Immaginate, se potete, che Gesù di Nazareth, il “Figlio dell’Uomo”, torni oggi, in carne e ossa. Un’apparizione clamorosa, non in una visione mistica ma ben ancorata alla realtà quotidiana del XXI secolo. La domanda non è solo teologica ma altamente ironica: come reagirebbe il nostro mondo moderno a un messaggero così radicale e, osiamo dirlo, fuori moda?
Se Gesù tornasse oggi, non sarebbe accolto con grande entusiasmo. La nostra epoca è un paradosso di consumismo sfrenato e superficialità ostentata. In una società in cui il bene supremo è il “like” su Instagram e la parola “profondo” è relegata a discussioni sul senso di un meme, la predicazione di un Messia che proclama “Beati i poveri in spirito” (Matteo 5:3) rischia di sembrare un retaggio antiquato.
Il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, in Così parlò Zarathustra (1883), prediceva che “Dio è morto” e la sua assenza ha lasciato un vuoto che noi abbiamo riempito con il culto dell’individualismo e del consumismo. Se Gesù tornasse oggi, troverebbe un mondo che non solo ignora i suoi insegnamenti ma li troverebbe perfettamente inadeguati a un’era dominata dalla superficialità e dall’autocelebrazione.
Immaginate Gesù che entra nel Tempio moderno: non più una costruzione di pietra, ma un imponente centro commerciale con ogni tipo di lussuria e consumo. La scena potrebbe ricordare quella descritta nel Vangelo di Giovanni (2:15) dove Gesù scaccia i mercanti dal Tempio con un frustino. Nel contesto odierno, il suo gesto sarebbe visto come una spiacevole interruzione di una sessione di shopping frenetico.
Nel libro The Shock Doctrine (2007), Naomi Klein descrive come i disastri e le crisi vengano usati per imporre politiche neoliberiste. Se Gesù si avventurasse tra i titolari di hedge fund e i magnati della finanza, la sua condanna alla ricchezza e all’avidità – “Non potete servire Dio e la ricchezza” (Matteo 6:24) – sarebbe accolto con lo stesso entusiasmo di un antivirus che segnala un falso positivo durante un download.
La nostra attuale autorità religiosa, già piuttosto divisa tra teologie moderne e tradizionali, troverebbe nella figura di Gesù un elemento altamente problematico. La sua predicazione sulla necessità di umiltà e servizio (“Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore” – Matteo 20:26) non solo andrebbe contro l’etica del “Dio del successo” predicata da alcuni leader religiosi contemporanei, ma rischierebbe anche di mandare in tilt le schede dei conti correnti ecclesiastici, che spesso si basano sull’opulenza e sul potere.
Il teologo Karl Barth, in La Teologia della Rivelazione (1927), sottolineava l’importanza di una comprensione genuina della rivelazione divina. Tuttavia, oggi potremmo trovare i suoi concetti oscuri e incomprensibili di fronte a una teologia della prosperità che promuove la benedizione materiale come segno di favore divino. La presenza di Gesù, con la sua enfasi sulla povertà e il sacrificio, sarebbe vista come un anacronismo disturbante in un mondo in cui l’adorazione del successo è la norma.
Nel nostro mondo mediatico, il ritorno di Gesù non sfuggirebbe alle grinfie di social media e tabloid. Immaginate i titoli: “Gesù: il Ritorno dell’Antico Messia!” o “Il Nazareno Shocka: Guai a Chi Lo Critica!” In un contesto dove la viralità di un video di gatti può dominare le prime pagine, il messaggio di Gesù, che sfida l’ordine sociale e i poteri forti, rischierebbe di essere ridotto a un argomento da discussione superficiale su Twitter o, peggio, a uno sketch di satira su YouTube.
L’analisi di Marshall McLuhan in Gli strumenti del comunicare (1964) evidenziava come i media modellano la percezione della realtà. E se Gesù fosse presentato come un meme virale, il suo messaggio di salvezza e redenzione finirebbe per essere trattato con la stessa leggerezza con cui oggi trattiamo le tendenze del momento. Non solo il Messia verrebbe banalizzato, ma il suo messaggio rischierebbe di essere trasformato in un prodotto di consumo culturale.
Se Gesù tornasse oggi, il suo ritorno sarebbe una sfida profondamente scomoda e ironica per un mondo che ha perso il contatto con i suoi valori fondamentali. La società moderna, con la sua idolatria del consumismo e la superficialità dei suoi dibattiti, troverebbe il messaggio di Gesù tanto disturbante quanto irrilevante. Le sue parole, così potenti e provocatorie, sarebbero accolte con un misto di incredulità e sarcasmo.
L’ironia del nostro tempo è che, mentre cerchiamo disperatamente significato e autenticità, non siamo più capaci di riconoscerli quando si presentano in forma pura e semplice. In un mondo che ha trasformato ogni aspetto della vita in un consumabile istantaneo, il ritorno di Gesù non sarebbe solo un’intrusione, ma una radicale e imbarazzante richiesta di risveglio.
E così, mentre il “Figlio dell’Uomo” potrebbe fare il suo ingresso trionfale in una galassia di like e trend, ci troveremmo a chiederci se, in realtà, abbiamo dimenticato il significato stesso di ciò che stavamo cercando. La vera domanda, quindi, non è se Gesù possa tornare, ma se saremmo capaci di riconoscerlo e di ascoltarlo in un’era che ha ridotto tutto a mero intrattenimento.
Davide Romano
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