Teologia riformata: 10 concetti da ritenere

 1 .La teologia riformata celebra la gloria di Dio.

La gloria del Dio trino è il cuore e l’anima della teologia riformata (Sl 96:3Gv 17:1), ed è per ciò che si definisce spesso teologia “teocentrica”. B.B. Warfield afferma: “Il calvinista, in una parola, è la persona che vede Dio … Dio nella natura, Dio nella storia, Dio in grazia. Ovunque scorge Dio nelle sue impronte possenti, ovunque percepisce l’opera della sua mano portentosa e il battito del suo gran cuore”. L’ossessione splendida del cristianesimo riformato, e in effetti il fine stesso dell’esistenza del genere umano, è di “glorificare Dio e gioire in lui per sempre” (Catechismo Abbreviato di Westminster).

  1. La teologia riformata usa la logica, ma si fonda sulla Bibbia.

Per comunicare con chiarezza e coerenza dobbiamo usare la logica, altrimenti ci esprimeremo in giri di frasi vuote che ottenebrano le menti anziché arrecare la luce. La sapienza umana non può tuttavia condurci a Dio (1 Co 1:21). Egli è talmente più grande di noi, e le sue vie molto più eccelse delle nostre, che possiamo conoscerlo realmente solo nella misura in cui si rivela nella sua Parola (Is 55:6-11). Ecco perché la teologia riformata fonda tutte le dottrine sullo studio e interpretazione della Bibbia, la Parola di Dio scritta (Is 8:20). John Owen afferma: “Lo studente di teologia deve dimostrare con la propria vita l’autorità assoluta delle Scritture, e dimostrare di sottomettere devotamente la propria volontà e giudizio all’autorità della Bibbia in ogni questione”.

  1. La teologia riformata ci aiuta a comprendere e applicare tutta la Scrittura.

Nell’esegesi ed ermeneutica riformata, il contesto è sovrano. Quello più ampio è ciò che tutta la Bibbia insegna sull’argomento specifico affrontato. Poiché ogni Scrittura è ispirata, o “espirata” da Dio (2 Ti 3:16), la Bibbia presenta un messaggio coerente su ciascun punto della sua dottrina ed etica. La teologia riformata ci aiuta fornendo una presentazione sistematica della verità biblica affinché possiamo interpretare la Scrittura con la Scrittura (“l’analogia della Scrittura”). Così si esprime la Confessione di Fede di Westminster: “La regola infallibile d’interpretazione della Scrittura è la Scrittura stessa: per cui, allorché sorga una questione sul vero e pieno senso di una qualunque Scrittura (che non è molteplice, ma uno solo), essa dovrà essere investigata e compresa per mezzo di altri passi che parlano più chiaramente”. (CFW, Capitolo I, IX, https://federiformata.wordpress.com/confessioni/confessione-di-westminster).

  1. La teologia riformata è storica e confessionale.

La tradizione può essere la dannazione o benedizione della chiesa. Affligge la chiesa quando la eleviamo ad autorità divina (Mt 15:6-9), ma la aiuta quando ogni generazione riceve, esamina e trasmette quanto i nostri predecessori hanno appreso dalla parola profetica e apostolica (2 Ti 2:2). L’innovazione può rivelarsi alquanto utile per la tecnologia, ma nella dottrina cristiana dovremmo ricercare i “sentieri antichi” (Gr 6:16) così da ritenere la fede “trasmessa una volta per sempre ai santi” (Gd 3). La teologia riformata informa la nostra fede con riferimenti dottrinali secolari quali la Confessione Belga, il Catechismo di Heidelberg, i Canoni di Dordrecht, la Confessione e i Catechismi di Westminster e la Confessione di Fede Battista del 1689.

  1. La teologia riformata si attiene all’ortodossia cattolica dei primi secoli.

La teologia riformata non si discosta dalla nostra eredità cristiana antica, ma confessa le dottrine ortodosse cattoliche di Dio e Cristo che costituiscono la spina dorsale della grande tradizione confessionale del cristianesimo mondiale. Malgrado i riformatori siano stati scomunicati dalla Chiesa Cattolica Romana, non hanno abbandonato la fede trinitaria dei concili di Nicea, Costantinopoli, Efeso e Calcedonia. Hanno confessato le dottrine per cui Dio è tre persone in una natura divina (Mt 3:16-1728:19) e che Dio il Figlio ha assunto una natura umana autentica senza cessare di essere pienamente Dio – due nature in una persona incarnata (Gv 1:1, 14). I teologi riformati si sono rivelati strenui difensori delle dottrine ortodosse di Dio e Cristo, a fronte di eresie antiche e recenti, perché quelle dottrine sono rivelate nella Parola di Dio.

  1. La teologia riformata esalta Gesù Cristo come nostro unico mediatore.

Cristo è tutto per i credenti (Cl 3:11). Le Sacre Scritture ci insegnano a ritenere “tutte queste cose essere una perdita di fronte all’eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore” (Fl 3:8). In precedenza abbiamo notato come la teologia riformata sia teocentrica; qui chiariamo che è incentrata sul Dio trino che viene a noi per mezzo dell’unico Mediatore, Gesù Cristo. I puritani hanno illustrato il Vangelo come la storia d’amore più bella mai narrata – l’unione celeste del Padre fra il proprio Figlio perfetto e la sua sposa caduta e iniqua, cioè la chiesa. Il Padre e il Figlio hanno tracciato in dettaglio il suo ufficio di mediatore come Profeta, Sacerdote e Re del suo popolo. La conoscenza di Cristo è un tema di gloria incommensurabile: “… le imperscrutabili ricchezze di Cristo” (Ef 3:8). John Flavel ha affermato: “Lo studio di Gesù Cristo è il tema più nobile su cui un’anima si sia mai soffermata … In Cristo, il cuore di Dio si apre agli uomini”.

