Teheran, schiaffo a Khamenei: alle elezioni prevale l’astensionismo

Al voto per il 12° Majles e per gli 88 posti all’Assemblea degli esperti ha partecipato il 41% circa dei 61 milioni di aventi diritto. Si tratta dell’affluenza più bassa dalla nascita della Repubblica islamica nel 1979. L’ala riformista (assente alle urne) plaude alla scelta del “non voto” dell’ex presidente Mohammad Khatami.

Teheran (AsiaNews) – Alle elezioni in Iran ha trionfato l’astensionismo. Come ampiamente previsto alla vigilia, il voto per il rinnovo del Parlamento (il 12° Majles) e dell’Assemblea degli esperti – organismo che sarà chiamato a eleggere il successore della guida suprema Ali Khamenei – hanno fatto registrare un misero 41% sul totale degli aventi diritto. Si tratta del dato più basso dalla fondazione della Repubblica islamica nel 1979, a conferma di una marcata disaffezione dei cittadini unita alla mancanza di rappresentati credibili nel campo moderato e riformista, la maggior parte dei quali ha visto respinta la candidatura.

A tre giorni di distanza dalle elezioni del primo marzo prosegue la conta (a rilento) delle schede e non vi sono ancora risultati ufficiali. Anche il dato sull’affluenza non è reso pubblico, ma la stima più ottimistica – rilanciata dall’agenzia ufficiale Irna – parla di un “41% circa” del totale dei 61 milioni di aventi diritto, che è comunque il dato più basso mai fatto registrare nel Paese. Una tornata caratterizzata da un processo di selezione che ha portato alla squalifica di molti candidati esponenti dell’ala moderata o riformista, e in un quadro di profonda crisi economica esacerbata dalle sanzioni internazionali per il programma nucleare degli ayatollah.

Le precedenti elezioni parlamentari si sono tenute nel 2020 durante le prime, drammatiche fasi della pandemia di Covid-19, in piena emergenza sanitaria e imminenti chiusure, e avevano fatto registrare un’affluenza del 42,57%, comunque superiore al dato attuale. Per i 290 seggi si è presentato un numero record di 15200 candidati, mentre 144 sono quelli in lizza per uno degli 88 posti nell’Assemblea degli esperti, istituzione composta esclusivamente da studiosi islamici uomini.

Il giornale riformista Etemad spiega che l’affluenza è risultata inferiore soprattutto nelle grandi città, mentre la partecipazione in quelle più piccole o nelle campagne ha tenuto meglio rispetto al passato. Significativo anche il numero di “schede bianche” registrate. Per quanto concerne in particolare la capitale, Teheran, la partecipazione è voto è stata del 25% circa secondo fonti di stampa e i candidati ultraconservatori si sono già aggiudicati 12 dei 30 seggi in palio, mentre alcuni andranno assegnati al secondo turno che si terrà fra aprile e maggio.

Il quotidiano filo-governativo Iran Daily lancia un monito alle autorità, definendo la bassa affluenza “un campanello d’allarme” che deve spingere a “moltiplicare gli sforzi” per consolidare la base elettorali. Di contro il riformista Ham Mihan sottolinea che “l’anima delle elezioni è stata persa” e il dato sui partecipanti è “ben lontano dal potersi definire un successo”, non escludendo “ripercussioni politiche” sul sistema iraniano. Secondo un’analisi dell’Associated Press (Ap), dei 245 politici eletti almeno 200 erano sostenuti da gruppi della linea dura e radicale. I rimanenti 45 sono relativamente moderati, conservatori o indipendenti. Tra coloro che hanno ottenuto un seggio, solo 11 sono donne, dato in calo rispetto al Parlamento uscente che ne annovera 16.

Sul fronte opposto moderato e riformista, l’ex presidente Hassan Rouhani ha votato nonostante la sua esclusione dalla corsa per un posto fra gli 88 dell’Assemblea degli esperti, dopo 24 anni di appartenenza ininterrotta. Tuttavia, fra dissidenti e oppositori viene sottolineata la scelta di un altro ex presidente, il riformista Mohammad Khatami, che ha scelto per il non voto boicottando le urne, dopo che nelle scorse settimane aveva parlato di un Paese “molto lontano da elezioni libere e competitive”. Molti lo definiscono “un vincitore” per aver scelto l’astensionismo, sebbene sul web vi siano voci discordi sulle motivazioni della scelta che è comunque in contrasto con i dettami della guida suprema Ali Khamenei secondo cui votare è “un dovere religioso”.

 

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