Mi chiamo Aurelio, sono nato a Palermo e sono cresciuto in una famiglia di tradizione cattolica, in seno alla quale ho imparato una buona educazione, il rispetto (anche se a distanza) per Dio, per il prossimo e per me stesso. Non ho avuto una vita difficile fatta di droghe, di alcool o di altro, e sono stato una di quelle persone, di cui spesso si dice con una certa facilità: “E’ un bravo ragazzo”. Fin da bambino, anche se non amavo molto le compagnie di coetanei che tendevano a fare del male agli altri, ho combinato delle marachelle, pur tuttavia non sono mai andato al di là di certi limiti consentiti da quello che si può considerare un’infanzia normale. Apparentemente non mi mancava niente, anche se i miei genitori non potevano permettersi grandi cose, ma, sia io che i miei fratelli, ci accontentavamo di quello che avevamo, e quello che non potevamo avere per ovvie ragioni, potevamo solo desiderarlo.
Però, dentro di me c’era un grande vuoto, anche se non ne ero consapevole; ero incompleto, ma cercavo di vivere la mia vita nella maniera più normale possibile. La domenica andavo in chiesa solo “per levarmi il pensiero”, perché così ero abituato a dire ed a fare. Un giorno, una mia compagna di scuola (che grazie a Dio è tutt’ora una sorella in Cristo) mi parlò di Gesù, mi regalò una Bibbia e mi invitò ad un culto evangelico. Andai a quel culto insieme ad un altro compagno di scuola, ma il nostro fu un tentativo andato a vuoto di conoscere qualche ragazza. Quando entrai in quella chiesa, mi sono sentito un pesce fuori dall’acqua, perché ero abituato al silenzio assoluto e, oserei dire, al “mortorio” delle chiese cattoliche, così il modo di pregare degli Evangelici mi disturbò, e per di più mi sembrava una esagerazione. Non approfittai del fatto che Gesù mi chiamava a sé e non ascoltai per niente i consigli che mi aveva dato quella sorella; infatti, anziché leggere la Bibbia, la misi da parte per diverso tempo. Fu proprio qualche giorno prima che mi arrivasse la lettera di assunzione del mio nuovo lavoro, che il Signore ha iniziato a preparare per me qualche cosa di bello e di inaspettato.
Conobbi una ragazza, (che è poi diventata mia moglie) la sorella in Cristo Ada, la quale da piccolina aveva frequentato proprio quella Comunità evangelica di cui parlavo prima, ma per questioni legate alla sua famiglia, venne a mancare per lei la possibilità di continuare a frequentarla. Ricordo che quando Ada iniziò a parlarmi di Gesù, mi fece una domanda: “Secondo te è giusto che i neonati siano battezzati?”. Per me non era mai stato giusto che i bambini venissero battezzati: sono delle creature innocenti che non possono neanche parlare e quindi non potevano commettere alcun peccato. Risposi con naturalezza e con prontezza di no; però da quel momento, e non saprei spiegarmi perché, ho avuto paura che lei potesse farmi entrare in qualche discussione o in qualche situazione che era più grande di me, e per quel giorno non volli più parlare di argomenti che riguardavano la religione.
Allora non avevo la più pallida idea dove voleva arrivare Ada, ma ora comprendo che, da quel giorno, aveva il desiderio che io diventassi un credente. Con il suo parlare dolcissimo, mi diceva che Gesù aveva per me un amore particolare. Ada mi parlava spesso della Parola di Dio, ed io ne rimanevo incantato, perché non avevo mai sentito parlare nessuno in quel modo, ed ero un po invidioso di lei. Pensavo che io non ero neanche degno di proferire quelle parole, perché mi sentivo (infatti lo ero) troppo lontano da Dio. In quel periodo Ada ricominciò a frequentare la Chiesa evangelica e, anche se mi piaceva stare con lei, io ogni domenica l’accompagnavo e poi andavo via.
Fu un periodo in cui caddi in una profonda crisi esistenziale; mi sentivo confuso e mi trovai di fronte ad un importantissimo bivio dal quale partivano due strade completamente differenti tra loro: da una parte c’era una religione formale, solo esteticamente perfetta dove chi l’avrebbe palesemente abbandonata era considerato come uno sbandato, uno “fuori di cervello”; una religione condita di tradizioni, che bene o male avevo sempre rispettato e anche di cosiddetti “dogmi della fede” che dovevano essere osservati anche se erano sbagliati; dall’altra parte c’era un modo diverso di accostarsi a Dio, che includeva soprattutto l’osservanza della lettura giornaliera della Bibbia in maniera scrupolosa e, la cosa più invitante, la gioia.
