Il tema più attuale e scottante all’ordine del giorno che sta coinvolgendo la società secolarizzata infiammando le reazioni di tanti, dividendo l’opinione pubblica e creando una spaccatura tra vari enti e organismi è il passaggio del decreto-legge al Governo del “Ddl” o “Buona Scuola” (Art. 5, comma 2 del 14 agosto, n.93) che prevede l’insegnamento del “genere-gender” nelle scuole in riferimento al testo dell’ODG che impegna il Governo nell’applicazione del comma 16, Art. 1.
Questo progetto di riforma della scuola, attraverso l’insegnamento della “parità di genere”, mira ad assicurare “l’attuazione dei principi di pari opportunità” e consiste nell’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di ogni forma di discriminazione nei confronti dell’omosessualità. Tutte tematiche indicate dal piano di legge del 15 ottobre 2013, n.119 che vuole sensibilizzare l’attuale società contro la violenza nei confronti delle donne e contro la discriminazione del “genere”, assicurando così l’attuazione dei principi delle pari opportunità e promuovendo l’educazione alla parità tra i sessi.
Comprendiamo meglio di che tipo di “genere” si sta parlando qui.
E’ evidente che non si fa riferimento al “sesso naturale e biologico” che lo vede addirittura come una costrizione, qui si sta parlando invece dei “ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti” (Convenzione di Istanbul, legge n.119 del 2013). E’ chiaro che si entra nell’ambito del “gender-studies” secondo il quale il sesso non è quello naturale e biologico ma bensì quello che l’individuo sente come forma di appartenenza. Se tutto questo risulta inaccettabile a tanti, la situazione non si è fermata qui perché è subentrato anche il Piano di azione straordinario (Art. 5, comma 2 del Ddl) “contro la violenza sessuale e di genere” che va addirittura oltre perché attribuisce come obbiettivo prioritario anche quello di educare al “superamento degli stereotipi che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il significato dell’essere donna o uomini attraverso la pratica educativa del “genere-gender”.
In parole più concrete ognuno sceglie di essere “femmina” o “maschio” non in base al proprio sesso naturale e biologico ma bensì in base a come si sente di “appartenere”.
Se già viviamo in una società a dir poco confusa a motivo, anche, sia della “crisi spirituale” che della “crisi economica”; con la “crisi di genere” sicuramente la situazione confusionale non migliorerà ma tenderà a peggiorare ecco perché si deve porre un rimedio immediato a tale questione e principalmente perché va a minare l’interesse della “famiglia tradizionale” che non può e non deve cadere nel contesto di molteplicità, infatti sia la Bibbia che l’articolo 29 della Costituzione italiana dichiarano che : “La famiglia ha come nucleo familiare il matrimonio di un uomo e di una donna che si uniscono volontariamente e pubblicamente in vista di un progetto condiviso e all’insegna della solidarietà e della fedeltà” ciò significa che la famiglia è fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.
Si invita ogni singola persona appartenente anche alla categoria dei ministri e del Governo, così come pure i singoli cittadini di ogni etnia e classe sociale a voler riflettere seriamente su questa tematica e vogliamo richiamare l’attenzione sul “genere antropologico” che implica la differenza tra i due sessi che hanno dei profili ben delineati perché sia il genere “femminile” che quello “maschile” sono stati creati secondo un ordine ben definito dove entrambi hanno delle caratteristiche e dei ruoli differenti che sono importanti e fondamentali per completarsi a vicenda. Dato che la solitudine contrasta con la natura con la quale è stato creato l’uomo, insieme alla donna la vita umana raggiunge la sua pienezza attraverso la comunione con l’altro sesso. Questa presa di coscienza ci deve aiutare a riflettere sul fondamentale concetto che è evidente il contrasto con : l’omosessualità, con la prostituzione sia femminile che maschile, con l’erotismo frenetico dei giorni nostri e con il pensiero sostenuto dalla legge Ddl che include la Convenzione di Istanbul e il Piano di azione straordinaria. Possiamo affermare che entrambi non sono compatibili con la presa di coscienza di se stessi e mirano solo a cancellare la personalità individuale e l’ordine di “genere antropologico” che sottolinea la “differenziazione sessuale”. Da questo contesto si comprende la perversità del pensiero “gender” che esprime “l’ideale della solitudine” e rifiuta il riferimento indispensabile all’antropologia.
Luisa Lanzarotta, Marco Lanzarotta, Donald Zoukou Mangou
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