Se non hai l’utero non puoi parlare di aborto?

Responsabile delle relazioni pubbliche e dei servizi legali della Society for the Protection of Unborn Children (Spuc) del Regno Unito, Michael Robinson spiega perché, anche se la propaganda abortista li esclude sistematicamente dal dibattito sull’aborto per il fatto di “non avere l’utero”, gli uomini hanno non solo il diritto di esprimersi negativamente sull’aborto, ma anche il dovere di combatterlo. L’articolo è stato pubblicato da Life News, la traduzione con adattamenti, a cura della Redazione, non è stata rivista dall’Autore ed è stata già pubblicata sulla Rivista Notizie Pro Vita & Famiglia n. 122 di ottobre 2023.




Quando è in gioco l’autentico benessere delle donne e il diritto alla vita di tutti gli esseri umani, ognuno è chiamato a esprimersi. La nota affermazione «niente utero, nessuna opinione» è una frase che gli uomini del movimento prolife si sentono rivolgere fin troppo spesso. Si tratta di un mantra solitamente utilizzato per togliere la parola a qualsiasi uomo che sostenga che l’aborto è sbagliato. Il movimento abortista si affida a questi slogan per evitare una seria riflessione sulla questione e purtroppo, quando viene giocata la carta del “no utero”, molti uomini evitano di rispondere per non essere accusati di sessismo. Tuttavia, l’aborto non è una questione solo femminile, ma umana e con effetti devastanti per tutti: uomini e donne.

Innanzitutto l’aborto uccide un essere umano innocente e di fronte a un’ingiustizia, tutti, uomini e donne hanno l’obbligo morale di opporsi. Il male è male a prescindere dal sesso ed è casomai l’insinuare il contrario che configura una forma di sessismo. In effetti, quando un gruppo di esseri umani innocenti viene preso di mira, come avviene con l’aborto, e molti milioni di persone vengono sterminate, siamo di fronte a un’ingiustizia di proporzioni tali che nessuna atrocità della storia può essere paragonata alla sua portata.

Mettere a tacere un determinato gruppo di persone è una forma di oppressione. In effetti quando un sostenitore dell’aborto tenta di togliere agli uomini il diritto di esprimersi contro di esso, esercita una forma di oppressione sessista. È significativo il fatto che le femministe pro aborto non fanno altro che ripetere di essere «oppresse dagli uomini», ma si tratta di un’affermazione ipocrita se poi pensano non vi sia nulla di sbagliato nel soffocare l’opinione di chi non concorda con loro. Ed è sorprendente se consideriamo che il mainstream liberale predica continuamente tolleranza e uguaglianza.

Propongo di seguito quattro ragioni secondo le quali gli uomini possono e devono esprimersi contro l’aborto.

1) Gli uomini sono responsabili della cultura pro aborto

Gli uomini/padri irresponsabili costituiscono un fattore significativo dell’enorme tasso di aborti e, perciò, hanno in questo ambito una grande responsabilità. Gli uomini hanno un ruolo nell’aborto lì dove rifiutano di impegnarsi e di prendersi cura dei figli che hanno generato, spingendo così molte donne a pensare che l’aborto sia la loro unica possibilità. Anche gli uomini che pensano di sostenere la donna dicendole che «è una tua decisione» non sono, in realtà, di alcun aiuto come sostengono le stesse donne che hanno abortito.

Questi uomini dovrebbero “comportarsi da uomini” assumendosi le loro responsabilità nei confronti dei propri figli e delle madri dei propri figli. È interessante notare che, mentre da un lato la società si aspetta giustamente che un uomo si assuma la responsabilità di una gravidanza indesiderata, fornendo alla madre aiuto economico e sostegno emotivo, dall’altro lato a quello stesso uomo viene detto che l’aborto non è affar suo. Il punto che sfugge alle donne che adottano questa seconda prospettiva è che, ironia della sorte, l’aborto permette e addirittura incoraggia gli uomini a usare sessualmente le donne, senza il peso di doversi assumere la responsabilità di ogni eventuale figlio concepito.

