Spesso i bambini chiedono a qualcuno di raccontargli una storia. Io stesso mi ricordo ancora di quando, da bambino, chiedevo a mia nonna di raccontarmi qualche storia. Perché le storia affascinano i bambini? Intanto per il contatto con colui/colei che si mettono a disposizione del loro bisogno di conoscere, per soddisfare la loro profonda curiosità. E, poi, l’ascolto di fatti non ancora vissuti e sperimentati dai bambini rappresenta per loro una vera e propria scoperta, una porta di accesso al mondo della conoscenza. E che dire, inoltre, se queste storie fossero anche educative? Beh, sarebbe quanto di più auspicabile per la crescita e lo sviluppo dei bambini! Ma quando uno storia può dirsi educativa? Quando i contenuti di cui è composta aiutano il bambino a crescere, a maturare…idee e pensieri che lo porteranno man mano a comprendere diversi aspetti (reali) della vita. L’ascolto di una storia, in questo senso, può rappresentare la fase che precede quelli che saranno gli apprendimenti e le acquisizioni vere e proprie dei principi e delle leggi che stanno alla base delle vicende quotidiane con le quali il bambino dovrà, prima o poi, fare i conti. Allora, l’ascolto di una storia (che contenga come base proprio quegli elementi che lui stesso vedrà e dovrà affrontare (bene o male, ossia essendo in qualche modo preparato rispetto ad essi, ovvero impreparato ed incapace di saperli leggere nel modo più adeguato)) può rappresentare quell’allenamento a saper leggere con la mente e con il cuore i fatti della vita, in vista della capacità di saperne cogliere i messaggi “segreti” e nascosti (nascosti a chi non utilizzi – appunto – l’ascolto, l’attenzione e la riflessione: requisiti che durante l’ascolto di una storia possono attivarsi e preparare, così, il bambino a saper leggere in seguito quei messaggi che la vita stessa porterà con sé, ovvero dentro di sé.
Ma è poi vero che le storie sono solo cose per bambini? Se una storia è educativa, ossia se contiene tutti quegli elementi che possono favorire la crescita e lo sviluppo di una persona (sia sotto l’aspetto cognitivo, che emotivo, morale e spirituale), allora essa sicuramente potrà essere efficace per favorire lo stesso sviluppo in chi avesse già superato la fase dell’infanzia e fosse giunto a quella della preadolescenza e perfino dell’adolescenza. Non mi stupirei, poi, se anche qualche adulto scoprisse di poter ricavare qualcosa anche per se stesso dalla lettura di tali storie.
Pertanto spero di poter comporre un libro di storie di tale specie per rendere un contributo (in termini di crescita e di sviluppo) ai potenziali piccoli, giovani e meno giovani lettori.
A tal fine vorrei proporvi la prima storia di questo prossimo libro.
Storia n. 1 Il maestro gentile e il bambino monello
Tanto tempo fa c’era un bambino che era tanto carino quanto birichino; anzi birichino, forse, sarebbe dir poco per descrivere il suo carattere. Diciamo pure che era un vero e proprio monello. Il suo nome era Luigi. A Luigi non riusciva proprio di stare fermo: o perchè pensava a tirare qualche scherzo a qualcun
o, o perché non gli andava di stare attento alle spiegazioni dei maestri, o perché si metteva a chiacchierare.
Ora, questo suo temperamento[1] spesso gli costava proprio caro, soprattutto a scuola. Già, la scuola per Luigi era un vero e proprio incubo. E immagino che, ora, voi bambini e ragazzi vi starete chiedendo il perché di questo fatto. Perché Luigi aveva paura della scuola? Cosa gli succedeva quando era lì? Ebbene, dovete sapere che i fatti che stiamo per raccontare risalgono a diverso tempo fa, praticamente al tempo in cui i vostri nonni e le vostre nonne frequentavano anch’essi la scuola. Allora, era abitudine di molti maestri utilizzare delle punizioni corporali [2] per castigare gli alunni o le alunne che commettevano qualche scorrettezza o qualche mancanza. Le punizioni che venivano date a quei tempi per i bambini che non rispettavano le regole o non seguivano i maestri durante le lezioni erano queste:
- tirate d’orecchie
- bacchettate sulle mani o sul sedere
- dover stare in ginocchio su dei ceci secchi
- dover restare in piedi dietro la lavagna o accanto al proprio banco per periodi di mezz’ora e a volte anche di un’ora
- dover scrivere tante volte alla lavagna frasi del tipo “Io sono un bambino/a cattivo/a perché non ascolto i maestri quando spiegano”
Di tutte queste punizioni non ce n’era una che Luigi non avesse presa e subita. Col temperamento vivace che si ritrovava, il nostro protagonista veniva punito ogni giorno. Ecco perché la scuola per lui era più un luogo di tormento che un posto in cui apprendere e crescere.
