Ecco un fatto avvenuto a Ain Aicha, Marocco. La vicenda di un 34enne condannato al carcere e multato con l’accusa di proselitismo: aveva in casa una trentina di libri cristiani. Accade nel “moderato” Marocco.
Mohamed sta chiudendo la porta di casa quando un colpo, secco come una schioppettata, lo fa trasalire. Si volta di scatto e, prima ancora di accorgersi che si tratta di un motorino ingolfato, vede un altro uomo, sul lato opposto della strada, girarsi verso il muro con altrettanta rapidità. In un istante comprende. Nella sua mente comincia a scorrere, a velocità accelerata, il film del futuro prossimo, gli interrogatori, le perquisizioni, il processo, la prigione.
Egli sa di non avere scampo, l’accusa di proselitismo è certo già pronta sui tavoli della gendarmeria e del giudice; i libri di spiritualità cristiana, che nasconde nell’appartamento, di sicuro sono già stati catalogati e fotografati. È solo questione di tempo. «Come ho fatto a non accorgermi?», impreca contro se stesso. «Idiota, idiota, non sono altro che un idiota ingenuo», ripete mentre toglie la chiave dalla serratura e si incammina come se niente fosse cambiato nella propria coscienza.
Anche l’uomo sull’altro marciapiede si incammina nella sua stessa direzione.
Mohamed non è tipo da lasciarsi prendere dal panico e dalla disperazione; non avrebbe affrontato i rischi di abbandonare l’islam, se fosse stato un pavido. La forza di reagire è sempre stata la sua migliore risorsa e la sfrutta anche in questa circostanza.
Per prima cosa infila la mano in tasca e sgancia la batteria del cellulare, poi si ferma davanti a un venditore di briouats, ne compra uno con il ripieno di carne e si attarda a mangiarlo in piedi, davanti all’imbocco di un vicolo. Il suo inseguitore prosegue di una ventina di metri poi finge di interessarsi alle stoffe di una bancarella, dandogli le spalle.
A quel punto Mohamed approfitta della situazione, si butta nel budello e inizia a corre all’impazzata cambiando direzione a casaccio ad ogni angolo; corre per quasi un minuto fino a che la bottega di un barbiere gli offre la mossa successiva: entra, prende posto sulla sedia, si fa coprire il corpo dalla mantellina, si fa insaponare il viso e rimane tranquillo a farsi servire senza perdere d’occhio la strada oltre la porta.
Dopo qualche minuto, sulla via, compare l’uomo che lo stava pedinando; è trafelato, si ferma davanti al negozio e guarda incerto prima a destra e poi a sinistra; si decide a proseguire oltre di qualche passo ma poi ci ripensa e torna indietro; sbuffa sconsolato, allarga le braccia, infine si rassegna e, svogliato, riprende la strada verso la gendarmeria preparandosi a sentire le urla inferocite del suo capo.
Dentro la bottega Mohamed tira un sospiro di sollievo e, ultimata la rasatura, passa alla sua successiva priorità; lascia in fretta il quartiere, passando per vie secondarie, e si dirige verso la periferia dove abita Eveline.
Un centinaio di metri prima della casa della direttrice del coro della chiesa c’è un piccolo bar, con i tavolini sulla strada, e lui si accomoda lì, a sorseggiare un tè, su una sedia dalla quale può tenere sott’occhio l’ingresso dell’abitazione. Dopo circa mezz’ora la donna esce di casa. Allora egli si alza e prende a seguirla con passo svelto. Quando arriva a pochi metri, alle sue spalle, ne richiama l’attenzione: «Eveline non voltarti sono Mohamed». Lei rallenta intimorita ma lui la sprona con decisione a non fermarsi e a continuare a camminare.
«Oggi non vengo alle prove del coro», dice l’uomo a voce bassa. «A dire il vero non credo che ci verrò per un bel po’ di tempo. Sono stato messo sotto sorveglianza dalla polizia e temo che sarò arrestato nei prossimi giorni. Dopo di te non contatterò più nessuno. Dì agli altri di non cercami per nessun motivo. Non voglio che coinvolgano in questa storia nessuno di voi. Non preoccupatevi per me, sono nelle mani di Dio».
A queste parole Eveline non riesce a resistere e si volta con il cuore in tumulto e le lacrime agli occhi ma dietro di lei non c’è più nessuno.
12 settembre 2013 – Mohamed El Baladi, un trentaquattrenne convertito, è stato condannato dal tribunale di Ain Aicha (Marocco) a due anni e mezzo di carcere e 5.000 dhiram di multa per attività di proselitismo. Nella sua casa sono stati rinvenuti circa trenta libri di carattere religioso. Ciò che maggiormente preoccupa i cristiani della zona è il fatto che il tribunale abbia ordinato un supplemento di indagine per indagare sulle attività di tutta la sua cerchia di amicizie.
In Marocco sono circa 50 le chiese cristiane aperte al culto. I fedeli sono in prevalenza immigrati dall’Africa nera (soprattutto ivoriani) e occidentali. Non mancano però i marocchini che accettano Gesù Cristo come loro personale salvatore.
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