Il più antico manoscritto del Pentateuco è stato definitivamente individuato e si trova nella “nostra” biblioteca di bologna.
La scoperta è attribuibile al professore Perani Mauro, che ha condotto una ricerca approfondita sul più antico manoscritto completo della Torah che addirittura sembra essere autografo di Esdra. Alla mano del profeta lo attribuiva infatti una scritta, cucita a metà del documento, secondo la quale il rotolo era stato regalato dagli Ebrei ad Aimerico Giliani da Piacenza, maestro generale dell’Ordine domenicano dal 1304 al 1311.
È solo a partire dal XVI secolo, però, che il rotolo diventa un’attrazione per tutti i viaggiatori e gli studiosi stranieri che approdano a Bologna, dal re di Francia Francesco I al gesuita belga Andreas Schott, dall’erudito spagnolo Benito Arias Montano al paleografo francese Bernard de Montfaucon, che del rotulo dette una dettagliatissima descrizione e che riportò per esteso nel suo Diarium italicum l’iscrizione bilingue (latina ed ebraica) che attribuiva ad Esdra la scrittura del testo.
Nonostante fra Sei e Settecento venne messa in dubbio l’autografia di Esdra, il manoscritto continuò ad essere annoverato fra i testimoni più antichi del Pentateuco, tanto che all’arrivo delle truppe napoleoniche fu inserito fra i cimeli più interessanti da requisire e trasportare a Parigi. Tornato integro dalla Francia nel 1815, il rotulo – che a questo punto non conservava più la scritta relativa alla donazione da parte degli Ebrei, come documentato presso l’Archivio nazionale francese – venne depositato e conservato presso l’allora Biblioteca Pontificia, oggi Biblioteca Universitaria, insieme ad altri manoscritti provenienti dalle corporazioni religiose soppresse. Sarà proprio la mancanza della scritta a dare origine, nel corso del XIX secolo, ad un equivoco che si è protratto fino ad oggi, rendendo così difficile risalire alla provenienza del rotulo. Il famoso autografo di Esdra appartenuto ai Domenicani venne infatti identificato con un altro rotulo ebraico del Pentateuco, conservato anch’esso presso la stessa Biblioteca Universitaria e mutilo della prima metà: proprio con questa mutilazione, che nella seconda metà dell’Ottocento fu attribuita alla requisizione napoleonica, si poteva spiegare l’assenza della scritta che secondo Montfaucon si trovava a metà del volume. In realtà questo secondo rotulo era stato donato nel Settecento alla Biblioteca dell’Istituto delle Scienze, oggi Universitaria, da papa Lambertini: il manoscritto, che si presentava all’epoca già mutilo della prima metà del testo, in seguito non si era mai allontanato dalla Biblioteca. Il rotulo integro un tempo appartenuto al convento di S. Domenico rimaneva invece dimenticato e perdeva a tal punto la sua identità così da essere ritenuto, secondo la catalogazione fatta da Leonello Modona nel 1889, un manoscritto della Torah di scarso pregio scritto in modo goffo nel XVII secolo: la recente ricatalogazione e le incontrovertibili analisi al Carbonio 14 gli hanno restituito l’antichità e il valore che gli competono, mentre la “lente” del bibliotecario ha ripercorso all’indietro la vicenda di questo importantissimo manoscritto, risolvendo l’enigma dovuto a un vero e proprio scambio di documenti. E’ stato così restituito alla città di Bologna un tesoro che per secoli ha costituito un’attrazione per i turisti e gli studiosi di tutta Europa.
Nel periodo successivo al riconoscimento dell’antichità della Torah della Biblioteca Universitaria di Bologna, ovvero da maggio del 2013, non solo il rotulo è stato attentamente studiato dai bibliotecari che lo custodiscono, ma è stato oggetto di numerose ulteriori analisi e interventi, tutti offerti gratuitamente dalle aziende che fanno capo all’Associazione ONLUS SOS Archivi e biblioteche.
La Frati & Livi l’ha accuratamente restaurata e ha predisposto un nuovo contenitore in cui il manoscritto della Torah sarà conservato; la Biores art ha effettuato una serie di analisi microbiologiche che hanno sostanzialmente confermato le buone condizioni di conservazione del rotulo; e laCTS ha eseguito una serie di analisi e test immuno-enzimatici sulla pelle e gli inchiostri che hanno confermato le descrizioni dei paleografi del ‘700: la pelle della Torah è di vitello e non di agnello e l’inchiostro è costituito da particelle carboniose, quindi è al carbone e non di galla. L’azienda Tabularasa ha eseguito la digitalizzazione del rotulo che potrà essere consultato, per il momento solo in Biblioteca, in modalità touchscreen. Infine la generosità della famiglia Ottolenghi ha permesso alla BUB l’acquisto di una bella vetrina dotata di tutti i sistemi di ottimale conservazione e sicurezza, nella quale finalmente il Rotulo 2 potrà essere esposto al pubblico.
Tratto da UNIBO
Gabriele Paolini | notiziecristiane.com
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