Vedevo che Ada, tutte le volte che usciva dalla Comunità, era felice e sorridente; mi diceva che aveva tanta gioia nel cuore, perché aveva pregato, cantato, ascoltato e quindi partecipato attivamente al culto insieme a tante altre persone. Così, nel mio cuore da un lato c’era il problema di poter lasciare in asso qualcosa che fino a quell’età non mi aveva per nulla soddisfatto, da un altro lato c’era la curiosità di scoprire fino in fondo come scaturiva nel cuore di Ada quella gioia, visibile anche ad un occhio disattento. Tutto questo era un bel problema per me! Che dovevo fare? Cosa dovevo scegliere? Le tradizioni o la Parola di Dio? Il Papa o Gesù? Le grandi cattedrali adornate d’oro, dove c’era un gran silenzio, anche quando nelle funzioni religiose il prete diceva: “…Preghiamo…”; oppure un locale, piuttosto umile, dove ognuno poteva lodare liberamente il Signore nella preghiera e nella testimonianza personale? Questo era il mio insistente e lacerante dilemma… che ben presto il Signore ha risolto!
La domenica successiva, il desiderio che avevo di sperimentare il Signore nel cuore era così forte che manifestai ad Ada le mie intenzioni di partecipare al culto domenicale. Da quella domenica in poi, iniziai a frequentare regolarmente la Comunità… inizialmente però soltanto la domenica. Durante le predicazioni non facevo altro che piangere, perché le parole che venivano pronunciate dal pulpito, mi toccavano in maniera profonda e mi chiedevo come mai avevo perso tanto tempo! Ricordo che allora il Signore fece un’opera meravigliosa in me. Avevo infatti un forte mal di testa che mi perseguitava spesso per una sinusite accertata.
Così, in quella condizione, chiedevo al Signore di farmi un Suo figliolo. Egli ascoltò la mia preghiera: mi fece un Suo figliolo e mi guarì anche dalla sinusite! Inoltre, puntualmente ad ogni inverno mi spuntavano i geloni alle mani ed ai piedi, ed il Signore mi ha tolto pure quelli. Il Signore mi ha fatto un uomo nuovo ed ha messo dentro di me il desiderio di conoscerlo, amarlo e servirlo. Mi pentii di avere messo da parte per tanto tempo la Bibbia regalatami dalla sorella, incominciai a leggerla e lo Spirito Santo mi aprì gli occhi della fede e il cuore. Costatavo sempre di più che tutto quello che mi diceva Ada, e tutto quello che il pastore diceva dal pulpito,erano parole vere, parole sante che davano vita al mio cuore e speranza alla mia anima. Soltanto ora potevo scoprire che Gesù ha dato la sua vita sul duro legno della croce, per pagare i miei peccati; solo ora potevo sapere che Maria e i santi devono essere per noi degli esempi di persone pie, ma non vanno né pregati, né adorati, né venerati, perché Dio è un Dio geloso ed ogni richiesta o preghiera deve essere rivolta soltanto a Lui, solo ed esclusivamente nel nome di Gesù; solo ora potevo comprendere che tra Dio e l’uomo vi è un solo mediatore: Gesù Cristo. Avevo tanto bisogno di sentire parlare dell’amore di Dio che rimuove ogni ostacolo e supera ogni barriera ed ogni difficoltà, che mette chiarezza anche dove le tenebre sono fitte, ma dovevo anche sapere che chi vuole amare e servire il Signore, prima o poi avrà delle difficoltà… e questo lo costatai sulla mia pelle.
Volevo trasmettere ai miei familiari la gioia che avevo nel cuore, ma non sapevo da dove e come cominciare. Un giorno, temendo la reazione dei miei genitori, con la voce tremante dissi a mia madre: “Sai mamma, frequento una chiesa… ma dovresti sentire le belle parole che vengono dette dal pulpito… però in questa chiesa non ci sono preti…”; e mia madre: “Ci sono monaci?”. “No”, dissi “…non ci sono né preti, né monaci…”. Allora mia madre, insospettitasi dalla mia risposta, mi chiese che tipo di chiesa fosse, ed io come se volessi liberarmi da un grande peso risposi che si trattava di una Chiesa evangelica. Avrei voluto trasferire metà della gioia che avevo nel cuore ai miei familiari, tanto ero entusiasta dell’Evangelo!
