Nel nostro paese basta un reddito di 2.900 euro all’anno per far perdere al coniuge (o genitore) il diritto a ogni detrazione e sconto dalle tasse. Qual è “la peggiore norma del groviglio fiscale italiano”? Secondo il Corriere della Sera è quella che riguarda il sistema delle detrazioni per i familiari a carico. Come spiegano oggi Massimo Fracaro e Nicola Saldutti in un articolo pubblicato sul quotidiano milanese, il nostro Stato ha infatti fissato il limite oltre il quale non si può essere considerati familiari a carico in appena 2.840,51 euro.
Proprio così: con neanche tremila euro di entrate annuali, secondo l’erario una persona dovrebbe essere in grado di “mantenersi”. Ma 2.840,51 euro diviso 12 (i mesi dell’anno) fa 236,75, nota giustamente il Corriere: «Si può vivere con 236,75 euro al mese? (…) Se lo chiedete al fisco la risposta, incredibilmente, sarà un sì secco».
ANACRONISMI. Eppure è così. Basta essere titolari di entrate pari a 2.900 euro l’anno per far perdere al proprio coniuge (o chi per esso) il diritto alle detrazioni d’imposta e a fargli scontare dalle tasse spese importanti come «ad esempio quelle mediche». «È chiaro – osserva il Corriere – che il limite è anacronistico». Non solo perché «è bloccato da quasi una ventina d’anni» e «se solo fosse stato aggiornato con l’inflazione oggi dovrebbe arrivare almeno 4.000 euro». Ma soprattutto perché «basta poco per superarlo senza per questo poter essere considerati in grado di mantenersi da soli»: ad esempio, per sforare il tetto è sufficiente possedere «una casa sfitta o data in uso ad un figlio e situate nello stesso Comune di residenza», proprietà cioè che «non garantiscono alcuna entrata». Senza contare «la beffa» in virtù della quale per calcolare il famigerato limite «si deve tenere conto pure della rendita dell’abitazione principale, anche se non dà alcun reddito».
Tratto da: http://www.tempi.it/
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