  1. La teologia riformata presenta una visione del mondo a tutto tondo – ben al di là dei cinque punti.

Quando si chiede: “Cos’è la teologia riformata?”, spesso la risposta si confina nell’espressione: “I cinque punti del calvinismo”, cioè le dottrine della corruzione radicale della natura umana, dell’elezione divina incondizionata, dell’espiazione limitata, della chiamata efficace e della preservazione finale in grazia, a gloria e vita eterne. Oppure la risposta si articola nei cinque solismi della Riforma: sola Scrittura, sola grazia, sola fede, solo Cristo, soli Deo gloria.

Una panoramica della teologia sistematica o catechismo riformati evidenzia tuttavia come nella teologia riformata ci sia molto più della soteriologia. Sono infatti incluse le dottrine bibliche dell’essere eterno di Dio e le sue opere di creazione, provvidenza e governo; dell’origine dell’umanità, la nostra natura, caduta in peccato e sue conseguenze; della persona gloriosa di Cristo, le sue nature, uffici, la sua incarnazione, sofferenze, morte e gloria successiva; dello Spirito e la sua opera nella creazione e redenzione; della chiesa, la sua costituzione, missione e ordinamenti; dell’esperienza della grazia per ogni credente, la sua vita di servizio riconoscente in ubbidienza alla legge divina e il ministero di preghiera; delle realtà gloriose a venire, a compimento della volontà santa di Dio. La teologia riformata è una proclamazione di “tutto il consiglio di Dio” (At 20:27), nella misura in cui Dio ce lo ha rivelato (De 29:29).

  1. La teologia riformata emana uno spirito di santificazione pratica.

L’insegnamento teocentrico ci chiama a una vita teocentrica. La Parola intende inculcare la sapienza di Dio per mezzo della fede in Cristo (2 Ti 3:15), e il principio della sapienza è il timore del Signore (Pr 9:10). Malgrado sia possibile dedicarsi alla teologia in una maniera spiritualmente arida e solo intellettuale, quella riformata ha storicamente perseguito lo stesso fine di Paolo nel suo insegnamento: “…l’amore, che viene da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede non finta” (1 Ti 1:5). I teologi riformati parlano spesso della “pietà” come sinonimo di “religione pura”. Giovanni Calvino afferma: Infatti, non diremo che, propriamente parlando, Dio è conosciuto dove non c’è religione o pietà. . . Io chiamo ‘pietà’ quella reverenza unita all’amore di Dio che la conoscenza dei suoi benefici induce. Sebbene la teologia riformata possa essere impartita al livello accademico elevato, essa mira a esporre la conoscenza di Dio in termini tali da permettere ai ragazzi di praticarla in casa e agli adulti nelle loro attività (Cl 3:20-25). Gisbertus Voetius, rinomato professore di teologia riformata, si dedicava regolarmente al catechismo degli orfani; i puritani inglesi incoraggiavano le persone di bassa istruzione a coltivare il culto di famiglia affinché la Parola di Dio permeasse tutta la vita (De 6:7); gli accademici della Princeton di una volta ribadivano che “la verità è a fin di bene”.

  1. La teologia riformata promuove l’evangelizzazione e le missioni.

La dottrina riformata è stata apprezzata da alcuni dei più insigni evangelisti di tutti i tempi, come George Whitefield e Jonathan Edwards. L’espansione missionaria della chiesa è la risposta divina alle preghiere delle chiese riformate e presbiteriane secondo il dettato del Westminster Directory for the Public Worship of God a intercedere per “la propagazione del Vangelo e regno di Cristo a tutte le nazioni”. La teologia riformata è una visione del mondo di ottimismo missionario, perché Cristo salverà di sicuro tutti coloro che il Padre gli ha dati, tutte le pecore per le quali è morto, man mano che udranno la sua voce chiamarli nel Vangelo (Gv 6:37-39; 10:11, 16; 26-29). Tale ottimismo riformato ha spinto William Carey a dire che dobbiamo “attenderci grandi cose” e “intraprendere grandi cose” nei nostri sforzi missionari. Inoltre, la prospettiva teocentrica del cristianesimo riformato offre il motivo più eccelso che possa fortificare un evangelista o missionario: “… sono partiti per amore del suo nome” (3 Gv 7).

  1. La teologia riformata sorregge la predicazione fedele ed evoca lode continua.

I riformatori e i puritani teologizzavano nella loro predicazione e predicavano nella loro teologia, traendo spunto dall’apostolo Paolo: “Io ho creduto, perciò ho parlato” (2 Co 4:13). Non si trattava tanto di un metodo scelto, quanto del frutto del loro incontro col Dio vivente per mezzo delle verità della sua Parola. Emulando Paolo, predicavano la Parola di Dio come in Sua presenza (2 Co 2:17; 2 Ti 4:1-2), e anche la loro teologia rifulgeva in dossologia ardente (Ef 1:3-14). La teologia riformata è pertanto un’asserzione possente che “ … da lui, per mezzo di lui e in vista di lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen” (Ro 11:36). Wilhelmus à Brakel ha affermato: “Dio possiede in Sé ogni gloria e dignità per essere servito”; di conseguenza, la santificazione autentica è “vivere a Dio in ogni istante, ogni realtà, con tutto se stessi e le proprie capacità”, perché “egli è Dio e, in virtù della sua natura, gli è degnamente dovuto”.

Traduzione a cura di Gabriele Magliocchi

Tematiche: Teologia


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