2) Siamo stati tutti una volta nel grembo materno

Gli uomini non sono semplicemente “maschi”. La mascolinità è solo un aspetto della loro identità. Gli uomini sono anche padri, figli, fratelli, zii, bambini, adulti ed ex feti. Tutti gli uomini sono stati una volta nel grembo della madre. Tutti gli uomini sono stati potenziali vittime di aborto e molte vittime di aborto sono uomini. Pertanto ogni uomo ha il dovere e il diritto di esprimersi contro l’aborto all’interno della società.

3) Porre fine alla vita di una persona è una questione che riguarda l’umanità

Solo gli schiavi avrebbero dovuto esprimersi contro la schiavitù? Solo gli ebrei avrebbero dovuto esprimersi contro l’Olocausto? Solo le donne dovrebbero parlare contro le mutilazioni genitali femminili? Certo che no! Ciò che è sbagliato è sbagliato, a prescindere da chi sei o dalle circostanze in cui ti trovi. La storia è piena di esempi di persone che si sono esposte a favore di chi veniva oppresso perché non ritenuto degno degli stessi diritti davanti alla legge. Dovremmo continuare a farlo anche oggi, e ogni giorno, finché l’aborto e tutte le altre forme di oppressione non saranno sradicate.

4) L’aborto danneggia gli uomini

Poco più della metà di tutte le gravidanze riguarda maschi e gli aborti sono quasi sempre effettuati indipendentemente dal sesso del bambino. Ne consegue che l’aborto non riguarda solo la popolazione femminile, ma anche quella maschile.

Poi, l’aborto non si limita a uccidere il nascituro, ma ferisce psicologicamente anche i tantissimi padri e parenti maschi del piccolo abortito. Le loro storie sono raramente raccontate, il loro dolore rimane solitamente sconosciuto all’opinione pubblica. Queste vittime invisibili dell’aborto sono padri con il cuore spezzato. Secondo le recenti rilevazioni dell’associazione Abortion Recovery Care and Helpline (Arch) del Regno Unito [che ha una linea telefonica che fornisce gratuitamente consulenza e sostegno psicologico post aborto, ndR], il 10-15% di coloro che chiedono aiuto sono uomini.

Oggi nel Regno Unito [così come nella maggior parte dei Paesi occidentali, ndR] un padre non detiene alcun diritto alla paternità perché non ha alcuna voce in capitolo sulla decisione della madre di abortire il figlio. È un fatto scientifico incontrovertibile che sia l’uomo sia la donna sono in egual misura coinvolti nella formazione di un nuovo essere umano e che entrambi sono i genitori biologici di quel bambino. Eppure la madre che decide di abortire non è neanche tenuta a informare il padre.

Parlando con l’Arch si può scoprire come la realtà dell’aborto possa ferire e persino distruggere la vita degli uomini. Una telefonata tipica può essere: «Esco con la mia ragazza solo da pochi mesi. Mi ha appena detto che è incinta. Voglio il mio bambino, ma lei ha fissato un appuntamento per abortire. Cosa posso fare?». Questa è la tragica realtà di molti uomini quando scoprono che la loro ragazza/compagna o, persino, la moglie è incinta.

Per alcuni il trauma è così terribile che finiscono per togliersi la vita. Un giornalista del Daily Telegraph australiano ha scritto un articolo sul legame tra aborto e suicidio maschile nel quale ha alla fine ammesso che l’impatto dell’aborto sugli uomini «è un oceano straziante di dolore che non avevo idea esistesse».

Agli attivisti dell’aborto fa comodo ridurre la questione a un cosiddetto diritto esclusivo della donna. È una strategia che tradisce le donne quali principali vittime dell’aborto, sia in termini di donne abortite sia di madri che soffrono. Questa strategia deve essere contrastata e gli uomini devono fare la loro parte in questa battaglia per la giustizia. Quando vi è in gioco il vero benessere delle donne e il diritto alla vita dell’intera umanità, occorre che ciascuno faccia sentire la propria voce.

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