Rotoli cristiani a Qumran?

unnamedSono stati riportati alla luce circa 850 testi rinvenuti in varie grotte, 11, nei pressi del Mar Morto. Diversi elementi resero quasi subito evidente l’importanza della fortuita scoperta.

  1. Si riteneva che le grotte dovessero essere praticamente intatte dal 68 d.C. in avanti, cioè dall’inizio della rivolta e dalla disfatta ad opera dei romani che portò alla distruzione di Gerusalemme e del tempio e poi, in seguito, alla distruzione totale dello stato di Israele – fino al 1948 !
  2. l’80% dei testi qui rinvenuti erano in ebraico, il rimanente in aramaico e, in percentuale, una sparuta minoranza in greco.
  3. I testi biblici qui rinvenuti – fra i quali spicca il grande rotolo di Isaia, praticamente completo! – portavano indietro nel tempo di oltre 1000 anni la testimonianza al testo dell’Antico Testamento in nostro possesso.

Questi sono solo i più evidenti risvolti della scoperta. Qui invece intendo discutere di una problematica che interessa più da vicino il libro sacro ai cristiani, il Nuovo Testamento.

unnamed-1E’ opinione diffusa che le grotte conservassero gli scritti di una comunità monastica essena. (Gli esseni erano uno dei tanti movimenti religiosi sorti in seno al giudaismo del secondo tempio, come i farisei o i sadducei nominati nella Bibbia). Questa teoria è stata per molto tempo la più accreditata, mentre guadagna sempre maggiore consensi l’idea che i ritrovamenti di Qumran abbiano riportato alla luce quanto nascosto dagli ebrei in vista dell’arrivo della furia devastante dei romani.

Sono rimasto molto impressionato di quanto sia importante per lo stato di Israele preservare anche oggi i manoscritti che testimoniano l’antichità e l’esistenza delle Scritture ebraiche, nonché la cura e fedeltà del popolo di Dio nel tramandarle nei secoli.

Un mio amico, che ha visitato di persona dove sono custoditi i rotoli, mi ha informato che la struttura che custodisce questi preziosi reperti è un rifugio antiatomico capace di preservare i manoscritti anche in caso di attacco nucleare contro lo stato di Israele. Non è, quindi, incoerente con il sentimento ebraico immaginare che il popolo, nell’imminenza della catastrofe che stava per abbattersi su Gerusalemme abbia voluto preservare quanto più poteva dei suoi testi sacri.

Lo studioso cristiano Eusebio Panfilo, vescovo di Cesarea vissuto nel IV secolo, è autore di una importantissima “storia ecclesiastica”.  Egli narra come i cristiani scamparono alla distruzione di Gerusalemme avvenuta per mano di Tito nel 70 d.C.: “L’intera chiesa di Gerusalemme, avendo ricevuto comando per mezzo di una rivelazione divina, avuta da uomini di nota reputazione i quali si trovavano lì prima della guerra, lasciò la città…”, “Storia Ecclesiastica”, Libro III, V.

Come i rotoli siano giunti nelle grotte di Qumran e cosa ci facessero lì forse non lo sapremo mai con certezza assoluta, ma sappiamo per certo che questi sono riusciti a sopravvivere per secoli, giungendo fino a noi per arricchire indicibilmente le nostre conoscenze bibliche e storico-archeologiche sulla vita ed il sentimento religioso in Israele nel I secolo d.C.

Una grotta in particolare, la n. 7, ha attirato l’attenzione degli studiosi del Nuovo Testamento dopo che nel 1972 José O’ Callaghan, sulle pagine della rivista “Biblica”, propose l’identificazione del testo di 7Q5 (il frammento catalogato con il n.5, rinvenuto nella grotta n.7 di Qumran) con Marco 6:52-53, 7Q6 con Marco 4:28 e 7Q8 con Giacomo 1:23-24. In seguito lo stesso studioso estese i suoi risultati ad altri frammenti della stessa grotta – 7Q6 = Marco 4:28, 7Q4 = 1 Timoteo 3:16-4:1-3, 7Q7 = Marco 12:17, 7Q9 = Romani 5:11-12, 7Q10 = 2 Pietro 1:15, 7Q15 = Marco 6:48.

Parliamo di piccoli frammenti. Spesso alcune lettere sono di oggettiva difficile identificazione. Le difficoltà sono notevoli, ma un papirologo non si ferma davanti a quelli che per lui sono comunque difficoltà con le quali è abituato a confrontarsi.