Cosa sarebbe dovuto succedere affinchè la storia del nostro piccolo Luigi potesse cambiare in meglio? Pensateci un attimo.
E, ora, riprendendo la nostra storia, vediamo com’ è andata a finire.
Per diverso tempo, (parliamo di almeno un paio d’anni), Luigi continuò a collezionare punizioni e sofferenze. Poi, un giorno, nella classe del nostro piccolo protagonista, venne ad insegnare un nuovo maestro. Costui si presentò ai bambini e fece loro un certo discorso:
“Bambini io sono un maestro a cui non piace dare punizioni e anche se qualcuno tra voi farà il monello io non trasgredirò questo principio. E se fra voi vi sarà qualche bambino talmente indisciplinato da impedirmi di lavorare e di spiegare le lezioni io non ricorrerò all’uso delle punizioni verso di lui, ma me ne andrò via, per non venir meno ai valori in cui credo. Avete capito bambini? Sono stato chiaro”?
“Siii” – risposero in coro tutti i bambini della classe di Luigi (e ovviamente nel coro c’era anche lui) –
Luigi non poteva credere alle sue orecchie:
- un maestro che non punisce e non picchia? Che bello!
- un maestro che anche di fronte ad un bambino indisciplinato non userà le punizio-ni? Che spasso!!
Così Luigi, da quel giorno in poi, si diede ancora di più alla pazza gioia e cominciò ad essere più indisciplinato che mai. “Tanto – diceva fra sè e sé – il nuovo maestro non picchia, il nuovo maestro non dà punizioni” !
Dopo qualche tempo avvenne che il nuovo maestro presentandosi in classe disse che doveva parlare ai bambini.
“Ascoltatemi bene bambini. Vi ricordate del giorno in cui ci siamo conosciuti e di quando vi dissi che io sono un maestro a cui non piace dare punizioni”?
“Siiii” – risposero i bambini, anche questa volta di nuovo in coro -. “E chi se lo scorda (aggiunse Luigi dentro di sé)”!
“Bene bambini. Vi ricordate di quando vi dissi che se tra di voi ci fosse stato qualche alunno troppo indisciplinato io non avrei comunque rotto il mio patto con voi (ossia l’impegno di non darvi punizioni)”?
“Si, si” dissero nuovamente i bambini
“Bene ragazzi. E vi ricordate, pure, che vi dissi che nel caso in cui qualcuno di voi, a causa del suo cattivo comportamento, mi avesse impedito di lavorare io me ne sarei andato per non infrangere quel patto a cui tengo e a cui credo”?
“Si” – risposero i bambini, questa volta mettendo meno entusiasmo del solito nella risposta, dato che sembravano intuire che qualcosa nell’aria non andava bene (infatti il sentir dire dal nuovo e bravo maestro che egli aveva quasi l’intenzione di andarsene fece calare nella classe un’aria di sconforto e timore).
“Ebbene ragazzi, visto che tra voi a quanto pare c’è qualcuno che effettivamente mi sta impedendo di lavorare, nonostante io vi abbia trattai diversamente dagli altri maestri, io ho deciso di andarmene. E questo perché io non intendo rompere il patto che feci all’inizio con voi”.
