di Melani Manel Perera
Nell’area di Negombo vivono da quasi tre anni almeno 200 profughi, tra cui oltre 50 bambini. Colombo non ha ancora riconosciuto loro il diritto di asilo: mancanza di istruzione e criminalità sono i problemi più gravi. Alcuni giovani: “In Pakistan siamo trattati come nemici. Come cristiani non c’è pace nel nostro Paese”.
Colombo (AsiaNews) – Circa 200 cristiani pakistani chiedono aiuto alla Chiesa cattolica per ottenere asilo politico in Sri Lanka. Da quasi tre anni questi profughi vivono nell’area di Negombo (Western Province), senza però avere alcun sostegno da parte del governo locale. Un problema, soprattutto per gli oltre 50 bambini che non possono andare a scuola, o per i giovani che rischiano di finire vittime della criminalità. “Non volevamo lasciare il Pakistan – confessano alcuni di loro ad AsiaNews – ma come cristiani non c’è pace nel nostro Paese”.
Questa comunità di profughi è sostenuta da alcuni membri del clero cattolico di Negombo, in particolare da suore clarettiane, della Sacra Famiglia, del Buon Pastore, e da sacerdoti domenicani e clarettiani. P. Terrance Bodiyabaduge coordina e distribuisce loro le donazioni dei parrocchiani.
Due giorni fa la chiesa di Kudapaduwa ha celebrato una messa speciale in urdu per questi profughi. Al termine della funzione, si sono incontrati con i rappresentanti del clero per esporre le loro richieste più urgenti. “Vogliamo lanciare un appello alla comunità internazionale – hanno detto – per cambiare le leggi discriminatorie del Pakistan e per aiutarci a ottenere asilo politico in Sri Lanka per motivi religiosi, sociali ed economici”. “So che il governo srilankese non aiuterà queste persone – ha sottolineato ad AsiaNews p. Bodiyabaduge -, quindi solo la Chiesa cattolica può fare qualcosa per loro”.
Sharoon John, un giovane cristiano pakistano, spiega ad AsiaNews che “[in Pakistan] siamo trattati come nemici, e ovunque andiamo non siamo rispettati. Per fare un esempio, se volessi unirmi al corpo di polizia pur essendo molto qualificato dovrei corrompere qualche ufficiale, e solo perché sono cristiano. Oppure penso alle tante minacce che possiamo ricevere se vogliamo sposarci con un ragazzo o una ragazza musulmana”.
Una delle minacce più grandi alla loro vite sono le cosiddette “leggi sulla blasfemia”, in base alle quali chiunque osi dissacrare il Corano o insultare Maometto rischia la pena di morte. “Per colpa dello sfruttamento di queste norme – sottolineano i cristiani – tanti nostri fratelli e sorelle cristiani sono fuggiti in altri Paesi per salvarsi, e chi non c’è l’ha fatta è stato ucciso o rinchiuso a vita in prigione”.
Fonte: http://www.asianews.it/
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