Ma può bastarci questa spiegazione? No, c’è qualcosa nel nostro cuore che si ribella, perché se fosse soltanto così vorrebbe dire che il senso della nostra vita, le ragioni per vivere, dipendono soltanto dalle circostanze. Non intendiamo assolutamente giudicare le vittime di questa tragedia: Dio solo sa cosa significhi ritrovarsi nella miseria, sentire venir meno quella dignità costruita in tanti anni di duro e onesto lavoro, provare la vergogna di dover chiedere un aiuto economico per continuare a sopravvivere.
E’ facile cedere alla tentazione di farla finita. E non ci sono giustificazioni, per uno Stato che depreda i suoi cittadini, che li tratta da sudditi e ladri presunti, sempre costretti a dimostrare la propria correttezza. E nel frattempo spreca scandalosamente risorse per mantenere una macchina burocratica terribilmente inefficiente.
No, nessuna giustificazione per questo, chi mette altri in situazione di tentazione e pericolo è già responsabile. E però questo da solo non basta a spiegare il suicidio di tre onesti cittadini. Il punto è che quando tante sicurezze vengono a mancare – i soldi, la salute, la famiglia – lì si vede su cosa abbiamo poggiato la nostra vita, in cosa confidiamo veramente. Se siamo schiavi delle circostanze, dei nostri progetti, o se la nostra vita è più grande di tutto questo. Se la causa ultima del suicidio è la crisi economica, o in generale la circostanza negativa, vuol dire che il valore della nostra vita dipende da come vanno le cose, in fondo dipende dal potere che stabilisce cosa ha valore e cosa no. Allora è ammettere che siamo schiavi: delle circostanze, dei nostri progetti, del nostro limite, dello Stato.
Ecco perché a questo, accanto alla compassione per le tre vittime, sentiamo un moto di ribellione interiore. Ridurre tutto alla questione economica è l’ultimo torto che faremmo a queste povere vite interrotte, ma anche a noi.
Quando non ci sono problemi psichici, il suicidio è sempre per mancanza di senso, per la mancanza di fede in chi ieri ti ha dato la vita e che domani ti darà la vita eterna. Certo, probabilmente non ci fosse stata la crisi economica, non sarebbe successo, chi lo può dire. Ma ancora di più: se Romeo, Annamaria e Giuseppe avessero avuto una compagnia umana al loro fianco, che gli avrebbe parlato di Cristo e testimoniato l’esperienza personale con Cristo Gesù, fratelli e sorelle che avessero condiviso nel bisogno la loro vita, non solo probabilmente non sarebbe successo nulla, ma avrebbero potuto vivere con gioia sia nella povertà sia nella sicurezza economica.
Risolvere i problemi economici è urgente e necessario, ma ancora più urgente è necessaria è un’amicizia che ci faccia sperimentare il significato più vero della nostra vita, che ci faccia sentire amati. E’ il bisogno più vero e profondo che abbiamo noi tutti, di cui il bisogno materiale è solo un segno.
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