Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in Lui: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Giovanni 8:32
In un recente studio pubblicato sul settimanale “New”, il sociologo Franco Garelli ha analizzato il tema dell’abbandono del ministerio sacerdotale, che soprattutto in questi tempi corrisponde a una realtà scomoda per il mondo ecclesiastico. Infatti, i sacerdoti diocesani, nel maggio 2019 se ne contavano 32.036 mentre nel 1996 erano circa 38.000.
Ma quali sono le ragioni che oggi motivano un abbandono considerevole dal corpo clericale? Non sempre le ragioni sono da addebitare a necessità di unioni affettive, come pensieri di luogo comune suggeriscono, ma il primo campanello d’allarme s’identifica in senso di disorientamento, senso di stanchezza che con il passare del tempo può causare stanchezza e demotivazione verso una routine sterile praticata per puro dovere e non per vocazione. Tuttavia se molti sacerdoti continuano nonostante i sentimenti di delusione, di recriminazione, di conflittualità con i superiori, di difficoltà con il magistero, di asperità nei rapporti fra fedeli e il mondo contemporaneo, altri compiono il passo radicale di scioglimento dell’appartenenza a uno stato religioso.
Una rinuncia? No! Una scelta coraggiosa che li catapulta in nuova vita, nuova identità, soli, senza casa, senza lavoro e orfani dell’abbraccio della chiesa. Le problematiche si moltiplicano e nessuno se ne preoccupa. Impegnati nel ricominciare da zero, alcuni si sposano e oggi sono padri felici, altri insegnano o s’improntano imprenditori, altri operano come assistenti sociali o predicatori ma tutti sottolineano di non aver perso la fede persino nel momento cruciale del loro percorso, quando compresero che non erano al servizio di Dio ma dell’uomo.
Gesù rispose loro: A causa della vostra poca fede; perché in verità io vi dico: se avete fede quanto un granello di senape, potrete dire a questo monte: “Passa da qui a là”, e passerà; e niente vi sarà impossibile”. Mat. 14:20
Sono ammirevoli a tal proposito le parole dell’Ex Don Savino Casamassima: “Dopo diciotto anni di sacerdozio, quindi, non ce la feci più e morii anch’io in quel giorno d’inverno e di nebbia di fine gennaio.”
La scelta sofferta di Savino ex Don, giunge come un vento che spazza via le nuvole, una profumata e dolce brezza conferma della ponderata decisione. La monografia di Savino esprime la realizzazione della propria ricerca tramite la rinascita e rinnovamento verso Gesù: quel Redentore tanto citato ma non vissuto, come avrebbe voluto fedelmente l’ex parroco.
Savino nel suo animo solitario percepiva segnali disperati come la noia e l’assenza di entusiasmo per il proprio uffizio quotidiano Quel fuoco che fin dall’adolescenza lo aveva pervaso e divampava a ogni azione rivolta a Cristo, dove la propria gratitudine si manifestava nel ringraziare il proprio Signore; quell’incendio lentamente veniva soffocato da un impatto religioso. Ma la sua prima spinta iniziale, il suo primo desiderio di essere d’aiuto agli altri, il suo legame divino e i principi collegati non furono mutilati, nonostante la tristezza e l’abbandono da parte di chi lo aveva sostenuto in precedenza, fossero concreti. L’Amore puro e vero verso Gesù non diminuì mai, nemmeno quando le sue rimostranze furono scambiate per ribellioni.
“Ero stanco, ma di una stanchezza non dovuta al servizio dal vangelo, quanto al modo di vivere il ministerio in un’istituzione che mi soffocava e mi toglieva la libertà”.
“Solo la preghiera mi regalava momenti di sollievo. Pregando con la Parola di Dio in mano e chiedendo la luce, vedevo che il Signore mi dava parole di speranza, di sostegno e di conforto: parlava di strade aperte nel deserto verso la libertà dove Lui ci avrebbe condotto”.
Dio sceglie i suoi figli e li chiama per nome! Oggi Savino Casamassima vive una stretta relazione con Gesù, come figliolo di Dio, e come uomo. Della sua vita precedente ne ha fatta una testimonianza aperta da raccontare a chi desidera ascoltarla per acquisire che Dio non è una religione e non si può delimitarLo tracciando dei confini umani, ma Dio è fede e amore, necessari alla nostra esistenza terrena.
Savino snocciola la propria testimonianza senza falsità o ipocrisie. Cari lettori nel testo non troverete il dito puntato contro la chiesa cattolica e non troverete un’inquisizione a prelati o cariche ecclesiastiche bensì uno stimolo, un suggerimento a cercare e servire Dio e non gli uomini.
Noi umani siamo orientati a eseguire processi d’istituzionalizzazione nella società, nella vita culturale e a sintetizzare ogni altra area della nostra esistenza ma non possiamo e non dobbiamo con Dio. Lui ci ama come nessun altro vivente.
A Gesù e al Suo Sacrificio dobbiamo la nostra salvezza.
Salvino, scrive: (cito fedelmente) Dio non è attirato dalle cose che gli possiamo offrire o che facciamo per ottenere i Suoi favori, ma è attirato dalla nostra fame e sete di stare alla Sua presenza (Salmo 63:1) così che possa dissetarci con l’acqua viva dello Spirito Santo … (Giovanni4:14)
Lella Francese
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