Lamentarsi è qualcosa che oggigiorno viene alquanto spontaneo. La lagnanza non produce nulla di positivo, anzi alimenta il problema e la veduta pessimistica della situazione. La maggior parte dei nostri problemi sono in realtà situazioni alterate dal nostro modo di vedere le cose, o dal pessimismo presente in noi.
Molte volte perché “danneggiati” da esperienze passate, si diventa oltremodo prevenuti verso quelle future.
La lamentela è molto presente purtroppo anche nella vita dei credenti, il più delle volte si crede di più nella “dea Lamentela” che in Gesù Cristo.
Solitamente chi si lamenta ha una visione delle cose molto limitata, una visione molto materialistica delle cose. Un atteggiamento lamentoso denota più una visione pessimistica che positiva.
Il lamento è contagioso, se ci si lascia andare, il parlare influisce molto sull’ambiente e rosicchia la positività di chi sta accanto.
Lagnarsi non cambia le cose, non è appropriato farlo perché non produce nulla di buono anzi influenza noi stessi e l’ambiente intorno a noi.
L’apostolo Paolo dirà: “In ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi”. 1 Tessalonicesi 5:18
Una storia ebraica narra di un uomo che va dal suo rabbino per lamentarsi.
“La vita è insopportabile. Viviamo in otto in una sola camera. Che possiamo fare?”.
Il rabbino risponde: “Avete una capra, no? Allora, portatela con voi nella vostra camera”.
L’uomo è incredulo del consiglio, ma il rabbino insiste: “Fai come ti dico, e poi torna fra una settimana”.
Una settimana più tardi l’uomo ritorna ed è ancora più affranto di prima. “Non possiamo più sopportare la cosa: la capra è sporca e puzza”.
Il rabbino, così, gli dice: “Torna a casa, e fanne uscire la capra. Poi torna da me fra una settimana!”.
Una settimana più tardi l’uomo ritorna tutto radiante, ed esclama: “Grazie a Dio! La vita è bella! Ora che non abbiamo più la capra in casa, ci godiamo ogni minuto della nostra vita, … noi nove da soli!”.
Occorre essere riconoscenti, capire ed evidenziare sempre gli aspetti positivi delle cose e delle persone, mettendo in risalto il bene anziché il male.
La gioia non può essere messa in discussione dalle circostanze, l’equilibrio si trova nel ringraziare sempre Dio.
“Rallegratevi sempre nel Signore. Ripeto: rallegratevi.” Filippesi 4:4
Non deve essere una forzatura, nemmeno si deve essere spinti dal “pensiero positivo”, ma rallegrarsi in fede sapendo che siamo nelle mani di Dio e che tutto è sotto il Suo controllo:
“Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono.” Ebrei 11:1
Paolo nella sua vita imparò questo: “So vivere nella povertà e anche nell’abbondanza; in tutto e per tutto ho imparato a essere saziato e ad aver fame; a essere nell’abbondanza e nell’indigenza.” Filippesi 4:12
Il credente deve maturare dentro di se la gioia come frutto dello Spirito, cioè il carattere di Cristo, una gioia che supera ogni ostacolo, una gioia inalterabile.
La stessa gioia di cui sono possessori tanti credenti che pur essendo perseguitati e maltrattati, sono gioiosi e sperano nel Signore.
Lo stesso Giobbe quando fu colpito da diverse calamità abbattutesi sulla sua casa e sulla sua stessa vita disse: “Nudo sono uscito dal grembo di mia madre, e nudo tornerò in grembo alla terra; il SIGNORE ha dato, il SIGNORE ha tolto; sia benedetto il nome del SIGNORE” Giobbe 1:21
Durante alcuni viaggi missionari che ho fatto in paesi poveri nel mondo, ho potuto vedere cristiani vivere in profonda povertà, miseria, malattia, senzatetto, senza cibo, lebbrosi … eppure in loro la gioia era presente. Durante i loro incontri spirituali si sentiva in modo tangibile la loro gioia, il loro sorriso era contagioso, non c’era spazio per la lamentela.
Contrariamente in occidente, tanti cristiani che hanno tutto e fin troppo, sono lamentosi, scontenti e pessimisti … perché?
I nostri “fratelli” in miseria, sicuramente hanno sperimentato che Dio è tutto per loro, quando hanno Dio nel cuore ne sono appagati e felici, potrebbero perdere la stessa vita non ne farebbero un dramma, loro aspettano la vera vita quella Eterna che Dio ha preparato per tutti coloro che credono in Lui. Hanno realizzato che sono di “passaggio” su questa terra, sono pellegrini.
Il ringraziamento deve renderci capaci di sopravvivere a qualunque tempesta della vita.
Dobbiamo imparare ad essere grati a Dio per ciò che abbiamo e non farci scoraggiare da quello che non abbiamo.
C’è un grande lavoro da fare su se stessi. Parecchi cristiani stanno diventando sempre più materialisti, attaccati a tutto ciò che riguarda questa terra e non aspirano più alle cose di lassù come esorta l’apostolo Paolo.
“Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra” Colossesi 3:2
L’ingratitudine è una delle più grandi carenze dell’uomo. Essa limita la benedizione di Dio nella nostra vita.
Nella Bibbia troviamo un racconto molto significativo a riguardo:
“Nel recarsi a Gerusalemme, Gesù passava sui confini della Samaria e della Galilea. Come entrava in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, i quali si fermarono lontano da lui, e alzarono la voce, dicendo: «Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!» Vedutili, egli disse loro: «Andate a mostrarvi ai sacerdoti». E, mentre andavano, furono purificati. Uno di loro vedendo che era purificato, tornò indietro, glorificando Dio ad alta voce; e si gettò ai piedi di Gesù con la faccia a terra, ringraziandolo. Or questo era un Samaritano. Gesù, rispondendo, disse: «I dieci non sono stati tutti purificati? Dove sono gli altri nove? Non si è trovato nessuno che sia tornato per dare gloria a Dio tranne questo straniero?» E gli disse: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato.” Luca 17:11-19
Tutti furono guariti dalla lebbra ma solo UNO ritorna da Gesù per ringraziarlo.
Gesù denuncia gli altri che non ringraziarono, esclamò: “Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?” Sono parole molto forti quelle di Gesù.
Molta gente vive come se tutto gli è dovuto, e lo stesso atteggiamento si riflette su Dio, infatti quando qualcosa non va, o avviene qualche catastrofe ecco che le imprecazioni sono subito contro Dio.
In realtà Dio non ci deve nulla, e tutto quello che abbiamo, poco o tanto che sia è un dono della Sua mano e per questo dovremmo essere riconoscenti.
Quei lebbrosi non tornarono a ringraziare Gesù, eppure avevano ricevuto una grande guarigione e liberazione.
La lebbra a quei tempi era una malattia tremenda… ed anche oggi un po’ spaventa.
Personalmente ho incontrato gente colpita dalla lebbra … è una malattia cruenta e spietata.
Inoltre a quei tempi la gente colpita da questa patologia veniva allontanata, discriminata, separata dai propri famigliari per il rischio di contagio. Erano destinati a una morte lenta e solitaria.
I nove lebbrosi che realizzarono questa potente guarigione per mano di Gesù non sentirono il bisogno e la necessità di ringraziarlo.
Gesù si aspetta da ciascuno di noi riconoscenza.
Nel momento in cui siamo riconoscenti un’ulteriore benedizione scende sulla nostra vita. Infatti l’unico che ritorna a ringraziare ottiene anche la Salvezza mediante la fede: “E gli disse: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato”.
Questa storia mostra un po’ la percentuale del mondo di allora, uno su dieci, chissà al giorno d’oggi a quanto corrisponde la percentuale visto che la Bibbia stessa afferma: “Or sappi questo: negli ultimi giorni verranno tempi difficili; perché gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, irreligiosi, insensibili, sleali, calunniatori, intemperanti, spietati, senza amore per il bene, traditori, sconsiderati, orgogliosi, amanti del piacere anziché di Dio” 2 Timoteo 3:1-4
Come potete leggere, in questo triste ma reale elenco ci sono anche gli ingrati.
Non c’è un comandamento preciso sul ringraziamento perché il comandamento deve partire dall’uomo, dal suo interiore; non avrebbe senso un comandamento che ti impone di ringraziare, che ringraziamento sarebbe? Chi accetterebbe un tale ringraziamento non spontaneo, non sentito?
Se abbiamo ricevuto qualcosa da Dio è giusto che noi mostriamo riconoscenza al di là che sentiamo di farlo o meno, anche se il non sentire tale bisogno è un campanello di allarme.
La gratitudine è la logica dell’intelligenza e del cuore retto, chi comprende e possiede un cuore onesto, non può fare a meno di ringraziare.
Se diamo un’occhiata al sistema sacrificale nell’Antico Testamento, possiamo fare una suddivisione:
• Sacrifici volontari, o di “odore soave”: Olocausto, oblazione e sacrificio di riconoscenza. Bruciati sull’altare, figura della consacrazione volontaria di Cristo.
• Sacrifici espiatori: Per il peccato e per colpa. Figura espiatoria di Cristo.
Come potete notare il sacrificio di riconoscenza era compreso nei sacrifici VOLONTARI, spontanei, sacrifici che Dio si aspettava ma che dovevano partire dal cuore dell’uomo in risposta alla provvidenza e misericordia divina.
Per chi conosce Dio il rimedio alla lamentela esiste, la lamentela va sostituita con la riconoscenza e con la preghiera.
“Essi non gridano a me con il loro cuore, ma si lamentano sui loro letti” Osea 7:14
Se ci sono delle cose che di fatto non vanno, invece di lamentarti dovresti gridare a Dio, invocare Colui che può sostenerti e può trasformare le circostanze intorno a te.
Francesco Caldaralo – notiziecristiane.com
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