SFIBRANTE TIRA E MOLLA NELLE TRATTATIVE (NUOVAMENTE INTERROTTE) TRA ELN E GOVERNO COLOMBIANO

L’altalenante confronto tra ELN e governo colombiano subisce un nuovo arresto. Nonostante la dichiarata volontà di voler trovare una soluzione politica al pluridecennale conflitto, le trattative finiscono regolarmente per impantanarsi tra reciproche accuse di violazione degli accordi.

Anche quest’anno si erano rianimate le altalenanti trattative tra ELN (Ejército de Liberación Nacional) e governo colombiano per una soluzione politica del conflitto. Tra altri e bassi come da protocollo ormai consolidato.

Infatti, notizia di ieri 8 agosto, l’esercito aveva nuovamente imbracciato le armi – in attesa di aprire il fuoco – contro la guerriglia.

Ma andiamo con ordine ripercorrendo le fasi salienti di questi ultimi mesi.

Il 20 febbraio 2024 l’ELN annunciava la sospensione dei colloqui in corso dal 2022 (in varie fasi, sia a Cuba che in Messico e Venezuela, paesi che fungono da garanti insieme a Brasile, Norvegia e Cile) e l’apertura dell’ennesima “crisi” con la controparte governativa di Bogotà e – parallelamente – con il governatore del dipartimento di Narino (nord-est del Paese).

Nonostante all’inizio del mese fosse stato programmato un prolungamento di altri sei mesi del cessate-il-fuoco e la sospensione (in atto da gennaio) dei sequestri di persona da parte della guerriglia. Abbandonando il tavolo delle trattative l’ELN intendeva denunciare l’avvenuta violazione delle regole stabilite. In particolare il mantenimento della collaborazione tra forze dell’ordine e gruppi paramilitari di destra (pratica smentita dal governo).

Tutto questo avveniva nonostante nel corso della settimana precedente la guerriglia avesse dato prova di buone intenzioni sospendendo lo “sciopero armato” già avviato nell’ovest del paese.

Trascorrevano appena un paio di settimane e – il 4 marzo – governo e ELN, dall’Avana, ritornavano pubblicamente sui loro passi annunciando la ripresa delle trattative. A cui avrebbe preso parte come osservatore anche un rappresentante delle Nazioni Unite.

Ma evidentemente si trattava di un falso allarme. Ai primi di maggio l’ELN decideva di riprendere la prassi abituale di rapire esponenti dell’oligarchia (liberandoli in cambio del riscatto, a scopo di autofinanziamento) in quanto il governo avrebbe bloccato gli aiuti finanziari provenienti da paesi terzi.

Per la cronaca, va ricordato che l’ELN (di ispirazione guevarista – foquismo – originariamente influenzato anche dalla teologia della Liberazione), diversamente da altre formazioni guerrigliere, ha sempre rifiutato di legarsi al narcotraffico condannando tale pratica come controrivoluzionaria.

Nuova inversione a U alla fine del mese con la firma da parte di entrambe le parti in causa (ELN e Governo colombiano) – a Caracas – di un nuovo, ennesimo accordo, basato su sei punti fondamentali, con cui la società civile veniva di fatto coinvolta nel processo di pace. Evento classificato come un ”concreto passo in avanti” e che – per certi aspetti – nel metodo ricordava quello formulato in diverse occasioni nei Paesi Baschi.

Ma ai primi di agosto siamo ritornati al punto di partenza (o di arrivo ?) e la fragile tregua si è nuovamente imfranta. Ancora una volta l’ELN accusa il governo di non rispettare gli accordi bilaterali stabiliti (concordati in varie fasi a Cuba, Venezuela e Messico) tra cui quello di togliere l’ELN dalla lista denominata GAO (“gruppi armati organizzati”) in quanto metterebbe sullo stesso piano sia organizzazioni di stampo terroristico che movimenti di liberazione.

Preso atto della decisone dell’ELN, il governo a sua volta ha preannunciato la ripresa delle operazioni militari contro la guerriglia.

Gianni Sartori

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