Soccorsi, la lezione di Rigopiano

La vicenda del soccorso alle persone rimaste sotto la valanga, che lo scorso 18 gennaio ha investito l’albergo Rigopiano a Farìndola (Pescara), se da un lato è positivamente segnata dalla  grande buona volontà e dall’abnegazione personale di tanti soccorritori, dall’altro conferma quanto insufficiente sia ormai la qualità complessiva della pubblica amministrazione nel nostro Paese.

C’è da augurarsi, anche se purtroppo si tratta di un’ardua speranza, che tutto non venga poi sommerso da un’ondata di iniziative giudiziarie. Può darsi infatti che ci siano delle inadempienze anche gravi da parte di singole persone, e se ci sono la magistratura dovrà doverosamente occuparsene, ma non è questo il nocciolo della questione.  L’esperienza dimostra che le norme legittime ma malfatte, e le lacune organizzative gravi anche se in buona fede, fanno più danni di tutte le possibili ruberie e malversazioni. Perciò ben venga la lotta contro le ruberie e le malversazioni purché non sostituisca il primario impegno per il buon governo.

Prima di procedere c’è però da sottolineare che catastrofi del genere ci mettono di fronte al mistero del male, e quindi della natura ferita e gemente di cui ci dice san Paolo nel capitolo 8 della lettera ai Romani; e ci dispiace di essere stati quasi gli unici a ricordarlo. A valle di tutto questo, ma senza dimenticarcene, resta poi il nostro dovere di fare tutto il possibile in ogni momento dato per prevenire gli eventi catastrofici e per mitigarne le conseguenze. Rispetto a un passato anche recente, nell’epoca in cui viviamo si dispone di mezzi tecnici di un’efficacia gigantesca. Nel caso in particolare del nostro Paese ciò che manca non sono dunque i mezzi quanto piuttosto l’organizzazione.

Con il vantaggio di avere qualche esperienza diretta di intervento in caso di catastrofi, ma lo svantaggio di non essere sul posto in questo caso specifico, vorrei fare alcune osservazioni partendo da due elementi obiettivi che si possono valutare anche da lontano. Uno è l’allarme dato dal proprietario dell’albergo a poche ore dalla caduta della valanga e l’altro è l’esito degli interventi di soccorso ormai a cinque giorni dalla discesa della valanga.

L’agenzia Ansa ha diffuso ieri il testo del messaggio di allarme – a quanto pare rimasto senza risposta – che l’amministratore unico dell’albergo, Bruno Di Tommaso, aveva spedito per posta elettronica lo scorso 18 febbraio, poche ore prima della valanga, “all’Ill.mo prefetto di Pescara, al presidente della Provincia di Pescara, al comando della Polizia Provinciale di Pescara, al Sindaco del Comune di Farindola”. Eccone il testo integrale:

“Vi comunichiamo che a causa degli ultimi eventi la situazione è diventata preoccupante. In contrada Rigopiano ci sono circa 2 metri di neve e nella nostra struttura al momento 12 camere occupate (oltre al personale). Il gasolio per alimentare il gruppo elettrogeno dovrebbe bastare fino a domani, data in cui ci auguriamo che il fornitore possa effettuare la consegna. I telefoni invece sono fuori servizio. I clienti sono terrorizzati dalle scosse sismiche e hanno deciso di restare all’aperto. Abbiamo cercato di fare il possibile per tranquillizzarli ma, non potendo ripartire a causa delle strade bloccate, sono disposti a trascorrere la notte in macchina. Con le pale e il nostro mezzo siamo riusciti a pulire il viale d’accesso, dal cancello fino alla Ss 42. Consapevoli delle difficoltà generali, chiediamo di predisporre un intervento al riguardo. Certi della vostra comprensione, restiamo in attesa di un cenno di riscontro”.

Il messaggio è dettagliato, e da esso risulta che chi lo ha scritto ha un quadro preciso della situazione e la sta affrontando al meglio. Tuttavia da esso si ricavano due preoccupanti elementi di fatto. Il primo è che in Abruzzo non sembra sia chiaro a chi ci si deve rivolgere in un caso del genere. Perciò l’albergatore lancia una specie di SOS a tutte le autorità che gli vengono in mente. Il secondo è che da esso pare di capire che in Abruzzo i mezzi spazzaneve siano di base a fondo valle, e quindi in caso di nevicata debbano salire dal basso verso l’alto, e si muovano su ordini specifici che vengono dalla città capoluogo (in questo caso nemmeno un capoluogo di valle ma una città costiera). Se così stanno le cose, e sembra stiano proprio così, molto della catastrofe dell’hotel Rigopiano dipende da questo modello organizzativo sbagliato. Tanto più in un’area soggetta a grandi nevicate improvvise come l’Abruzzo appenninico, ci deve essere un piano di sgombero neve prestabilito, basato su mezzi che stazionano in quota e che si mettono a lavorare in forza di misurazioni automatiche dell’altezza della neve senza bisogno dell’ordine di alcun prefetto o presidente della Provincia o comandante provinciale.

L’altra osservazione che accenno, salvo riprenderla ulteriormente nei prossimi giorni, riguarda l’esito delle operazioni di soccorso. Con tutte le forze che sono state mobilitate come può accadere che a cinque giorni dalla valanga 23 persone risultino ancora disperse? E come mai soltanto ieri è stato deciso di aprire altri varchi nelle rovine dell’edificio, che comunque non è del tutto crollato, oltre a quello da cui sono stati finora estratti sopravvissuti e anche purtroppo salme di vittime? Sia dall’ascolto attento delle interviste raccolte dai tele e radiocronisti, e sia dalle immagini diffuse dalle Tv si ha l’impressione – che beninteso non si può ancora dare per certa – che sul teatro della catastrofe manchi un vero e proprio comando unico delle operazioni, e quindi regni una certa confusione e una certa concorrenza tra i vari corpi e organismi giunti sul posto.  Se ciò accade significa che ci sono delle lacune sul piano legislativo o amministrativo cui occorre porre rimedio al più presto. Frattanto sorprende che il governo non sia intervenuto con un provvedimento d’urgenza a nominare un proprio commissario ad hoc con il compito di coordinare sul posto gli interventi della Protezione Civile, dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Alpino e di chi altro è sul terreno. E’ poi strano non vedere presenti in forze gli alpini del battaglione “L’Aquila”, di stanza nella vicina città abruzzese da cui prende il nome, che hanno i mezzi e le competenze per fare operazioni logistiche, di sgombero neve e di rimozione delle macerie a supporto dei soccorritori di prima linea.

di Robi Ronza | Lanuovabq.it

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