Quando il piccolo Luigi prese coscienza [3] di quello che aveva appena detto il nuovo maestro, scattò qualcosa dentro di lui. L’idea che questo nuovo maestro potesse andar via gli fece venire in mente tutte le punizioni che aveva preso e ricevute fino al giorno in cui non era arrivato proprio lui. Luigi capì che se questo nuovo maestro fosse andato via quasi sicuramente sarebbe tornato uno dei soliti maestri, uno di quelli che non ci avrebbe pensato due volte a ricorrere alle punizioni corporali per disciplinare i ragazzi come lui. A tale pensiero Luigi cominciò a tremare; cominciò a capire quale grave perdita avrebbe subita se questo nuovo insegnante li avesse lasciati. E questo portò un nuovo pensiero dentro di lui, un pensiero che interiormente più o meno diceva così:
“Non posso lasciar andar via il mio nuovo maestro. Uno come lui sicuramente non lo riavrei più. No, no; il nuovo maestro non deve andar via. Ma l’unico modo in cui questo sarà possibile è che io cambi. Si, io devo cambiare; altrimenti lui andrà via e io tornerò a prendere le punizioni di prima. Non voglio che lui se ne vada”
Così Luigi chiedendo al maestro il permesso di parlare disse:
“Maestro io non voglio che lei se ne vada. Io non voglio che torni un maestro come quelli di prima”
Allora il maestro gli rispose dicendo:
“Caro Luigi io non avrei pensato di andar via se tu ti fossi comportato bene; ma sei stato proprio tu, col tuo comportamento, a spingermi a prendere una tale decisione. Tu sapevi che io non avrei tradito il patto che ho fatto con voi, ma – nonostante questo – hai continuato ad essere indisciplinato e mi hai portato a pensare di andar via”!
“Maestro, la prego – rispose Luigi -, non se ne vada. Le prometto che cambierò. Le prometto che non sarò più lo stesso. Io non voglio che lei vada via. Cambierò”. E così dicendo Luigi cominciò a piangere
Di fronte a quella scena il maestro fu toccato e, rivolgendosi al nostro piccolo alunno, gli disse:
“Luigi ti do ancora una possibilità. Usala bene. Perché, altrimenti, un’altra volta, davvero andrò via”!
“Si, si mio maestro. Ti prometto che cambierò, ti prometto che non ti porterò più al punto di dover pensare di andar via da me” [4]
Cari bambini e cari ragazzi, effettivamente da quel giorno Luigi cambiò davvero. Non sembrava più la stessa persona. Luigi divenne un alunno davvero esemplare, talmente esemplare che il nuovo maestro cominciò a prenderlo come aiutante. E da allora i due collaborarono insieme. Luigi non approfittò più della bontà del nuovo maestro e divenne bravo senza bisogno di ricevere nessuna punizione. Luigi era cambiato davvero.
SPAZIO PER RIFLETTERE E PER FARE DELLE CONSIDERAZIONI PERSONALI
Caro lettore, spero che questa storia ti abbia trasmesso qualcosa di importante. Infatti anche se essa si è svolta tanto tempo fa, può dare un messaggio anche a noi che viviamo oggi.
Prova a riempire le righe vuote che troverai qui sotto, rispondendo alle prossime domande (questo ti aiuterà a raccogliere i punti principali della storia):
- Nella prima parte della storia sembra quasi che Luigi fosse costretto a soffrire. Da chi dipendeva secondo te il fatto che in quel primo momento (o periodo della sua vita) Luigi abbia sofferto, dai maestri di un tempo e dai metodi punitivi che essi usavano o da Luigi stesso a causa del suo temperamento irrequieto?
- Come definiresti il nuovo maestro? Cosa aveva di speciale rispetto agli altri?
- Prova a dire a parole tue cosa è successo nel cuore di Luigi per averlo portato a decidere di cambiare modo di vivere e di comportarsi
- Se a questo punto ti vengono in mente delle altre considerazioni personali riguardo a ciò che questa storia può averti suggerito e ispirato e vuoi farle, qui di seguito hai dello spazio per farle
PROVIAMO A RICAVARE UNA POSSIBILE LEZIONE MORALE DA QUESTA STORIA
Cari bambini e cari ragazzi ogni storia può essere bella o brutta; può insegnarci qualcosa di buono e qualcosa di non buono (cioè di male). Io spero che voi possiate, vogliate e sappiate ricavare qualcosa di buono da questa storia. Ricavare qualcosa da una storia significa saper prendere (da essa) una lezione morale (ossia una lezione di bene o di male, a seconda che il messaggio da essa trasmesso contenga qualcosa di positivo o di negativo). Quale potrebbe essere, secondo voi, la lezione morale che si può ricavare da questa storia? Io avrei un paio di idee da proporvi:
- Una storia (o situazione) apparentemente irrimediabile [5] può riservare, invece, una soluzione e una lezione sul modo in cui certi problemi possono essere superati;
- L’AMORE PUO’ VINCERE SUL MALE
Ma certamente voi bambini e ragazzi saprete trarre altre possibili lezioni da questa stessa storia. Provate a scrivere con le vostre parole altre possibili lezioni morali e vedrete che vi servirà il ricordarle, dato che potrete farne uso quando vi troverete in situazioni simili. Dai, tocca a voi!
