccezionale. L’articolo 6 “proibisce ogni forma di accusa di apostasia e incitamento alla violenza”, mentre gli insegnamenti del Corano e del Profeta Maometto non sono considerati come “fonti della legge” dello Stato. Esattamente come deve proteggere ciò che è sacro, nella nuova costituzione lo Stato è il “garante della religione” e della “libertà di coscienza”. In ogni caso, l’articolo 1e (che non può essere emendato) specifica che l’islam è la “religione di Stato”.
C’è chi comunque considera confusa questa serie di affermazioni costituzionali perché comunque possono “portare l’amministrazione a pericolose interpretazioni della cittadinanza e della libertà”, affermano i membri della Tunisian League of Human Rights, preoccupati dell’applicazione pratica di queste norme. La costituzione appare comunque più aperta al rispetto dei diritti umani, civili e delle donne, il che offre una controtendenza nel mondo arabo che potrebbe influenzare altri paesi islamici.
La Tunisia, che nella nuova WWList occupa il 30° posto, è stata storicamente influenzata da molte culture. Con una popolazione di 11 milioni circa di abitanti, il paese ospita tra i 25.000 e i 30.000 cristiani, composti da una grossa fetta di credenti da altre nazioni e un piccolo gruppo di cristiani nativi della Tunisia. Rispetto all’anno precedente la Tunisia ha visto aumentare il proprio punteggio nella WWList a causa dell’estremismo islamico e della forte pressione a livello familiare e sociale a cui tuttora sono sottoposti coloro che dall’islam si convertono al cristianesimo.
Forse con questa nuova costituzione si apre una nuova stagione di abbandono dei radicalismi religiosi? Se fosse così, comunque il cammino verso un’applicazione pratica di queste istanze democratiche è ancora lungo. Per i cristiani dunque questa nuova costituzione appare come una notizia positiva: ora stiamo a vedere cosa realmente cambierà nella società civile.