Russia. Violenza nel Daghestan

Nel corso degli anni la Repubblica della Russia meridionale del Daghestan, ubicata nella regione del Caucaso settentrionale, è stata a più riprese colpita da violenza di matrice estremista. Lo scorso fine settimana vi sono stati ulteriori spargimenti di sangue. Le autorità riferiscono di cinque uomini armati che a Makhachkala, capoluogo della regione, e nella città di Derbent hanno aperto il fuoco contro chiese ortodosse, due sinagoghe e una stazione di polizia, uccidendo almeno 20 persone prima di essere eliminate dalla polizia.
L’attacco coordinato e su larga scala solleva difficili interrogativi per le autorità russe riguardo alle continue lacune in materia di sicurezza, in particolare dopo l’attacco rivendicato da un affiliato al gruppo dello Stato islamico contro la sala da concerti al Crocus City Hall nell’area di Mosca che a marzo aveva provocato la morte di 145 persone.

Uno sguardo a una regione instabile
Il Daghestan, ubicato nella regione del Caucaso settentrionale tra la Cecenia e il mar Caspio, è noto come una delle aree più cosmopolite – ma instabili – della Russia.
Vi sono più di 30 gruppi etnici riconosciuti e 13 lingue locali, accanto al russo, che godono di uno statuto speciale.
Negli ultimi anni il Daghestan ha conosciuto un boom demografico che ha portato la popolazione a raggiungere i 3,2 milioni di abitanti nel 2024. Circa il 95% della popolazione si dichiara musulmano, secondo le statistiche del governo russo, ma la regione vede l’antica presenza anche di comunità cristiane ed ebraiche. La comunità ebraica risale al V secolo.

Una storia di violenza
La Repubblica del Daghestan è stata segnata dalla violenza sin dai primi anni del XXI secolo, quando militanti coinvolti nelle guerre separatiste nella confinante Cecenia entrarono nella regione in seguito alla pressione esercitata dalle forze di sicurezza russe e dal pugno di ferro del leader ceceno Ramzan Kadyrov.
Attentati con esplosivi, attacchi alla polizia e rapimenti – tutti attribuiti ai terroristi – oltre un decennio fa erano all’ordine del giorno nella regione. Lo spargimento di sangue si è attenuato in seguito all’imposizione di misure di sicurezza più severe prima dei Giochi Olimpici invernali del 2014 a Sochi e la presumibile partenza di migliaia di militanti verso la Siria e l’Iraq per combattere al fianco degli estremisti dello Stato islamico.
Anche la pandemia di COVID-19 e l’invasione russa dell’Ucraina hanno contribuito alla riduzione della violenza, ha detto Harold Chambers, analista politico e della sicurezza specializzato nel Caucaso settentrionale. Ma la regione rimane irrequieta. Secondo attivisti russi, nella guerra in Ucraina le minoranze etniche starebbero prestando servizio nell’esercito in numero sproporzionato. A ottobre del 2022 circolavano dei video in cui la popolazione del Daghestan protestava perché riteneva che la Repubblica stesse fornendo un numero maggiore di reclute rispetto ad altre regioni del paese.
Un segnale che i sentimenti estremisti sono ancora forti si è avuto a ottobre quando all’aeroporto di Makhachkala la folla è insorta prendendo di mira un volo in arrivo da Israele. Centinaia di uomini, alcuni brandendo striscioni con slogan antisemiti, si sono riversati sulla pista di atterraggio, inseguendo passeggeri e lanciando sassi contro la polizia, provocando una ventina di feriti, nessuno dei quali israeliani.

Che cos’è accaduto nel fine settimana?
Gli attacchi hanno avuto luogo domenica sera 23 giugno nella città di Derbent e a Makhachkala, capoluogo della regione. Un gruppo di uomini armati ha attaccato una sinagoga e una chiesa ortodossa a Derbent, ha detto il Ministro degli Interni.
Il Congresso ebraico russo ha riferito che gli assalitori hanno aperto il fuoco e hanno dato alle fiamme l’edificio mediante il lancio di bottiglie Molotov meno di un’ora prima della preghiera serale. Molte delle vittime erano guardie di sicurezza private e agenti di polizia che rafforzavano la sicurezza dei fedeli dopo l’incidente all’aeroporto di Makhachkala in cui era stato preso di mira il volo proveniente da Israele.
Nella chiesa gli assalitori hanno tagliato la gola a Nikolai Kotelnikov, prete ortodosso russo di 66 anni, prima di dare alle fiamme il luogo di culto, ha dichiarato Shamil Khadulayev, vicedirettore di un organo di controllo pubblico locale. L’attacco ha avuto luogo il giorno in cui i fedeli ortodossi celebravano la Pentecoste, giornata anche nota con il nome di Domenica della Trinità. Quasi contemporaneamente giungevano notizie degli attacchi a una chiesa, a una sinagoga e a una stazione della polizia stradale a Makhachkala, circa 120 km a nord. Il Comitato antiterrorismo russo ha riferito che almeno cinque uomini armati sono stati uccisi.

