Sequestrati, venduti, schiavizzati o giustiziati, queste sembrano essere le alternative per coloro che si definiscono cristiani nel territorio di influenza dell’IS. Un video mostra l’esecuzione di 3 assiri definiti nazareni dai loro boia.
Il 7 ottobre scorso un video diffuso dall’autoproclamato Stato Islamico (IS) mostrava l’esecuzione di tre ostaggi assiri uccisi con colpi di arma da fuoco dietro la testa perché cristiani. Le immagini girate in un luogo deserto mostrano gli ostaggi con indosso le tristemente note tute arancioni, inginocchiati davanti ai loro assassini, bardati invece con le altrettanto famose tute mimetiche e maschere nere.
Le vittime erano fra i 253 assiri rapiti oltre 7 mesi fa nella provincia di Hassaka (nord-est della Siria), dall’incursione dei jihadisti dell’IS nei 35 villaggi assiri lungo il fiume Khabur (23 febbraio). I tre uomini erano il dott. Audisho Enwiya e Ashur Abramo, entrambi del villaggio di Tel Jazira, e Basam Michael di Tel Shamiram, come riportato dalla Assyrian International News Agency (AINA). La Human Rights Network Assiriana (AHRN), invece, ha fatto risalire gli omicidi al 23 settembre, la mattina dell’Eid al-Adha (la festa musulmana del sacrificio). Il video mostrava inoltre ltri 3 uomini assiri, e affermava che il loro destino sarebbe stato lo stesso dei tre appena uccisi di fronte a loro, se le richieste dei militanti non sarebbero state soddisfatte. Zaya (27 anni), William (51 anni) e Marden (49 anni) si sono definiti “Nasrani” (Nazareni, termine usato per identificare i cristiani) e quindi hanno dichiarato i loro nomi e i loro villaggi d’origine. È poi stato richiesto un riscatto di 50.000 dollari ciascuno per gli altri assiri ancora in ostaggio (si ritiene che il loro numero sia compreso fra 187 e 200). Un totale di 48, per lo più anziani ostaggi della zona del fiume Khabur, sono stati rilasciati sin dagli iniziali rapimenti del 23 febbraio.
Cresce l’emergenza in Medio Oriente. In essa i cristiani sono doppiamente vulnerabili, perduti nel mezzo di un conflitto interno al mondo musulmano che lacera questa ampia regione del mondo e crea disastri umanitari che toccano anche la nostra Europa tramite gli esodi di massa. Porte Aperte lavora in Siria consegnando 10.000 pacchi di generi di prima necessità che consentono a una famiglia di 5 membri di sopravvivere un mese.
Porte Aperte Italia
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