Purtroppo, loro non erano dello stesso avviso; per loro sono stato un traditore della religione cattolica e della famiglia. Da quel giorno hanno incominciato a trattarmi male, mi parlavano con arroganza e se mi dovevano dare qualcosa me la tiravano. Un giorno mia madre venne incontro a me con un bastone ed in maniera minacciosa cominciò a gridare contro di me. Riuscii a toglierle il bastone dalle mani, quando entrò mio padre, vedendomi il bastone in mano pensò tutto il contrario di quello che era successo prima. Per mia madre, sarebbe stato meglio che fossi diventato spacciatore di droga o ladro o ubriacone, ma mai un Cristiano evangelico.
La mia vita era cambiata, amavo il Signore, leggevo la Sua Parola e la meditavo, ed Ella metteva in me la forza di andare avanti anche in mezzo a quelle difficoltà. Pregavo il Signore, chiedendogli di vincere per me. Io non odiavo i miei familiari, anzi pregavo per loro, per la loro salvezza. Per tanti anni il Signore Gesù era stato per me un “illustre sconosciuto”, ed io andavo d’accordo con i miei familiari; ma ora che mi avvicinavo all’amore di Dio, alla conoscenza della Sua Parola, alla Sua grazia, alla Sua presenza; ora che mi stavo impegnando al fine di poter avere un futuro migliore per la mia anima, ecco che si era scatenata una bufera.
I miei fratelli stessi non mi consideravano più come prima, per loro ero una persona che aveva fatto un “chissà che cosa”. Per me era attuale quel versetto che dice: “Non pensate ch’io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a mettere pace ma spada. Perché sono venuto a dividere il figlio da suo padre, e la figlia da sua madre, e la nuora dalla suocera; e i nemici dell’uomo saranno quelli stessi di casa sua” (Matteo 10:34-36). I miei genitori, quasi quasi, non mi volevano più in casa; volevano persino rivolgersi al Papa per farmi “scomunicare” (come dicevano loro). Sembrava che avessi contratto la peste. In tutto questo chiedevo al mio Signore di aumentare sempre di più la Sua pace nel mio cuore.
Io amavo i miei famigliari e li sopportavo, anche se agivano in quel modo; sapevo che lo facevano perché si sentivano umiliati nel loro orgoglio. Ma, anche se da un lato vedevo che i miei familiari mi disprezzavano, potevo essere, nello stesso tempo, gioioso nel sapere che un’altra grande famiglia, costituita da fratelli e sorelle nel Signore, mi aveva benevolmente accolto. Ho trovato tantissimi fratelli con i quali condividiamo gli stessi pensieri cristiani nel Signore. La Parola di Dio ci dice che anche se i nostri genitori ci abbandonassero questo non lo farà il Signore (Salmo 27:10), che ci ama di un amore particolare.
Il Signore, nel corso degli anni, ha continuato a fare delle cose meravigliose nella mia vita: mi ha battezzato nello Spirito Santo, facendomi gioire grandemente; mi ha dato una famiglia composta, oltre che dalla sorella Ada, anche da due figli, Emanuele ed Alessandra. In oltre, con il passare degli anni, ha fatto si che potessi recuperare i rapporti con i miei familiari. Ho riacquisito un ottimo rapporto con mia madre, in quanto il Signore mi ha dato grazia e modo di poterle mostrare l’amore di Dio nelle varie circostanze della vita con la sottomissione ed il rispetto dovutole, ma facendole anche capire che Dio va messo al primo posto, sempre e comunque.
Ora lei ha un’opinione diversa del cambiamento che è avvenuto nella mia vita, e sto cercando, con l’aiuto del Signore, di farle capire che Dio non ama né tradizioni, né dogmi di fede che non sono contemplati dalla Bibbia, né immagini e idoli vari, ma che noi possiamo e dobbiamo avere un rapporto intimo e personale col Signore, affinché il nostro cuore sia ripieno di quei sentimenti preziosi di cui Cristo ne è la fonte unica.
Adesso servo il Signore tra i Gedeoni e periodicamente andiamo negli ospedali a portare i Nuovi Testamenti a coloro che li accettano, e molto spesso, quando ci è data l’occasione, incoraggiamo le persone a cercare il Signore, a leggere la Parola di Dio e a stare in piena comunione con Lui. Inoltre, faccio parte di un gruppo di fratelli con i quali evangelizziamo nelle strade, nelle piazze e dove il Signore ci manda. Desidero incoraggiare tutti coloro che stanno attraversando l’esperienza che io ho vissuto, dicendo loro: “Fratello, sorella, non guardare né a destra né a sinistra, né a quello che ti dicono, né a quello che ti fanno; sappi che Gesù ti ama così come sei e vuole darti la vita eterna. Cosa ti potrà offrire l’uomo, in cambio di tutti i benefici che Dio ti vuole dare?”.
Aurelio Palazzolo
[notiziecristiane.com]
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