Le autorità in possesso dei rotoli hanno messo a disposizione delle copie digitali degli stessi su internet e consiglio vivamente un tour virtuale, per meglio rendersi conto di cosa stiamo realmente parlando:

http://www.deadseascrolls.org.il/explore-the-archive/manuscript/7Q5-1

unnamedLa possibilità, qualora queste identificazioni fossero corrette, che la grotta n.7 di Qumran fosse praticamente “invasa” da libri del Nuovo Testamento, apre delle prospettive talmente nuove, rivoluzionarie, che non ci si può meravigliare più di tanto se il mondo “scientifico” ufficiale degli studi neotestamentari sia stato ed è naturalmente avverso alla teoria di O’Callaghan.

Il famoso studioso Kurt Aland è solo una delle voci, forse la più autorevole, a prendere una posizione netta contro la possibilità di identificazione marciana di 7Q5.

La papirologa italiana Orsolina Montevecchi si è invece pronunciata in maniera del tutto opposta: “Come papirologa posso dire che l’identificazione mi sembra sicura”. Da quest’ultima frase emerge quello che a mio modesto parere è il problema di fondo: l’attribuzione di O’Callaghan e la conferma della Montevecchi – un po’  meno neutrale a dire il vero il lavoro di Thiede – dipendono dal campo di specializzazione dei due studiosi: la papirologia; mentre gli avversari della loro “ipotesi” potrebbero essere seriamente influenzati – come nel caso di Aland – dalla comune convinzione che i Vangeli e gli altri scritti neotestamentari siano stati composti molto dopo la data ultima assegnata ai Manoscritti di Qumran, cioè il 68 d.C., quando venne abbandonato il sito di Qumran.

In effetti la grotta numero 7 è un po’ diversa dalle altre. I manoscritti rinvenuti lì sono tutti rotoli, e tutti in greco.

E’ mia opinione che l’identificazione di alcuni frammenti di 7Q con altrettante porzioni del Nuovo Testamento è plausibile. In particolare ritengo molto convincente l’analisi del testo di 7Q5 che porta alla conclusione che questo frammento facesse parte di una copia del vangelo di Marco.

Alcuni difendono a spada tratta l’ipotesi di O’Callaghan, come Carsten Peter Thiede. Altri lasciano la porta socchiusa, mantenendo uno spiraglio. I più, come il prof. Emile Puech, sono totalmente avversi ad una tale eventualità.

Per una lettura approfondita ma non impossibile, consiglio Flavio Dalla Vecchia (ed.), Ridatare i Vangeli?, Queriniana (gdt 247). Disponibile presso il sito ufficiale dell’editore.

Ho valutato la discussione sul collegamento fra antichità dei vangeli e possibile presenza a Qumran di Marco nel mio libro su 7Q5 – pubblicato nel 2014 e adesso disponibile in una nuova edizione anno 2016 su Amazon.

unnamed-2Lo stesso libro si può leggere e consultare sul mio sito internet: www.giuseppeguarino.com nella sezione dedicata ai libri.

In chiusura di questo breve articolo, voglio ribadire qualcosa.

La discussione sulla possibile identità dei frammenti della grotta 7 è un ottimo pretesto per presentare al pubblico una posizione diversa da quella ormai divenuta tradizionale e che viene proposta di solito come un dato scientifico assodato – che in realtà tale non è. Le idee o teorie che molti studiosi hanno circa le date di composizione dei libri neotestamentari, nonostante vengano proposte con toni da oracolo, risentono in realtà troppo dell’atmosfera di forzato scetticismo che è senz’altro più facile da sostenere in campo accademico. E’, però, mia opinione che i tempi sono maturi su diversi fronti – storico, filologico, ecc … – per potere valutare seriamente anche la possibilità che gli scritti sacri alla fede cristiana tradizionale siano autentici come la Chiesa ha sempre sostenuto che fossero e degni di ogni credibilità anche come documenti storici sulla persona e gli eventi che hanno riguardato Gesù nonché sulla testimonianza della fede della Chiesa primitiva.

Spero che le voci di coloro che tengono vivo questo dibattito non vengano messe a tacere e che dal dialogo traggano profitto e progresso tutte le fazioni in campo.

Giuseppe Guarino


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