Juba – Si moltiplicano gli appelli dei leader delle chiese cristiane alla pace e alla riconciliazione in Sud Sudan mentre l’ONU e diversi Stati stranieri procedono ad evacuare il loro personale e i propri cittadini dal Paese in preda al violento scontro tra fazioni rivali delle forze armate. L’assalto alla base dell’ONU di Akobo, nell’est del Sud Sudan, nel corso del quale 3 Caschi Blu indiani hanno perso la vita, ha accelerato le operazioni di rimpatrio degli stranieri.Per evitare che la lotta tra il Presidente Salva Kiir (appartenente all’etnia Dinka) e l’ex Vice Presidente Riek Machar (un Nuer) precipiti il giovane Stato (indipendente dal luglio 2011) nella spirale dello scontro etnico, diversi Vescovi cattolici e di altre confessioni cristiane denunciano la strumentalizzazione dell’etnicità a fini politici.
Secondo quanto riporta il Sudan’s Radio Network, il religioso Erkulano Lodu Tombe, ha rivolto un appello ai soldati della locale caserma ad evitare di ascoltare la voce di alcuni politici che istillano confusione e divisione negli animi. Gli ha fatto eco il pastore Elias Taban, della Chiesa Evangelica Presbiteriana di Yei, che ha affermato che “alcuni traditori sud sudanesi intendono promuovere il tribalismo per lasciare il Paese sottosviluppato”.
I leader religiosi cristiani hanno inoltre scritto una lettera comune. Definendosi “membri nativi delle comunità Dinka e Nuer”, affermando di “identificarsi non come rappresentanti di tribù o di denominazioni (religiose) ma come leader e rappresentanti della Chiesa e del Corpo di Cristo”.
Nell’esprimere dolore per le violenze a Juba e nello Stato di Jonglei, gli estensori della lettera affermano di “condannare e di correggere le affermazioni dei media che affermano che la violenza deriva da un conflitto tra le tribù Dinka e Nuer. Quello che è accaduto non deve essere descritto come un conflitto etnico. Vi sono piuttosto contrasti politici tra il Sudan People’s Liberation Movement (SPLM) Party, e i leader politici del Sud Sudan”.
I leader religiosi denunciano gli episodi di uccisione su base etnica e fanno appello ai politici di smettere di incitare gli animi alla violenza e di operare invece per la pace e la riconciliazione.