Ed ora ragazzi non mi resta che salutarvi col dirvi: “alla prossima … storia”!
Appello ai piccoli lettori e ai loro genitori:
Se questa storia vi è piaciuta e se apprezzate l’idea e il progetto di cui vi parlavo prima (ovvero l’idea di poter scrivere un libro pieno di storie simili a quella che avete appena letto, ossia un insieme di storie educative che stimolino i bambini e i ragazzi a riflettere per scoprire le lezioni morali che ci possono venire da verte storie utili ed interessanti) vi chiedo di sostenermi in quest’opera in due modi:
- pregando per me, affinchè il Signore mi sospinga ed ispiri per costruire tali storie con i relativi apparati educativi connessi;
- sostenendomi economicamente per potermi dedicare a quest’opera in questo momento in cui la crisi lavorativa mi sta colpendo, affinchè per l’aiuto di coloro che ancora credono nel valore dell’educazione io possa ricevere degli aiuti e al tempo stesso comporre un libro che credo potrebbe fare del bene ai bambini, ai preadolescenti e alle loro famiglie [6] . A tal fine per coloro che volessero sostenermi in questo progetto lascio i miei riferimenti, sia per poter essere contattato sia per indicare loro come fare per richiedere tale libro (che al momento potrei inviare direttamente tramite mail o in formato cartaceo per mezzo di fotocopie (poiché non ancora stampato)):
Enzo Maniaci cell.: 340 / 3094547; e-mail: enzo_maniaci@libero.it
[1] Per temperamento si intende parlare del carattere innato di una persona, cioè delle caratteristiche di comportamento che essa ha prima ancora che l’educazione e l’ambiente in cui cresce e vive possano contribuire a modellarne e formarne il carattere (ossia le caratteristiche acquisite, imparate e a(p)prese nel corso della crescita). Ogni bambino, dunque, può avere un suo temperamento ancor prima che, crescendo, possa apprendere nuove abitudini e nuovi principi per mezzo dei quali regolare la propria condotta.
[2] La punizione corporale è una forma di pena fisica che causa dolore allo scopo di punire, disciplinare o correggere un atto o una condotta giudicata errata, o per scoraggiare comportamenti giudicati inaccettabili. La punizione corporale consiste nel colpire il trasgressore con un attrezzo in un ambiente che può essere domestico o scolastico. La punizione corporale può pertanto essere suddivisa in due tipi principali:
- Punizioni corporali in famiglia: eseguite dai genitori sui figli o bambini piccoli. La punizione corporale di minori in famiglia
- Punizioni corporali nelle scuole: all’interno del sistema educativo, eseguite da insegnanti o dirigenti scolastici sugli studenti (in passato anche dai maestri artigiani sugli apprendisti).
[3] Prendere coscienza: significa diventare consapevole di un fatto (cioè informato su di esso, conoscendone sia le cause che le conseguenze)
[4] In quegli istanti la commozione aveva talmente preso il piccolo Luigi che egli non si era accorto di essere passato dal dare del lei al maestro (ai suoi tempi, infatti, si usava fare cos’) al dargli del tu. Comunque il maestro, capendo la sua emozione, non lo riprese per questo. E, poi, per il maestro quella confidenza non pareva irrispettosa; era bello per lui sentirsi praticamente chiamare ‘mio maestro’
[5] Cioè senza rimedio (cioè senza soluzione)
[6] Un libro del genere potrebbe essere, infatti, una risorsa che i genitori stessi potrebbero adottare o per invogliare i propri figli a dedicarsi direttamente alla lettura di qualcosa di educativo, morale e spirituale o quale mezzo da utilizzare essi stessi per condividere coi propri figli un tempo da passare insieme e durante il quale leggere qualcosa di educativa- mente utile.
Enzo Maniaci | Notiziecristiane.com
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