Perché sta accadendo adesso?
Harold Chambers afferma che vari fattori contribuiscono alle tensioni in Daghestan, tra questi la presenza di simpatizzanti della causa ucraina e la “repressione continua e sempre più intensa” da parte della Russia, “in particolare sulla scia delle proteste anti-mobilitazione su vasta scala di settembre del 2022”. Afferma altresì che “una tendenza a lungo termine alla radicalizzazione tra i giovani ha contribuito a ciò a cui abbiamo assistito a Makhachkala e a Derbent”. Finora nessun gruppo ha rivendicato la responsabilità degli attacchi.
Canali Telegram associati con il gruppo affiliato allo Stato islamico che tre mesi fa ha compiuto il massacro alla sala da concerti moscovita, hanno elogiato l’attacco di domenica per mano dei “nostri fratelli del Caucaso”, ma non hanno fatto menzione del coinvolgimento del gruppo terroristico.
Il governatore del Daghestan Sergei Melikov ha accusato le “cellule islamiche dormienti” manovrate dall’estero, ma non ha fornito ulteriori dettagli. In una dichiarazione videoregistrata ha affermato che gli assalitori miravano a “seminare paura e panico” e ha cercato di collegare l’attacco all’operazione militare di Mosca in Ucraina – ma anche qui senza fornire alcuna prova al riguardo. Lo stesso attacco alla Crocus City Hall era stato da parte del presidente Vladimir Putin attribuito all’Ucraina, ma anche in quel caso senza prova alcuna e nonostante la rivendicazione dell’attentato da parte di un’organizzazione affiliata allo Stato islamico. Kiev ha negato con veemenza ogni coinvolgimento.

Come hanno risposto le autorità?
La storia violenta del Daghestan ha portato ad una forte presenza sicuritaria nella regione, ha detto Mark Youngman, fondatore di Threatologist, piattaforma che analizza i rischi securitari eurasiatici ed è specializzata nel Caucaso settentrionale. Ciononostante la reazione è stata lenta, con diverse agenzie governative che fornivano resoconti contrastanti mentre gli eventi avevano luogo.
“Se osservi la cosa da una prospettiva securitaria c’è di che preoccuparsi, perché abbiamo un numero elevato di vittime tra gli addetti alla sicurezza”, ha detto Youngman, rilevando che le autorità russe hanno riferito di almeno 15 morti tra il personale dei servizi di sicurezza. “Considerando la reazione ufficiale non possiamo evitare di interrogarci sulla capacità dei servizi di sicurezza di proteggere sé stessi, per non parlare degli altri”, ha detto. L’agenzia di stampa statale Tass ha citato fonti di polizia secondo le quali un funzionario daghestano sarebbe stato arrestato per il presunto coinvolgimento dei suoi figli nell’assalto.
Rimane la preoccupazione che l’ampio apparato di sicurezza russo non abbia imparato nulla dall’attentato alla Crocus City Hall di Mosca.
Nell’attacco di domenica le autorità “sono state prese alla provvista”, ha detto Chambers, che ritiene che permanga una disconnessione tra l’antiterrorismo russo e la capacità degli assalitori di operare sul suolo nazionale. Nulla indica che “la strategia antiterroristica russa cambierà sulla scia dell’attentato alla Crocus City Hall”, ha aggiunto Chambers. “Il sistema messo in campo resta ancora quello della deportazione e della repressione. È questa da decenni la strategia antiterroristica russa, che ancora una volta ha permesso attentati come quelli del 23 giugno”, ha concluso. (Autrice di questo articolo tratto da: RNS/AP, è Katie Marie Davies; trad.: G. M. Schmitt)

https://www.voceevangelica.ch/voceevangelica/home/2024/06/Russia-violenza-nel-Daghestan.html

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