La Federazione dei cristiani della Malaysia e la Bible Society chiedono la restituzione delle 300 copie requisite a inizio anno dal Dipartimento islamico. Sotto accusa il governo centrale e locale, indifferenti alle richieste della minoranza. Leader cristiano: le amministrazioni giocano allo “scaricabarile” con i nostri diritti.
Kuala Lumpur (AsiaNews/Agenzie) – La Federazione dei cristiani della Malaysia (Cfm) aderisce all’appello rivolto dalla Bible Society of Malaysia (Bsm) alle autorità amministrative di Selangor, perché restituiscano le 300 copie della Bibbia requisite a inizio anno dal Dipartimento islamico (Jais). Il reverendo Eu Hong Seng, presidente Cfm, non nasconde il proprio “disappunto” verso il governo, colpevole di “lavarsene le mani” rispetto ai fatti del 2 gennaio scorso e di non adoperarsi per la restituzione dei libri sacri (Al-Kitab e Bup Kudus). “Resta il fatto – aggiunge il leader cristiano – che il Jais ha agito dietro impulso dello Stato. E le Bibbie restano nelle loro mani”.
Nei giorni scorsi le autorità di Selangor – uno dei 13 Stati della Malaysia – si erano rivolte ai vertici della Bsm, invitandole ad appellarsi alla Procura Generale per ottenere il dissequestro delle Bibbie da oltre tre mesi nelle mani del Jais, una sezione autonoma dell’amministrazione locale. Nel corso del raid erano state requisite 321 copie del libro sacro ed erano stati arrestati due leader cristiani, poi rilasciati dietro cauzione. Oggetto della controversia l’uso della parola Allah nel testo, in riferimento al Dio cristiano.
Il reverendo Eu Hong Seng bolla come “inaccettabili” le posizioni dei funzionari locali, che giocano allo “scaricabarile” con i diritti e la sensibilità dei cristiani, “venendo meno alle proprie responsabilità”. In precedenza i vertici della Bsm hanno respinto l’invito a scrivere alla Procura, sottolineando come queste parole mostrino in realtà il tentativo dello Stato di “lavarsene le mani”.
I raid anti-cristiani di inizio gennaio, che hanno portato fra gli altri al sequestro delle Bibbie, sono originati dalla controversa sentenza della Corte di appello dell’ottobre scorso, che impedisce al settimanale cattolico Herald Malaysia di usare la parola “Allah”. All’indomani della sentenza, alcuni funzionari del ministero degli Interni hanno bloccato duemila copie della rivista dell’arcidiocesi di Kuala Lumpur all’aeroporto di Kota Kinabalu, nello Stato di Sabah. Il sequestro era “giustificato” dalla necessità di verificare se la pubblicazione fosse “conforme” al dispositivo emesso dai magistrati e “non vi fosse un uso illegittimo della parola Allah”.
In Malaysia, nazione di oltre 28 milioni di abitanti in larga maggioranza musulmani (60%), i cristiani sono la terza confessione religiosa (dietro ai buddisti) con un numero di fedeli superiore ai 2,6 milioni; la pubblicazione di un dizionario latino-malese vecchio di 400 anni dimostra come, sin dall’inizio, il termine “Allah” era usato per definire Dio nella Bibbia in lingua locale.
Fonte: http://www.asianews.it/
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