SERVIRE DIO OFFRENDO AMORE: L’APPELLO DI TIMOTHY CHO, CRISTIANO NORDCOREANO

Oltre 200 persone si sono riunite lo scorso sabato a Bellinzona, nel Canton Ticino, per ascoltare la forte testimonianza di Timothy Cho, nordcoreano sopravvissuto alla repressione del regime dei Kim. La sua storia ci ha ricordato il potere della fede e la forza dell’amore nei momenti più bui.

Corea del Nord: il Paese in cui più si perseguitano i cristiani

La Corea del Nord rimane uno dei Paesi più chiusi al mondo, con confini strettamente controllati e un regime oppressivo. I suoi abitanti sono soggetti a un rigido controllo, educati alla divinizzazione della famiglia al potere. Chiunque mostri dissenso nei confronti del regime, rischia l’esecuzione pubblica o la reclusione in prigioni o in campi di lavoro forzato.

Timothy, oggi trentacinquenne, si è ritrovato a vivere per strada all’età di nove anni, abbandonato dai genitori. Ostracizzato e privato dell’istruzione, il governo nordcoreano lo ha condannato a lavorare nelle miniere come conseguenza del crimine commesso dal padre, un insegnante: durante una discussione gettò a terra alcuni libri raffiguranti il volto di Kim Jong-Il e per questo fu costretto a scappare. L’adolescenza di Timothy è stata caratterizzata dalla disperazione, con 2 tentativi di fuga dal Paese e 4 reclusioni, di cui 3 in territorio cinese.

È stato proprio in quelle carceri che è avvenuto l’incontro che ha cambiato per sempre il corso della sua vita: un detenuto sudcoreano gli ha regalato una Bibbia, invitandolo a pregare per la sua libertà. Inizialmente scettico, Timothy si è aggrappato a questa speranza, perché sapeva che il rimpatrio in Corea del Nord avrebbe significato morte certa.

Da lista dei desideri a impegno consapevole: la preghiera di Timothy

“Esprimi quello che desideri, e alla fine concludi con un ‘amen’”, era così che gli era stato detto di pregare. Ed è così che lui ha fatto, per giorni, sperando in quello che lui ha definito “un salvataggio alla James Bond”. Ma nulla è successo. Silenzio. Poi la svolta: quello che era iniziato come un freddo elenco di necessità si è trasformato in un impegno. “Dio, se mi liberi dedicherò la mia vita a parlare di te”, questa la sua promessa. Ed ecco il miracolo: Timothy è stato espulso dalla Cina, non per essere rimpatriato in Corea del Nord ma trasferito nelle Filippine, dove ha ottenuto il suo primo passaporto diplomatico.

Oggi libero, Timothy vive in un Paese occidentale e si impegna ad alzare la sua voce per sensibilizzare i governi e la Chiesa globale sulla condizione dei cristiani perseguitati in Corea del Nord, come nel resto del mondo.

Il suo messaggio è chiaro: “abbiamo la responsabilità di pregare, parlare e agire di fronte all’ingiustizia, sostenendo gli oltre 365 milioni di fratelli e sorelle perseguitati a motivo della fede in Gesù”.

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