Ogni fine anno alcuni giornali ci deliziano con la loro classifica delle personalità più importanti dei dodici mesi che ci lasciamo alle spalle. In questo finale del 2017 la classifica che di più mi ha colpito è quella del Corriere della Sera ”Le 50 donne dell’anno”. Apro la pagina web e alla quarta riga di immagini mi fermo. Chiudo e passo oltre. Una sequela di nomi, a parte qualche eccezione di pressoché impossibile conoscenza, che fa riferimento ad un solo ambiente e ad un solo modo di pensare. Femminismo, immigrazionismo, multiculturalismo.
Nonostante l’ingenuo atto di fede che mi ha portato ad aprire quella pagina, piena di melassa buonista e vetero-femminista foderata di pensiero unico dominante, non ho potuto proseguire oltre. Ma quel cambio di pagina mi ha portato, come spesso accade quando si fugge da una brutta esperienza, ad aprire lo sguardo su un qualcosa di bello e di vero, di realmente coraggioso e autentico che meriterebbe di stare su tutte le prime pagine.
E parlo della storia della ventinovenne marocchina di Pesaro, in Italia da quando ha 11 anni, che decide di sposare un ingegnere pesarese di 41 anni ma all’atto di richiedere il nulla-osta al Consolato marocchino di Bologna trova per tutta risposta l’obbligo a ”convertire il marito all’islam”, altrimenti niente nulla-osta. ”Volevano la sottoscrizione della ‘shahada’ da parte di Luca – spiega la giovane a Il Resto del Carlino –. Gli ho risposto, in francese perché l’italiano non lo capivano e io l’arabo non lo parlo, che non ci pensavo nemmeno lontanamente a convertire chicchessia, visto che nemmeno io sono religiosa”.
Ma non basta: “Mi hanno insultato fino al punto di farmi scoppiare a piangere– racconta – cacciandomi via dal Consolato. Ho protestato, gli ho detto che non possono permettersi di fare queste cose in Italia perché qui vige la legge italiana e non marocchina, ma sono stati irremovibili. Non mi hanno nemmeno dato un certificato che attestasse il rifiuto del nulla osta. Cacciata e basta”.
Il Console, interpellato dal giornale, ha spiegato trattarsi della legge marocchina e non di ”cattiva volontà del Consolato”, ma di certo tace sulla parte del racconto della giovane in cui si parla degli insulti che avrebbe ricevuto. Ma questa ragazza non si è data per vinta e ha fatto ricorso in Tribunale, così come la legge permette, e l’anno prossimo si sposerà senza che il futuro marito debba convertirsi ad alcunché.
Questa vicenda mi tocca profondamente perché fummo io (nata in Marocco) e Manlio Contento nel 2009 a proporre alla Camera l’emendamento, poi approvato l’anno successivo, cui questa ragazza ha potuto fare appello per aver ragione. Abbattendo ogni ipocrisia, permettendo a tante giovani di sposarsi senza condizioni, peraltro, richieste solo alle donne.
Strano che questa giovane e altre come lei non siano in quella classifica. Forse perché gran parte delle signore che vi figurano forse avrebbero preferito che il futuro marito si convertisse, visto che ”così si fa nel loro Paese”. Perché questo anni fa si sentiva dire relativamente alle lapidate, infibulate, burqate, sposate forzatamente e potrei continuare per ore. O forse perché non è una paladina dello ius soli, il che per l‘intellighentia odierna fa tutta la differenza del mondo. Ma del resto basta leggere i commenti sotto alla classifica per capire che c’è uno scollamento fra chi prova a far passare il pensiero unico per l’unico possibile e la realtà che le donne vivono ogni giorno. Forse sarebbe stato meglio titolare ”I 50 salotti dell’anno”, magari avrebbe reso meglio l’idea.
Souad Sbai | Lanuovabq.it
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